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sabato, Novembre 30, 2024

Novità per i rifiuti tessili: la bozza di decreto sulla responsabilità estesa del produttore (EPR)

Dai centri comunali alle raccolte selettive all’uno contro uno in negozio. Ecco le misure contenute nella bozza di decreto per regolare la responsabilità estesa del produttore (EPR) per i rifiuti tessili

Daniele Di Stefano
Daniele Di Stefano
Giornalista ambientale, un passato nell’associazionismo e nella ricerca non profit, collabora con diverse testate

Non più solo cassonetti gialli e parrocchie: tra qualche mese il nostro rapporto coi rifiuti tessili (le magliette che non ci piacciono più o le lenzuola vecchie) verrà cambiato da diverse novità, alcune molto rilevanti: questo almeno stando alla bozza di decreto sulla responsabilità estesa del produttore (EPR) messo a punto dal Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica (MASE) di concerto con il Ministro delle imprese e del made in Italy. Previsto un sistema multiconsortile, del tipo di quelli per i RAEE o i penumatici, in cui la cosiddetta responsabilità estesa dei produttori parrebbe ben al di là del solo fine vita dei prodotti tessili (e di scarpe, prodotti in pelle) arrivando anche alla formazione di consumatori consapevoli. In cui si dà spazio alle raccolte selettive, come indicato anche dal Programma nazionale di gestione dei rifiuti, e all’uno-contro-uno nei negozi. E in cui un ruolo strategico lo dovrebbero avere i centri di raccolta comunali e quelli per il riuso. Non senza problemi per la filiera dei cassonetti gialli, quella che oggi garantisce la gestione dei rifiuti tessili della raccolta urbana.

Questo, grosso modo, è il sistema di responsabilità estesa del produttore (EPR) disegnato dallo schema di decreto redatto dal MASE e che nelle settimane scorse è stato inviato a tutti i soggetti coinvolti (dai consorzi già nati alle associazioni che raccolgono produttori, distributori, operatori dell’usato e della filiera dalla raccolta, selezione, riuso e riciclo, dai Comuni all’Istituto superiore di sanità all’ISPRA). Nato dopo mesi di consultazioni (limitate però ad un numero assai ristretto di soggetti) questo testo è stato oggetto di una “consultazione qualificata” il16 febbraio che chi c’era ha descritto ‘tesa’, per le forti divergenze sul testo. Entro la prossima settimana questi soggetti dovranno inviare osservazioni e proposte di modifica, propedeutiche ad una seconda bozza di decreto anch’esso, pare, da sottoporre a consultazione.

Ma proviamo a raccontare sinteticamente cosa prevede lo schema.

Il perimetro dei beni che rientreranno nell’EPR

“Schema di decreto per l’istituzione del regime di responsabilità estesa del produttore per la filiera dei prodotti tessili di abbigliamento, calzature, accessori, pelletteria e tessili per la casa”. Già il titolo indica il perimetro dei beni la cui responsabilità sarà governata dal nuovo sistema EPR. Si tratta di “prodotti finiti” (non i filati, ad esempio): ovviamente abbigliamento, tessili per la casa (come tende, tovaglie, lenzuola), e – in linea con quanto avviene in Francia, dove l’EPR è in vigore da anni – anche accessori di abbigliamento, calzature e pelletteria, per ragioni che hanno a che fare con la parziale ma rilevante sovrapposizione di queste diverse filiere.

Oltre all’abbigliamento e al tessile per la casa, ecco alcuni esempi di prodotti che, meno intuitivamente,  rientrano nel perimetro dell’EPR (Allegato I del decreto): articoli in pelle, cappelli, borse, cinturini non metallici, pellicce artificiali, moquette, panni per spolverare, costumi da bagno, collant, tute da sci, valigie, pantofole, rivestimenti per sedili degli autoveicoli.

Le disposizioni del decreto “si applicano ai rifiuti urbani”, leggiamo: quindi ai tessili di cui i consumatori si sono liberati facendoli diventare rifiuti. Sono esentati i prodotti destinati all’esportazione e i rifiuti sanitari pericolosi.

