L’Ufficio per la Concorrenza Canadese (Competition Bureau Canada) ha annunciato la pubblicazione di linee guida per le aziende in materia di dichiarazioni ambientali: si tratta di una serie di indicazioni volte ad aiutare le aziende a conformarsi alle nuove leggi anti-greenwashing quando rilasciano dichiarazioni sui benefici o sulle caratteristiche ambientali dei prodotti o delle attività commerciali.
Il Paese si è infatti dotato di norme volte a contrastare il greenwashing che, come riporta ESGToday, sono state approvate nell’ambito delle modifiche apportate alla sezione del Competition Act relativa alle pratiche commerciali ingannevoli, sulla base delle modifiche introdotte nella dichiarazione economica del governo nel novembre 2023.
Il Canada non è il primo Paese che si è occupato di normare questa nuova minaccia alle scelte consapevoli di consumatori e consumatrici: a partire dal 6 aprile 2025, la Competition and Markets Authority (CMA) del Regno Unito (l’equivalente della nostra AGCM – Autorità garante della concorrenza e del mercato) ha acquisito nuovi poteri e potrà imporre sanzioni fino al 10% del fatturato alle imprese scorrette che violano le normative sulla protezione dei consumatori, ad esempio col greenwashing.
Le leggi anti-greenwashing del Canada
La legge vieta ora di presentare al pubblico dichiarazioni relative ai “benefici di un prodotto per la protezione o il ripristino dell’ambiente o per la mitigazione delle cause o degli effetti ambientali, sociali ed ecologici dei cambiamenti climatici che non siano basate su test adeguati e appropriati“, oltre alle dichiarazioni “che non siano basate su prove adeguate e appropriate in conformità con una metodologia riconosciuta a livello internazionale“.
In particolare, per quanto riguarda le dichiarazioni relative a prodotti, imprese e attività commerciali, la legge stabilisce che l’onere di provarne la validità spetta alle aziende stesse.
E se non si rispettano queste disposizioni? La legge prevede sanzioni significative con multe fino a 10 milioni di dollari, o 15 milioni di dollari per ordinanze successive, o tre volte il valore del beneficio derivante dalla condotta ingannevole, o il 3% del fatturato annuo dell’azienda.
Si segnalano tuttavia dei possibili disagi che potrebbero scaturire dalla nuova legiferazione: secondo lo studio legale Blake, Cassels & Graydon LLP “le modifiche creano notevole incertezza, rischi e potenziali responsabilità per le imprese”. Aggiungendo: “Questo aumento del rischio potrebbe compromettere non solo la capacità delle aziende di comunicare le loro iniziative e i loro impegni ambientali, ma potenzialmente anche le iniziative e gli impegni stessi”.
Dopo l’approvazione della nuova legge, alcune aziende hanno già ritirato alcune delle loro dichiarazioni di sostenibilità e l’Ufficio della concorrenza ha tenuto due consultazioni, ricevendo feedback che includevano richieste di maggiore chiarezza.
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Le linee guida anti-greenwashing per le aziende
Anche per rispondere a queste richieste, sono state pubblicate delle linee guida che permettono alle aziende di agire in maniera preventiva, e non incorrere in errori, senza tuttavia rinunciare alla loro comunicazione ambientale.
La nuova pubblicazione include una precisa indicazione per quel che riguarda le affermazioni che promettono azioni future: anche queste richiedono infatti di essere supportate da prove concrete e da un piano chiaro, sottolineando che “le dichiarazioni relative al futuro possono essere considerate greenwashing se rappresentano poco più che un pio desiderio”.
Per evitare di incorrere in sanzioni, le affermazioni sul futuro devono essere quindi fondate e comprovate attraverso un piano per raggiungere l’obiettivo che sia realistico e verificabile, e che contempli dei traguardi intermedi; inoltre devono essere intraprese misure significative volte alla realizzazione di tale pianificazione.
Il requisito per il quale le dichiarazioni sulle prestazioni dei prodotti siano supportate da test adeguati e appropriati, spiegano, è flessibile, ma richiede “test effettivi”, basati su “una procedura intesa a stabilire la qualità, le prestazioni o l’affidabilità di qualcosa”, piuttosto che su fattori come lo studio di prodotti simili.
Per quanto riguarda la richiesta di una metodologia riconosciuta a livello internazionale per comprovare le affermazioni, è stato precisato che “le aziende dovrebbero scegliere una documentazione adeguata, appropriata e pertinente alla dichiarazione, e sufficientemente rigorosa”, sottolineando che ciò richiederà spesso una documentazione scientifica e una verifica da parte di terzi.
Ad esempio, si è spiegato che un’impresa, anche con “buone intenzioni di ridurre i gas serra”, non sarebbe conforme ai requisiti di legge se affermasse di essere sulla buona strada per raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette entro il 2050 senza comprovare la propria affermazione in conformità con una metodologia riconosciuta a livello internazionale e senza aver sviluppato un piano concreto per identificare e mitigare le proprie emissioni di gas serra.
Ulteriori principi stabiliti dalle linee guida includono l’obbligo che le dichiarazioni ambientali comparative siano specifiche su ciò che viene confrontato, che le affermazioni evitino esagerazioni e vaghezza e che siano chiare e specifiche.
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