Che i biocarburanti siano diventati centrali nelle attenzioni dell’Unione Europea lo si evince anche dal fatto che recentemente la Commissione gli ha dedicato una pagina ad hoc. In cui li descrive così: “i biocarburanti sono combustibili per il trasporto liquido, come il biodiesel e il bioetanolo, a base di biomassa; servono come alternativa rinnovabile ai combustibili fossili nel settore dei trasporti dell’UE, contribuendo a ridurre le emissioni di gas a effetto serra e a migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento dell’UE”.
Il nuovo approccio si caratterizza per essere meno cauto rispetto alla precedente Commissione, che invece aveva virato esclusivamente sull’elettrificazione dei trasporti, e dove i dubbi sulla loro reale efficacia, nonché sull’effettiva sostenibilità, avevano prevalso. Tanto che, nonostante le richieste del governo italiano, in merito allo stop al 2035 sulla produzione di auto col motore a combustione (benzina, diesel, metano e gpl) la scorsa Commissione non aveva voluto voluto discutere di una delega sui biocarburanti, concedendola invece agli e-fuels (voluti dalla Germania e sui quali i dubbi, forse, erano pure maggiori).
Ora invece la Commissione ha messo da parte le perplessità, pure recenti, e sui biocarburanti sta destinando investimenti e modifiche normative. In attesa del 10 dicembre, quando potrebbe rimettere in discussione uno dei nodi cruciali del pacchetto Fit for 55 (l’obiettivo della riduzione delle emissioni del 55% al 2030), ovvero lo stop al 2035 sulla produzione di auto col motore a combustione. Una scelta che costituirebbe un vero e proprio lasciapassare per i biocarburanti, che consentirebbero la prosecuzione dell’attuale modello automobilistico.
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Investimenti e modifiche normative per i biocarburanti
Negli scorsi giorni la Commissione europea ha selezionato 70 progetti per “contribuire a decarbonizzare i trasporti e rafforzare la competitività delle industrie dell’UE installando le infrastrutture necessarie per ricaricare o rifornire i diversi modi di trasporto”. Questi progetti riceveranno oltre 600 milioni di euro attraverso i finanziamenti di finanziamenti della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T), con l’obiettivo di collegare l’Europa per stimolare investimenti sostenibili nelle aree urbane, compresi porti e aeroporti, nonché lungo i tratti stradali.

In particolare la misura specifica è l’Alternative Fuels Infrastructure Facility (AFIF), che integra le normative marittime ReFuelEU Aviation e FuelEU, che mirano a decarbonizzare i settori dell’aviazione e del settore marittimo. Non sorprende, quindi, una recente anticipazione di Euronews per la quale la Commissione starebbe progettando di incentivare l’uso dei biocarburanti per ridurre le emissioni nel settore dei trasporti industriali pesanti. Se già nel recente provvedimento sulla bioeconomia (ne abbiamo scritto qui) i biocarburanti si erano in parte presi la scena, l’attesa maggiore è sui prossimi provvedimenti.
Non solo per la data già accennata del 10 dicembre prossimo ma anche per la nuova elaborazione del pacchetto sull’energia per il prossimo decennio, atteso nel 2026 e nel quale la Commissione intende tenere conto dell’esperienza maturata con l’attuazione delle direttive sulle energie rinnovabili – le cosiddette RED – e in particolare sulla REDIII del 2019 (poi rivista nel 2023) che stabiliva le quote di biocarburanti e biogas nei combustibili misti. Infine entro il 2027 la Commissione pubblicherà una relazione dei regimi di sostegno degli Stati membri per la biomassa — inclusi gli effetti sulla biodiversità, sul clima e sull’ambiente — e sulle eventuali distorsioni del mercato.
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“Coi biocarburanti l’UE si condanna alle importazioni”
La svolta dell’Unione Europea verso i biocarburanti arriva in un momento cruciale per l’economia del Vecchio Continente, che sta affrontando da una parte un declino industriale (e l’automotive in questo senso è forse il settore più emblematico) e dall’altra guarda alla riconversione militare come possibile fonte di crescita. In questo quadro, comunque, la cornice resta quella di una maggiore indipendenza dell’Europa sul fronte degli approvvigionamenti. Ma secondo il nuovo studio di Transport & Environment, la ong europea che si occupa di mobilità sostenibile, puntare sui biocarburanti porterebbe l’Europa a “un vicolo cieco”.
Le proiezioni di T&E indicano che con le nuove modifiche normative l’Unione Europea aumenterebbe la propria domanda di biocarburanti del 30%. Nonostante la retorica di governi e aziende come Eni, infatti, buona parte dei biocarburanti utilizzati sono ancora di prima generazione – cioè che sottraggono spazi alle colture alimentari, come soia e mais. Non è andata meglio neanche coi biocarburanti di seconda generazione, cioè derivati da oli esausti o colture non in competizione con la filiera alimentare (come l’olio di ricino). “Il passaggio dai biocarburanti a base di colture che danneggiano l’ambiente ai biocarburanti a base di rifiuti ha mantenuto un’elevata dipendenza dalle importazioni – scrive T&E – Oggi il 60% dei biocarburanti è importato da Paesi extra-UE. Per l’olio di cottura usato, oltre l’80% è importato”.

Cifre preoccupanti e che però vanno ulteriormente definite per essere meglio comprese. I biocarburanti ottenuti da materie prime di scarto sono estremamente limitati. Secondo una stima significativa di Transport & Environment “un’auto che corre sui grassi animali richiederebbe l’equivalente di 120 suini all’anno mentre un’auto che corre sull’olio da cucina usato avrebbe bisogno di 25 kg di patatine fritte al giorno”.
Inoltre “la dipendenza dalle importazioni comporta crescenti preoccupazioni per i rischi di frode: precedenti indagini di T&E suggeriscono fortemente che si stiano verificando frodi. Con la crescita della domanda di aviazione e di trasporto marittimo e l’offerta che rimane limitata in Europa, cresceranno soltanto la dipendenza dalle importazioni nonché il rischio e il livello delle frodi”. In più, scrive ancora l’ong che si occupa di mobilità sostenibile, “l’attuale mix di biocarburanti dell’UE sta offrendo un risparmio limitato alle emissioni CO 2 (solo il 20%-40% di risparmio di CO2 e rispetto ai combustibili fossili in media) e le potenziali frodi sui rifiuti di petrolio cancellerebbero qualsiasi risparmio di emissioni ottenuto”.
Insomma: quella dei biocarburanti sarebbe una falsa soluzione, come l’ha definita l’associazione A Sud già nel 2023 (qui), e addirittura, secondo Transport & Environment, “rischierebbe di aumentare le emissioni al 2050 fino al 23%”. Per l’Europa, dunque, la riconversione dell’automotive passa da una reale sostenibilità e da una reale innovazione. Non è più tempo di scorciatoie che in realtà fanno solo perdere tempo.
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