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Obiettivi del decreto sull’EPR tessili

Obiettivo del decreto è “promuove la sostenibilità dei prodotti, nonché una progettazione degli stessi e dei loro componenti volta a ridurne gli impatti ambientali e la generazione di rifiuti durante la produzione e il successivo utilizzo dei prodotti, finalizzata ad assicurare che il recupero e lo smaltimento dei prodotti diventati rifiuti” (art. 1, comma 2). Il solco, specifica a più riprese il decreto, dovrà essere quello della gerarchia dei rifiuti, quindi riduzione, riutilizzo, riciclo, recupero.

Per raggiungere questo obiettivo i produttori “possono costituire uno o più sistemi di gestione individuali o collettivi, sottoposti alla vigilanza e al controllo del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica” i cosiddetti consorzi.

I produttori e le loro responsabilità

Si definisce “Responsabilità estesa del produttore”, ma la voce “produttore” in questo tipo di decreti assume un significato diverso da quello che le attribuiamo nella quotidianità. In questo caso, per produttore va inteso chi (anche tramite terzi) fabbrica o immette sul mercato o importa uno dei prodotti elencati prima “apponendovi il proprio nome o ragione sociale o marchio registrato”. In questo insieme sono incluse le vendite online “direttamente al consumatore” (quindi non BtoB) e le televendite.

I produttori dovranno garantire (art.4, comma 3):

  • Il finanziamento e l’organizzazione della raccolta, dell’avvio a preparazione per il riutilizzo, del riciclaggio e recupero dei rifiuti tessili;
  • La realizzazione di una rete capillare di raccolta su tutto il territorio nazionale (e la stipula dei relativi accordi di programma con le amministrazioni competenti);
  • lo sviluppo e l’organizzazione di specifici sistemi di raccolta selettiva. Questo allo scopo di incrementare la qualità delle frazioni tessili.

Inoltre “i produttori e i distributori definiscono, con i sistemi di gestione e con gli operatori della filiera, le modalità operative necessarie a promuovere le operazioni di riparazione e riutilizzo dei prodotti, di preparazione per il riutilizzo, il recupero di fibre, materiali ed altri componenti tessili, e le operazioni di riciclaggio” (art. 5, comma 4). Dovranno insomma immaginare, finanziare e garantire il funzionamento della filiera (filiera che, come abbiamo già detto, in parte esiste e funziona già).

Per adempiere a questi doveri, come abbiamo detto, i produttori potranno costituire “un sistema di gestione in forma collettiva o individuale”, secondo il modello dei consorzi (articolo 9 e allegato II). I consorzi – che dovranno avere caratteristiche stabilite nel decreto (art. 9) e essere riconosciuti dal MASE – sono aperti alla partecipazione degli operatori economici interessati: potranno farne parte quindi, non solo i produttori (essenziali) ma anche altri anelli della filiera (con ruoli stabiliti, ovviamente, nello statuto).

L’EPR coinvolge anche produttori e i distributori che utilizzano l’e-commerce e le televendite (le cosiddette “vendite a distanza”), che saranno tenuti a comunicare ai consumatori i luoghi e le modalità per conferire i rifiuti tessili. L’assenza di queste informazioni consente al consumatore di esercitare il diritto di recesso, con l’integrale restituzione della somma pagata.

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Il contributo ambientale

A carico dei produttori, che si rivarranno sui consumatori, c’è anche, come noto, il cosiddetto “contributo ambientale”: una somma he servirà a gestire il fine vita dei prodotti e a coprire tutti gli obblighi dei produttori (tra cui anche la comunicazione ai consumatori e la ricerca).

Anche per i prodotti tessili, come avviene ad esempio per gli imballaggi, “il contributo ambientale dovrà essere modulato in base ai criteri di prestazione ambientale dei prodotti tessili, quali la composizione materiale del prodotto, la complessità della composizione del capo, l’uso di fibre riciclate nella fabbricazione del prodotto, l’indice di riparabilità/riutilizzabilità (art. 4, comma 7)”. Inoltre, dovrà essere “visibile” sullo scontrino (comma 8).

