
L’impatto di un prodotto, che sia un’automobile o una t-shirt, va valutato lungo tutto il ciclo di vita, dall’estrazione delle materie prima alla discarica o al riciclo. L’analisi del ciclo di vita (LCA – Life Cycle Analysis) di una t-shirt in poliestere condotta dal Rocky Mountain Institute (RMI, no-profit che si occupa di accelerare la transizione globale verso la sostenibilità ambientale, rivela che i prodotti chimici primari, come etilene, propilene e benzene, rappresentano il 77% delle emissioni Scope 1, quelle direttamente prodotte dall’azienda, derivanti dalla lavorazione di materiali fossili a temperature elevate. Le fasi successive, come la filatura e la tessitura del poliestere, contribuiscono al 78% delle emissioni Scope 2, quelle indirette derivanti dalla produzione di elettricità, calore o vapore acquistati e consumati dall’azienda nei processi di produzione. Ai rivenditori, nella fase finale, si devono le emissioni Scope 3 (quelle indirette non incluse nello Scope 2) che costituiscono il 30% dell’impronta complessiva della t-shirt, principalmente derivanti dall’acquisto di beni, operazioni al dettaglio e utilizzo da parte dei consumatori.
Tra le ricette per ridurre gli impatti climatici della maglietta, il RMI indica l’utilizzo di elettricità rinnovabile, di idrogeno a bassa intensità di carbonio, l’elettrificazione del calore di processo e l’utilizzo di combustibili rinnovabili nel trasporto dei prodotti finiti. L’implementazione combinata di tutte la soluzioni proposte offrirebbe, affermano i ricercatori e le ricercatrici, l’opportunità di fornire prodotti in poliestere con emissioni inferiori del 75%.
© Riproduzione riservata



