Mentre i membri delle Nazioni Unite si preparano ad avviare i colloqui su un trattato globale per frenare l’aumento dell’inquinamento da plastica, il sondaggio Attitudes Toward Single-Use Plastic rivela cosa pensa una parte di mondo su un argomento che ormai non sembra dividere più.
Sono i Paesi dell’America Latina e del BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) a mostrare i più alti livelli di consenso sul divieto della plastica monouso, rispettivamente all’88% e all’80%, mentre il Nord America è il Continente più indeciso (61%), in particolare gli Stati Uniti con solo il 55% degli intervistati. L’Italia, invece, è in prima fila con l’83%. Secondo IPSOS, dal 2019 sono saliti dal 75% all’82% coloro che hanno affermato di preferire prodotti con meno imballaggi in plastica.
“Questi risultati rendono molto chiaro che esiste un forte consenso a livello globale sul fatto che la plastica monouso dovrebbe essere ritirata dalla circolazione il più rapidamente possibile – ha dichiarato Stuart Clark , direttrice di Ipsos Australia -. Le persone vogliono fare la cosa giusta. Una media dell’82% delle persone intervistate desidera acquistare prodotti che riducano al minimo gli imballaggi in plastica. Vogliono che il cambiamento avvenga rapidamente e che i loro governi lo sostengano”.
La stragrande maggioranza (85%) delle persone dei 28 Paesi concorda sul fatto che i produttori e rivenditori dovrebbero assumersi la responsabilità di ridurre, riutilizzare e riciclare gli imballaggi di plastica. I cittadini latinoamericani sono i più propensi (89%), subito dopo seguono gli europei. L’opinione pubblica in Giappone non è così unanime, solo il 72% è d’accordo sulle responsabilità.
“Le persone in tutto il mondo hanno espresso chiaramente le loro opinioni – ha detto Marco Lambertini, direttore generale di WWF International -. L’onere e l’opportunità di adottare un trattato globale sulla plastica spetta ora ai governi”.
Lo studio è stato presentato da Plastic Free July – un movimento globale che aiuta le persone ad agire per trovare soluzione sostenibili ai rifiuti di plastica – insieme al WWF alla prossima Assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), il 28 febbraio a Nairobi. Un incontro lungo più giorni, che termina oggi, e che si pone l’obbiettivo di avviare seri negoziati su un nuovo accordo globale per ridurre i rifiuti di plastica.
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La lobby dell’industria petrolchimica
Per ridurre i rifiuti di plastica e in particolare il monouso bisogna però fare i conti con la potente e influente industria petrolchimic che sta dietro alla produzione delle materie plastiche. Pubblicamente, gruppi come ExxonMobil Corp, Royal Dutch Shell Plc e Dow Inc , hanno espresso sostegno per un accordo globale nell’affrontare l’inquinamento da plastica. Dietro le quinte, però, come ha rivelato uno scoop della Reuters, queste aziende stanno escogitando strategie per convincere i partecipanti alla conferenza a rifiutare qualsiasi accordo che limiterebbe la produzione di plastica. Queste strategie sono documentate da e-mail e interviste con una dozzina di funzionari coinvolti nei negoziati condotte dalla agenzia di stampa inglese.
A guidare questa lobby della plastica c’è l’American Chemistry Council (ACC), un potente consorzio di aziende petrolchimiche con sede a Washington che starebbe tentando di creare un’alleanza – chiamata Business for Plastic Pollution – di grandi imprese per deviare i negoziati da possibili restrizioni sulla produzione. Da tempo l’ACC difende la plastica usa e getta come migliore soluzione per il pianeta rispetto ad alternative come vetro e cartone, che sono più pesanti e richiedono più combustibili fossili per il trasporto. Alcuni scienziati del clima tuttavia hanno risposto che l’analisi è errata perché non tiene conto dell’enorme costo sociale per la gestione dei rifiuti di plastica: difficile da riciclare, lenta a degradarsi e costosa da raccogliere.
Inoltre, secondo Reuters, l’American Chemistry Council lo scorso anno ha tenuto un briefing telefonico offrendo ai funzionari statunitensi che parteciperanno alla conferenza di Nairobi la propria visione di come dovrebbe essere il trattato, comunicando apertamente il proprio dissenso verso le potenziali restrizioni alla produzione di plastica. Insomma, l’opinione pubblica sembra essere convinta a volere un futuro senza plastica superflua, le lobby della plastica sono di un’altra idea.
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