Obiettivi

Lo schema di decreto prevede obiettivi progressivi (e ambiziosi) da raggiungere. La lettera indica “obiettivi di preparazione per il riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti tessili” e stabilisce:

  1. a) entro il 2025 almeno il 25% in peso;
  2. b) entro il 2030 almeno il 40% in peso;
  3. c) entro il 2035 almeno il 50% in peso.

Ricordiamo che la Francia, ad oltre 15 anni dall’entrata in vigore del sistema, si attesta su un tasso di raccolta del 38%.

Leggi anche: Decreto EPR tessili, serve un’attenta riflessione

Il CORIT

Quando si dà vita ad un sistema multiconsortile, si crea anche un centro di coordinamento che garantisca i risultati complessivi di raccolta, trattamento e riciclo. In questo caso il Centro di Coordinamento per il Riciclo dei Tessili denominato è stato battezzato CORIT (Art. 10). Costituito da tutti i sistemi individuali e collettivi di gestione dei rifiuti tessili, secondo la bozza di decreto, sarà articolato in tre sezioni: abbigliamento, accessori e altri articoli tessili; materassi (anche se nell’elenco dei prodotti all’Appendice I, i materassi non compaiono); ingombranti.

Quali saranno, secondo la bozza di decreto, le funzioni del CORIT? Dovrà coordinare e garantire il ritiro dei rifiuti per il raggiungimento degli obiettivi; garantire la corretta rendicontazione dei flussi; dovrà stipulare specifici accordi con l’Associazione dei Comuni (ANCI) e con le associazioni di categoria dei soggetti recuperatori; predispone per ciascuna categoria di rifiuti tessili un Programma annuale di prevenzione.

Ecodesign, riutilizzo e riparazione

All’ecodesign e alla prevenzione dei rifiuti, quindi alla riparazione e al riutilizzo, sono dedicati diversi articoli dello schema di decreto. Sono infatti indicati generici strumenti di ecodesign, come l’adozione di “una progettazione dei prodotti tessili sostenibili e dei loro componenti volta a ridurne gli impatti sulla salute umana e sull’ambiente”; o “lo sviluppo, la produzione, la commercializzazione di prodotti tessili e di componenti dei prodotti adatti al riutilizzo e alla riparazione, contenenti materiali riciclati, tecnicamente durevoli e facilmente riparabili” (art.4, comma 3).

L’articolo 6 indica delle misure di eco-progettazione finalizzate alla prevenzione dei rifiuti. Ai produttori si richiede di “favorire” la progettazione e la produzione ecosostenibile di prodotti tessili”. Per farlo si chiede di “garantire” la scelta di fibre naturali, “biocompatibili” o riciclate e processi a basso impatto ambientale; garantire “l’incremento di modelli commerciali circolari quali riutilizzo, noleggio, riparazione”; garantire, ancora, “tecniche di mischia” delle fibre che riducano i rifiuti e rafforzino la simbiosi industriale; e poi la ricerca sulle tecnologie di cernita delle fibre provenienti dai rifiuti. Tra le misure da garantire, anche “un sistema di etichettatura digitale dei prodotti tessili che descriva le caratteristiche, la composizione fibrosa e indichi parti non tessili di origine animale”. Come si vede, tutti impegni molto ambizioni.

Il decreto, come ricordato, sottolinea più volte la necessità di garantire la gerarchia dei rifiuti. L’articolo 7, in particolare, contiene “Misure per il riutilizzo e la riparazione”. In particolare i produttori, di concerto con le pubbliche amministrazioni, dovranno stabilire misure per:

  • promuovere i centri per il riutilizzo (“appositi spazi individuati presso i centri di raccolta per l’esposizione temporanea finalizzata allo scambio tra privati di beni usati e funzionanti direttamente idonei al riutilizzo”);
  • promuovere le attività di riparazione e la diffusione di reti di riparatori, incluso lo sviluppo delle competenze e delle figure professionali necessarie;
  • implementare le attività di riuso tramite scambi e vendite nel mercato dell’usato, anche in modalità digitale;
  • favorire la diffusione delle pratiche di sharing (la condivisione)
  • favorire il riuso con campagne di comunicazione.

