Da una parte la produzione di rifiuti che “continua ad aumentare parallelamente alla crescita del prodotto interno lordo, sebbene in misura minore”. In parallelo un sistema normativo con obiettivi ambiziosi per l’economia circolare. Dall’altra una situazione a macchia di leopardo tra i diversi paesi, con “alcuni Stati membri che hanno compiuto progressi significativi verso il conseguimento dei valori-obiettivo, altri hanno registrato solo progressi modesti e alcuni hanno compiuto progressi scarsi o nulli”. Tanto che per alcuni il raggiungimento degli obiettivi europei sarebbero a rischio.
Sono questi i principali risultati della “Relazione speciale 23/2025: Gestione dei rifiuti urbani” pubblicata la scorse settimana dalla Corte dei Conti europea.
Che alla luce di queste difformità nella gestione dei rifiuti urbani “raccomanda” alla Commissione di:
- rendere le pratiche dell’economia circolare più sostenibili economicamente;
- sfruttare meglio gli strumenti di monitoraggio e le misure per imporre il rispetto della normativa comune;
- valutare la fattibilità di una armonizzazione delle imposte per il conferimento in discarica e l’incenerimento.
Vediamo i dettagli.
Di fronte agli obiettivi stabiliti dalla Commissione per la transizione continentale verso un’economia sempre più circolare (e quindi competitiva e resiliente) “molti Stati membri si trovano ad affrontare vincoli finanziari, debolezze nella pianificazione e problemi nell’attuare i piani di gestione dei rifiuti, compresa la costruzione di nuove infrastrutture”. La raccolta differenziata, sottolinea la corte dopo un lavoro di audit che ha coinvolto un campione di quattro stati membri (Grecia, Polonia, Portogallo e Romania), “rimane per lo più ad un livello molto basso, e le tariffe addebitate ai cittadini non coprono tutti i costi di gestione dei rifiuti”.
Se i progressi ci sono, rileva la Corte, non sono affetto omogenei: “Sebbene alcuni Stati membri abbiano compiuto progressi significativi verso il conseguimento dei valori-obiettivo, altri hanno registrato solo progressi modesti e alcuni hanno compiuto progressi scarsi o nulli”. Precisa poi che “principalmente a causa di vincoli finanziari e debolezze nella pianificazione e nell’attuazione, molti Stati membri incontrano difficoltà nel compiere progressi verso la circolarità”.
Tanto che “la segnalazione preventiva della Commissione del 2023, che valuta i progressi degli Stati membri verso il raggiungimento dei valori-obiettivo in materia di rifiuti urbani, ha rilevato che molti Stati membri rischiano di non conseguire uno o più dei valori-obiettivo fissati per il 2025 e 2035”.
Leggi anche: Joan Marc Simon: “Il riciclo della plastica sta morendo: chi è il colpevole?”
Disaccoppiamento e riciclaggio
Il disaccoppiamento tra aumento del prodotto interno lordo e produzione dei rifiuti, oltre ad essere uno dei capisaldi del concetto stesso di sviluppo sostenibile (per voci critiche a proposito, leggere il nostro speciale), è “l’obiettivo ultimo delle misure di prevenzione dei rifiuti che gli Stati membri devono attuare”, ricorda la relazione. Che sottolinea come “negli ultimi 23 anni, tale disaccoppiamento è stato raggiunto in periodi di tempo specifici: la produzione di rifiuti urbani continua per lo più a crescere quando il PIL cresce, anche se in misura minore”.
Quanto al riciclaggio, che è uno degli strumenti per il potenziale disaccoppiamento, gli obiettivi fissati in Europa “possono essere raggiunti solo se esistono infrastrutture di riciclaggio e se vi è un uso e un mercato per i prodotti fabbricati con materiali riciclati”. Fatti non scontati. Infatti, “in alcuni Stati membri gli impianti di riciclaggio scarseggiano, mentre in altri Stati alcuni impianti esistenti – in particolare quelli che trattano la plastica – rischiano di chiudere a causa dell’aumento dei costi, della mancanza di domanda nell’UE per i loro prodotti e delle importazioni di plastica riciclata e vergine più economica da paesi non-UE”.

Le raccomandazioni
La Corte di Conti Ue lascia alla Commissione 3 raccomandazioni.
Fronteggiare le sfide del mercato del riciclaggio. Se l’economia circolare è affidata al mercato, non ci sarà sostenibilità ambientale senza sostenibilità economica (e quello che accade al riciclo della plastica in Italia ne è una prova). Per questo, secondo la Corte, la Commissione UE “dovrebbe adottare misure per rendere le pratiche di economia circolare nell’UE (come il riciclaggio dei materiali) più sostenibili dal punto di vista economico, rendendo ad esempio economicamente giustificata l’attività dei riciclatori”. A questo scopo “dovrebbe individuare le problematiche sul versante della domanda e dell’offerta che incidono sul mercato unico dei prodotti circolari e delle materie prime secondarie”. La Corte raccomanda di intervenire su questo fronte entro un anno (4° trimestre 2026).
Utilizzare meglio gli strumenti di monitoraggio e le misure per imporre il rispetto della normativa. In più passaggi della relazione la Corte rileva non solo i ritardi dei Paesi, ma anche quelli della Commissione nel segnalarli e perseguirli con gli strumenti dedicati. Ricordando ad esempio che “la Commissione ha avviato alcune procedure di infrazione con notevole ritardo: per quanto riguarda i valori-obiettivo da raggiungere entro il 2008, ha avviato le procedure solo nel luglio 2024. Attraverso le stesse procedure, si è occupata anche dei valori-obiettivo da raggiungere entro il 2020.”
Per evitare che la cosa si ripeta, la Commissione dovrebbe “avviare tempestivamente le procedure di infrazione, garantendo in tal modo un effetto deterrente e incoraggiando i progressi. Pur riconoscendo il potere discrezionale di cui gode la Commissione nel decidere se e quando avviare una procedura d’infrazione, tali decisioni dovrebbero essere basate su criteri sostanziali fondati su elementi concreti”.
E per incoraggiare gli Stati membri, l’esecutivo UE vene invitato a “effettuare visite negli Stati membri, sulla base delle conclusioni riportate nelle segnalazioni preventive e/o dello stato di attuazione dei piani di gestione dei rifiuti e programmi di prevenzione dei rifiuti”.
Valutare la fattibilità di una armonizzazione a livello dell’UE delle imposte sul conferimento in discarica e sull’incenerimento. Secondo la Corte dei conti Ue, entro un anno, la Commissione dovrebbe “valutare i costi, i benefici e la fattibilità dell’introduzione e/o dell’armonizzazione di adeguate imposte sul conferimento in discarica e sull’incenerimento in tutta l’UE”. Un passo in avanti verso un’unione europea anche sul piano fiscale.
Leggi anche: Al via la Strategia Ue per la bioeconomia: ecco cosa prevede (e cosa non quadra)
© Riproduzione riservata




