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giovedì, Dicembre 26, 2024

“Contenitori riutilizzabili nei supermercati? Un tabù”. Il test di Greenpeace

Alzi la mano chi ricorda che nel decreto Clima di tre anni fa si consentiva ai clienti dei supermercati di “utilizzare contenitori propri purché riutilizzabili, puliti e idonei per uso alimentare"? Quanto è stato applicato questo provvedimento nei supermercati della gdo? Ecco cosa ha scoperto l'indagine di Greenpeace

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Redazione EconomiaCircolare.com

Il miglior rifiuto è quello che non si produce. Nei supermercati italiani, invece, se ne producono decisamente troppi. Eppure pochi sanno che una norma approvata esattamente tre anni fa – la legge n. 1411 del 2019, che convertiva un decreto voluto dall’allora ministro Sergio Costa denominato “decreto Clima” – consente ai clienti dei supermercati di “utilizzare contenitori propri purché riutilizzabili, puliti e idonei per uso alimentare”.

Se la Grande distribuzione organizzata (Gdo) favorisse la diffusione di questa pratica si risparmierebbero milioni di tonnellate di incarti, pellicole, vaschette e altri tipi di imballaggi.

Il test sui contenitori riutilizzabili nei supermercati

L’articolo 7 della legge appena menzionata parla chiaro: se il contenitore è pulito e chiudibile il personale al banco ci può mettere salumi, formaggi e così via. Per verificare quanto si conosca e quanto si applichi la norma, tra il 20 ottobre e il 21 novembre Greenpeace ha sguinzagliato volontarie e volontari in 10 città italiane (Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Pisa, Roma, Torino e Trieste), con tanto di riprese video. Nelle immagini si vedono i clienti-attivisti avvicinarsi al banco dei prodotti freschi e porgere i contenitori agli addetti alla vendita. Le risposte? Le più disparate.

A consentire l’utilizzo dei contenitori riutilizzabili sono stati 24 punti vendita sui 54 “testati”, scelti tra le catene di supermercati con le maggiori quote di mercato: 14 Conad, 13 Coop, 7 Selex (Alì, Dok, Eurospar, Mercatò, Sole 365), 7 Végé (Bennet, Eté, Euroesse, Eurospesa, Maxi Bosco), 5 Eurospin, 4 Esselunga e 4 Sogegross (Doro, Ekom). Molto spesso si è trattato di una sorta di concessione del singolo operatore, mentre solo di rado si è riscontrato piena consapevolezza e conoscenza della specifica norma che contempla questa possibilità.

Una scelta rimessa alla buona volontà degli operatori

In altri 30 casi, invece, è arrivato l’alt degli operatori, nonostante i contenitori fossero tutti puliti e idonei all’utilizzo. Davanti alla richiesta di una motivazione, le risposte arrivate al banco degli alimenti freschi hanno rivelato che non esistono iniziative specifiche per informare dettagliatamente il personale di questa opzione praticabile dalla clientela. Diversi dipendenti della Gdo hanno proprio risposto di non conoscere la norma e di non aver ricevuto direttive, altri hanno spiegato di non poter apporre lo scontrino sui contenitori riutilizzabili e altri ancora hanno riferito di non essere autorizzati ad avvicinarlo all’area in cui ci sono gli alimenti freschi.

L’applicazione del decreto Clima varia anche tra supermercati appartenenti alla stessa catena. Infatti, solo 7 dei 14 Conad visitati hanno consentito l’utilizzo del contenitore riutilizzabile, 2 su 13 Coop, 2 su 4 Esselunga, 2 su 5 Eurospin, 5 su 7 Selex, 2 su 4 Sogegross e 4 su 7 Végé. i risultati del test sui contenitori riutilizzabili nei supermercati effettuato da Greenpeace parlano chiaro: i dipendenti non ricevono disposizioni chiare da parte della casa madre e la possibilità di acquisto con il contenitore riutilizzabile è demandata alla disponibilità e alla buona volontà del singolo addetto.