Ancora una volta, l’ambizione non manca a questo schema di decreto, che sembra quasi ambire a compensare i ritardi nazionali sulla riparazione e il riuso.

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Deposito temporaneo e “uno contro uno” 

La raccolta dei rifiuti tessili, secondo il decreto, potrà avvenire, come avviene ad esempio per o RAEE, anche presso i distributori, che potranno raccoglierli in un “deposito temporeneo” (art. 12) presso il proprio punto vendita. Alcuni rivenditori (quelli con superficie pari ad almeno 150 metri quadri nei Comuni con popolazione sotto i 10.000 abitanti, e pari ad almeno 250 metri quadri in quelli con popolazione superiore) saranno obbligati ad allestire il deposito temporaneo. Il tipo di rifiuti, spiega il decreto, dovrà corrispondere alla tipologia di prodotti (identificata nell’Allegato I del decreto) venduti nel negozio. Il ritiro avverrà “in ragione di uno contro uno (acquisto uno e lascio uno, ndr), al momento dell’acquisto di un quantitativo equivalente di prodotti tessili della stessa categoria”. Sulle definizione di “quantitativo equivalente” serviranno probabilmente ulteriori dettagli.

Che fine faranno questi rifiuti? Leggiamo che “i rifiuti tessili conferiti presso i distributori al fine del loro trasporto ai centri comunali di raccolta territorialmente competenti sono ritirati dai sistemi di gestione con le modalità stabilite dal Centro di Coordinamento CORIT […] e avviati agli impianti per la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero”. Il discorso fila se gli “impianti per la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero” indicati sono i centri per il riutilizzo ospitati all’interno dei centri di raccolta.

Nascerà, nei fatti, un secondo percorso, rispetto a quello dei cassonetti gialli, per i tessili che non usiamo più. Secondo percorso che se da una parte promette di intercettare efficacemente i rifiuti, vista la praticità di portali in negozio quando facciamo acquisti; dall’altra rischia di sottrarrebbe la materia prima di maggiore qualità (e valore) all’attale filiera della raccolta stradale.

In ogni modo, le modalità e i tempi di ritiro dei rifiuti dai centri di raccolta comunali saranno disciplinati dagli accordi tra il CORIT e l’Associazione dei Comuni (ANCI).

Leggi anche: Andrea Fluttero (Unirau): “Ecco cosa ci aspettiamo dall’EPR per i rifiuti tessili”

Informazione

Come sappiamo, nella raccolta differenziata dei rifiuti il cittadino/consumatore ha un ruolo molto importante. Uno dei compiti dei produttori e dei consorzi sarà proprio la corretta informazione dei consumatori. Informazione che dovrà riguardare:

  1. a) le caratteristiche del prodotto, i materiali impiegati, la loro origine e le modalità di utilizzo per evitarne il deterioramento;
  2. b) il ruolo dei consumatori nel prolungamento del ciclo di vita dei prodotti tessili, attraverso il ricorso ad attività di riparazione e riutilizzo;
  3. c) le corrette modalità di gestione del fine vita dei propri prodotti tessili;
  4. d) i sistemi di ritiro e di raccolta dei rifiuti tessili;
  5. e) i centri per il riutilizzo;
  6. f) tutta una serie di informazioni come quelle relativi ai marchi come Ecolabel), al contrasto alla pubblicità ingannevole; gli incentivi alle attività di riparazione, riutilizzo (non è chiaro di quali incentivi si parli); quelle finalizzate alla condivisione dei prodotti e dei servizi.

Il tutto, sottolinea lo schema di decreto (e questo ne conferma una volta ancora l’ambizione), “al fine di formare una generazione di cittadini critici, consapevoli e informati, in grado di assumere decisioni orientate verso acquisti sostenibili e buone pratiche ambientali”.

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