Come i lettori di EconomiaCircolare.com sanno, a partire da ieri, 14 ottobre, Microsoft ha interrotto gli aggiornamenti automatici e gratuiti di Windows 10, lasciando senza supporto centinaia di milioni di computer ancora perfettamente funzionanti. Una scelta che cade come un paradosso nell’International E-Waste Day, che rischia di produrre centinaia di migliaia di tonnellate rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. E che per questo ha acceso un duro dibattito pubblico e mobilitato le organizzazioni europee impegnate per il diritto alla riparazione e contro l’obsolescenza programmata.
Il paradosso è evidente: i computer non smettono di funzionare per un guasto hardware, ma diventano vecchi perché il software decide che sono “obsoleti”. “La decisione di Microsoft potrebbe trasformare milioni di computer funzionanti in rifiuti elettronici, non perché siano guasti, ma perché il software lo impone. Questo è il volto del fast tech: obsolescenza forzata e riparazioni bloccate”, ha detto Cristina Ganapini, coordinatrice di Right to Repair Europe, coalizione europea di organizzazioni, associazioni di consumatori, gruppi ambientalisti, riparatori indipendenti e attivisti che lavorano insieme per promuovere il diritto alla riparazione di prodotti elettronici e digitali. E anche se tutti questi PC fossero riciclati, “riciclare non basta – aggiunge -. L’Europa deve mettere al centro riuso e riparazione, prima che la fast tech ci costi il pianeta”.
Solo uno snooze sull’obsolescenza programmata
A Bruxelles, attivisti e campagne europee hanno inscenato una protesta davanti alla sede di Microsoft, esponendo PC perfettamente funzionanti etichettati come “scaduti”. Il messaggio è chiaro: la fine del supporto a Windows 10 non è una necessità tecnica, ma una scelta industriale che spinge verso il consumo forzato.
Microsoft, sotto la pressione dell’opinione pubblica, ha concesso un solo anno aggiuntivo di aggiornamenti gratuiti per gli utenti Europei. Un gesto definito insufficiente dagli attivisti. “È solo un pulsante snooze”, ha commentato Mathieu Rama della Environmental Coalition on Standards (ECOS). “Microsoft ha premuto il tasto per rimandare la sveglia, ma non dobbiamo tornare a dormire. Servono regole vere contro l’obsolescenza software”.

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Obsolescenza programmata: una questione politica
La fine del supporto di Windows 10 “è solo un esempio di un problema sistemico: l’obsolescenza guidata dal software. Senza una regolamentazione, le aziende possono interrompere gli aggiornamenti dei dispositivi, dai computer portatili alle apparecchiature mediche, agli elettrodomestici intelligenti e ai dispositivi per il fitness, costringendo i consumatori a sostituire i prodotti funzionanti”, denuncia Right to Repair Europe.
La questione non è solo tecnologica, ma profondamente politica. Right to Repair Europe ha indirizzato una lettera aperta alla Commissione Europea, chiedendo norme vincolanti per garantire almeno 15 anni di aggiornamenti software per laptop e dispositivi digitali. Oggi, infatti, un produttore può decidere unilateralmente di interrompere il supporto, rendendo un dispositivo potenzialmente inutilizzabile o insicuro.
L’impatto non riguarda solo l’ambiente, denunciano le associazioni. Per le imprese, soprattutto piccole e medie, aggiornare o sostituire interi parchi macchine comporta costi ingenti e non pianificati. Per i cittadini, soprattutto coi redditi più bassi, l’alternativa è rischiare la propria sicurezza informatica restando con sistemi non supportati. Senza contare gli effetti sociali: uno studente o un lavoratore che non può permettersi un nuovo PC rischia di essere marginalizzato dalla vita digitale.
L’Europa, con il Green Deal e la proposta di un Circular Economy Act, ha l’occasione di guidare una rivoluzione culturale: passare da un modello di consumo a uno di conservazione. Rendere obbligatori aggiornamenti a lungo termine, garantire la disponibilità di driver e parti di ricambio, impedire che un produttore “spenga” un dispositivo in remoto.
Il caso Windows 10 è un campanello d’allarme. Se non regolata, l’obsolescenza software diventerà la forma più subdola di spreco: invisibile, ma devastante. Perché non manda in discarica solo macchine, ma anche il diritto delle persone a controllare la propria tecnologia.
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Riparare è resistere: la risposta dal basso e l’International Repair Day
La protesta di Bruxelles non è un episodio isolato, ma parte di una più ampia mobilitazione globale in occasione dell’International Repair Day, il 18 ottobre. In tutto il mondo, migliaia di eventi promuovono il riuso, lo scambio di componenti, la riparazione assistita. Un movimento che vuole passare dalla cultura dell’“usa e getta” a quella della longevità tecnologica. Il messaggio è semplice e radicale: il software non può essere una pistola puntata contro l’hardware. Se un dispositivo è ancora funzionante, l’utente deve avere il diritto di continuare a usarlo in sicurezza.
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Right to Repair Europe ricorda poi la “prossima grande opportunità: la legge sull’economia circolare”. Fa sapere di lavorare al feedback per la consultazione sul Circular Economy Act, “un’occasione cruciale per promuovere politiche di riutilizzo e riparazione più incisive”. Ma c’è un problema, avverte: “La Commissione europea si sta concentrando soprattutto sul riciclaggio, e noi dobbiamo cambiare le cose”.
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