Il responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace, Giuseppe Ungherese, tira le somme della rilevazione e lancia un appello alla Gdo: “È urgente adeguarsi subito a una normativa pensata per ridurre rifiuti che potremmo facilmente evitare. Non solo i supermercati italiani continuano a basare il loro business sul massiccio ricorso al monouso in plastica e mancano di investimenti in sistemi di riuso, ma addirittura spesso negano l’applicazione delle normative vigenti sui contenitori riutilizzabili».

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L’esperimento della Spesa sballata

Eppure in altri Paesi europei, come Polonia, Belgio e Francia, la possibilità di portare da casa i contenitori riutilizzabili per gli acquisti al supermercato è già abbastanza diffusa e anche in Italia è partito due anni fa un progetto sperimentale denominato “Spesa Sballata” in alcuni punti vendita Coop e Carrefour della provincia di Varese. Le famiglie che hanno partecipano all’iniziativa avuto la possibilità di acquistare con i propri contenitori prodotti freschi al banco gastronomia e in più usano retine riutilizzabili per frutta e verdura e sacchi in tela per i prodotti da forno. La sperimentazione, partita quando ancora la pandemia era in fase acuta, ha consentito di risparmiare circa 170 imballaggi monouso per cliente ogni anno, senza creare problemi igienico-sanitari e contribuendo a diffondere la pratica dell’acquisto con contenitori portati da casa nei supermercati.

L’esperimento lombardo sull’uso di contenitori riutilizzabili nei supermercati conferma dunque che si può fare. E a dare man forte ai sostenitori di queste pratiche c’è anche ci sono anche i dati elaborati di recente dalle Nazioni Unite nell’ambito della “Life Cycle Initiative”, secondo cui i benefici ambientali dei prodotti riutilizzabili (inclusi gli imballaggi) sono superiori rispetto al monouso, indipendentemente dal tipo di materiale. Anche a seguito di valutazioni come questa, in cui è stata condotta un’ampia revisione dei principali studi basati sulla metodologia LCA (Life Cycle Assessment) presenti nella letteratura scientifica internazionale, numerosi Stati europei (come ad esempio Austria, Francia, Portogallo) e alcune multinazionali tra cui Coca Cola hanno già scelto di ricorrere a quantità crescenti di contenitori riutilizzabili per la vendita dei propri prodotti negli anni a venire.

Il regolamento Ue e la svolta attesa sui contenitori riutilizzabili 

Nel report che descrive gli esiti del test nei supermercati Greenpeace rimarca l’importanza della proposta di regolamento Regolamento europeo sui rifiuti da imballaggio emanata pochi giorni fa, secondo la quale nei prossimi anni si dovrà fare maggior ricorso al packaging riutilizzabile per diverse tipologie di prodotti. “Si tratta di una svolta epocale non più rimandabile, necessaria non solo a ridurre all’origine le quantità di rifiuti in plastica prodotti e l’inquinamento che ne deriva, ma con ricadute positive anche in termini di riduzione delle emissioni di gas serra e di impatti negativi sulla biodiversità” spiega Giuseppe Ungherese.

Come dimostra l’indagine di Greenpeace Italia e ilfattoquotidiano.it sull’uso di plastica nei supermercati italiani, le vendite basate su imballaggi riutilizzabili non trovano spazio tra le corsie della GDO Italiana. Una situazione aggravata anche dagli esiti di questa indagine che evidenzia come, anche nei casi in cui esistono specifiche normative che lo consentono, molti supermercati non permettano ai clienti di ricorrere a queste opzioni di vendita. Tutto ciò è inaccettabile. I supermercati italiani hanno il dovere di adeguarsi al più presto a una normativa in vigore già da tre anni, dando alla cittadinanza la possibilità di acquistare i prodotti con contenitori riutilizzabili.

Leggi anche: Packaging e alternative alla plastica, sono davvero più sostenibili?

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