Questa fake news fa leva sulla paura dei danni ricollegabili a sostanze sconosciute e pericolose, mescolando elementi veri con conclusioni false. Ci sono diversi studi che affrontano l’argomento (come Unfounded concerns about photovoltaic module toxicity and waste are slowing decarbonization pubblicato su Nature Physics) e che sottolineano come le fake news sull’eventuale tossicità contribuiscano a rallentare la diffusione di tale tecnologia. Vediamo in ogni caso due delle tecnologie più diffuse in dettaglio.
- Pannelli al silicio cristallino (mono e poli). Questa tecnologia rappresenta oltre il 95% del mercato globale. Le celle sono fatte di silicio, il secondo elemento più abbondante sulla crosta terrestre (nonché principale componente della sabbia). Questi pannelli non contengono terre rare. L’equivoco nasce forse dal fatto che le terre rare sono usate in altre tecnologie verdi, come le pale eoliche, ma non nei pannelli solari convenzionali. Tali materiali, in generale, sono utilizzati in sicurezza e quindi non sarebbe comunque stato un problema. Un esempio? I nostri smartphone coi quali magari leggiamo o condividiamo le fake news;
- Pannelli a film sottile. Una piccola fetta di mercato è costituita da pannelli a film sottile, come quelli al Tellururo di Cadmio (CdTe). Il cadmio è effettivamente un metallo pesante tossico. Tuttavia, all’interno del pannello è legato chimicamente al tellurio in un composto cristallino (il tellururo di cadmio, appunto) che è estremamente stabile e non solubile in acqua. Il rischio di dispersione durante l’operatività ordinaria è praticamente nullo. Inoltre, i produttori di questi pannelli hanno implementato da tempo programmi di riciclo a ciclo chiuso, recuperando gran parte del materiale semiconduttore per produrre nuovi pannelli.
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