Uno studio del Joint Research Centre, il centro comune di ricerca della Commissione europea, ha identificato le unità amministrative locali europee più esposte a molteplici rischi naturali. Circa 87 milioni di persone, pari al 19% della popolazione dell’UE27 e del Regno Unito, vivono in aree vulnerabili a più di un rischio tra inondazioni costiere e fluviali, frane, terremoti, incendi boschivi e subsidenza del suolo. Italia, Francia, Spagna, Germania e Paesi Bassi concentrano oltre la metà della popolazione esposta, col nostro Paese risultato quello col numero maggiore di persone interessate. Il livello di reddito è un fattore chiave, spiegano i ricercatori europei. Solo sei Comuni in Europa e UK sono esposti a tutti e sei i pericoli analizzati: uno in Croazia e ben cinque in Italia (ma la ricerca non esplicita i nomi dei Comuni).
Una metodologia innovativa
“A nostra conoscenza – si legge nella ricerca – questo studio (Spatial identification of regions exposed to multi-hazards at the pan-European level) è il primo che utilizza modelli spaziali (cluster/hotspot) e meta-analisi per identificare le regioni a livello europeo che sono esposte a rischi multipli”. È la prima volta che viene effettuata una valutazione così granulare, a livello di unità amministrative locali per determinare l’esposizione della popolazione ai rischi naturali.
L’analisi ha riguardato sei tipologie di pericoli:
- inondazioni costiere
- inondazioni fluviali
- frane
- terremoti
- incendi boschivi
- subsidenza del suolo

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Risultati
Il 21,4% delle unità amministrative locali nell’UE27 e nel Regno Unito sono esposte a più di un rischio naturale. Si tratta di circa 87 milioni di persone. Tra queste, quasi la metà è esposta ad almeno tre rischi contemporaneamente.
L’Italia è il paese con il maggior numero di persone esposte a più rischi (21,4 milioni di abitanti), seguita da Francia, Spagna, Germania e Paesi Bassi. Questi cinque Paesi ospitano il 55% della popolazione europea esposta a multi-rischi.
Solo sei Comuni in tutta Europa sono esposti a tutti e sei i rischi identificati, di cui cinque in Italia e uno in Croazia, situati prevalentemente in aree montuose e costiere.
I fattori reddito e urbanizzazione
Lo studio evidenzia che il livello di reddito è un elemento determinante nell’esposizione ai pericoli naturali. Circa il 67% dei Comuni esposti ai multi-rischi rientra in regioni a reddito basso e medio-basso. Spiegano i ricercatori “che la metodologia proposta consente di rilevare i modelli di cambiamento della popolazione esposta ai rischi multipli considerando i fattori socioeconomici. I nostri risultati sono in linea con gli studi precedenti, che evidenziano un gradiente crescente di rischi multirischio dai Paesi a basso reddito verso quelli a più alto reddito e poi una diminuzione con l’aumento del reddito dei Paesi”.
Ma anche l’urbanizzazione aumenta i rischi: “Abbiamo anche identificato le regioni altamente urbanizzate (aree urbane) come uno spazio a rischio per il verificarsi di multirischi rispetto alle unità amministrative rurali”. L’alta densità di popolazione, infatti, “è una variabile esplicativa significativa per identificare le regioni esposte a rischi multipli”.

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L’importanza degli studi multirischio
“Identificare le aree a maggior rischio di impatto da molteplici pericoli e comprendere i fattori socioeconomici e spaziali che influenzano il rischio fornisce informazioni cruciali per le strategie di gestione dei disastri“, spiegano i ricercatori. Analizzare un solo fattore, le frane o i terremoti, ad esempio, potrebbe di trarre in inganno e orientare in modo non corretto gli sforzi di prevenzione.
Lo studio sottolinea infatti che l’analisi combinata dei diversi pericoli è essenziale per una gestione efficace dei disastri.
Per questo gli scienziati raccomandano il miglioramento delle valutazioni multi-rischio attraverso dati più dettagliati e aggiornati e mappature più accurate dell’interazione tra i pericoli.
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