giovedì, Novembre 6, 2025

Il greenwashing nell’era dell’intelligenza artificiale

Un’indagine condotta dalla ong Global Witness durante la Cop29 testimonia che l’intelligenza artificiale diffonde il greenwashing delle aziende fossili. Mentre l’arrivo della cinese DeepSeek può essere interpretato come il segnale che un’altra IA è possibile (e necessaria): meno impattante e più efficiente

Andrea Turco
Andrea Turco
Giornalista glocal, ha collaborato per anni con diverse testate giornalistiche siciliane per poi specializzarsi su ambiente, energia ed economia circolare. Redattore di EconomiaCircolare.com. Per l'associazione A Sud cura l'Osservatorio Eni

Non sempre intelligente è sinonimo di affidabile: è la lezione che arriva dall’intelligenza artificiale. Su di essa poggiano le speranze e le paure di milioni di persone, nonché gli interessi economici che si fanno sempre più portentosi. Solo per fare un recente esempio, il neopresidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato di voler investire fino a 500 miliardi di dollari nell’intelligenza artificiale. Lo farà attraverso il progetto Stargate, una joint-venture tra i tre più grandi colossi del settore – Softbank, Oracle e OpenAI –  per destinare inizialmente 100 miliardi di dollari con l’obiettivo di salire fino a 500 miliardi in quattro anni.

Al di là di come la si possa pensare sul ricorso all’automazione o sui risvolti sociali, dall’intelligenza artificiale scaturisce un’evidente questione ambientale. Anche, e soprattutto, per via del fatto che quando applicata alla ricerca di informazioni – al momento uno degli usi più diffusi e discussi dell’IA – l’intelligenza artificiale dimostra di non essere neutra né tantomeno neutrale. La conferma arriva propria dal clima, grazie a un’indagine della organizzazione non governativa Global Witness, che conferma come i più diffusi motori di ricerca sono a forte rischio di greenwashing.

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Come racconta la crisi climatica l’intelligenza artificiale?

In principio era Yahoo Answers, poi ci fu il lungo regno di Google, ora sembra arrivata l’era dell’IA. Chiunque abbia un dubbio lo sottopone ai più diffusi portali e alle più diffuse app di intelligenza artificiale e riceverà una risposta, o più risposte, in tempo reale. Ma cosa succede quando si chiedono informazioni particolarmente sensibili e cruciali? Dato che le intelligenze artificiali restituiscono una sintesi di ciò che si trova online, cosa succede quando le domande riguardano temi su cui esistono narrazioni false, falsate, parziali? Sono le domande dalle quali è partita la verifica sul campo condotta dall’ong Global Witness, che ha scelto di effettuare la verifica in un momento cruciale, cioè durante il vertice della Cop29 (l’annuale Conferenza sul clima delle Nazioni Unite che si è svolta in Azerbaijan lo scorso novembre), in un momento in cui, come scrive la stessa ong, “l’accesso a informazioni climatiche affidabili è cruciale e le persone potrebbero avere maggiori probabilità di cercare informazioni sulla politica climatica e sulla Cop29 stessa”.

Identiche domande sono state sottoposte a quattro chatbot (i più diffusi) – OpenAI’s ChatGPT, MetaAI di MetaAI, X’s Grok e Google’s Gemini – in merito ai cambiamenti climatici, le compagnie petrolifere e del gas e sulla Cop in generale, per vedere che tipo di informazioni avrebbero fornito. L’esito è sconfortante. Pescando senza capacità di filtrare tutto ciò che c’è nel web, infatti, le informazioni restituite non sono oggettive ma l’esito di una contrattazione, dove prevale chi ha il potere di fornire le informazioni più congeniali. Sul clima, insomma, la potenza di fuoco delle aziende fossili è molto più forte di quella della comunità scientifica, dell’informazione indipendente e delle associazioni ambientali. Un rapporto di forza di cui è fondamentale tenere conto quando ci si rivolge all’intelligenza artificiale.

“Dato il travolgente fallimento dell’industria dei combustibili fossili nell’agire per proteggere il nostro clima, dovremmo aspettarci che gli strumenti generativi dell’IA siano in grado di comunicare la loro complicità – ricorda Global Witness –  La buona notizia è che tutti i chatbot che abbiamo testato hanno dimostrato la capacità di rispondere alle domande in dettaglio e citano/linkano esplicitamente una varietà di fonti. Tuttavia abbiamo anche constatato casi di greenwashing – per esempio, narrazioni acriticamente positive sulle compagnie petrolifere, che presentano narrazioni sugli sforzi delle compagnie petrolifere e del gas per proteggere il clima con lo stesso peso delle critiche al loro contributo al cambiamento climatico. Se gli strumenti generativi di intelligenza artificiale sono quelli utili per accedere alle informazioni, è essenziale che siano progettati e salvaguardati in modi che impediscano la diffusione delle narrazioni fuorvianti delle aziende di combustibili fossili”.

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Perché i risparmi di DeepSeek possono essere cruciali

Di IA si è tornati a parlare (ma si era mai smesso?) negli ultimissimi giorni per via del lancio di DeepSeek, il nuovo software di intelligenza artificiale prodotto in Cina. Non solo perché si è mostrato già in grado di rivaleggiare con la statunitense OpenAI, l’azienda finora ritenuta più all’avanguardia nel settore. Ma soprattutto perché lo farebbe, come ricorda Il Post, con costi notevolmente minori. E, aggiungiamo noi, con risparmi ambientali notevoli rispetto alla concorrenza: dall’energia utilizzata (almeno un ventesimo in meno rispetto a OpenAi) al minor utilizzo dei chip (circa duemila). 

Non è un caso che il successivo crollo in borsa non ha riguardato soltanto le aziende che operano direttamente nel campo dell’intelligenza artificiale ma anche di coloro che lo fanno indirettamente, o fornendo i chip (tipo Nvidia) o fornendo energia (come quella nucleare, tipo Constellation Energy). Se è vero che l’intelligenza artificiale è il futuro, o almeno uno dei futuri possibili, finora il dominio USA si è caratterizzato per le solite dosi di gigantismo, supportato in maniera vorace dai fondi finanziari e dal governo, senza parlare di concetti fondamentali come efficienza, sobrietà o economia di scala. I risparmi, ancora da verificare, di DeepSeek appaiono dunque importanti più per i significati reconditi che per l’applicazione in sé: un’intelligenza artificiale meno impattante è possibile. E necessaria, aggiungiamo noi, per garantire la vita sul pianeta.

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