“L’aspetto forse più importante dello studio di Aware è il fatto che sia stato realizzato da giovani, che hanno un orizzonte temporale più ampio e quindi possono ben riflettere sul futuro delle comunità energetiche, e non solo sul presente”. L’apprezzamento di Sara Capuzzo, presidente di ènostra – fornitore cooperativo nazionale di energia elettrica rinnovabile, sostenibile ed etica – arriva alla presentazione dello studio “Le comunità energetiche – Un’analisi politico sociale”, che si è tenuta online il 25 marzo scorso.
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Si tratta di un paper di 28 pagine che è stato redatto da Chiara Celesia, Giulia Salis e Marco Rogai per conto di Aware, un gruppo composto da studenti e giovani professionisti che studia l’attualità per costruire un futuro sostenibile e digitale. All’insegna del motto “semplice ma non semplicistico”. Gli spunti forniti dai giovani ricercatori sulle comunità energetiche sono interessanti anche per via del prossimo appuntamento sul tema che la redazione di Economia Circolare ha organizzato.
Giovedì 1 aprile 2021 (h.18) segui il Circular talk PROSUMER e COMUNITÀ ENERGETICHE: la TRANSIZIONE ECOLOGICA dal BASSO
Le comunità energetiche e i legami con l’Agenda 2030
Nel documento, liberamente consultabile online, si apprende che il contenuto è stato legato a due dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, sanciti dall’Agenda 2030 dell’Onu, l’ambizioso programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi di 193 Paesi. In particolare nell’analisi di Aware sono fondamentali l’obiettivo 11 “Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili” e l’obiettivo 7 “Assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni”. “Le comunità energetiche, nella loro composizione, organizzazione e funzione, producono effetti che ricadono direttamente sui due obiettivi richiamati nell’analisi – si legge nel paper – Allo stesso tempo, gli obiettivi 7 e 11 rappresentano un quadro all’interno del quale le comunità energetiche dovranno svilupparsi per riuscire a concretizzare il contenuto dell’Agenda 2030”.
Una relazione bidirezionale, dunque, che secondo Aware rientra nel contesto più ampio delle città sostenibili e che anzi può fungere da ulteriore spinta per le città a zero emissioni. Un aspetto fondamentale se si vogliono raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica. Secondo l’Unione europea le emissioni zero possono essere raggiunte nel 2050, ma secondo molte associazioni ambientaliste la data deve essere anticipata se si vuole evitare il disastro climatico e ambientale. Ecco perché anche le comunità energetiche diventano qualcosa di urgente.
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Il ruolo delle comunità energetiche nella transizione ecologica
Sappiamo tutti, ormai da tempo, che le principali emissioni di gas a effetto serra provengono dal settore energetico. Diventa dunque fondamentale accelerare la transizione verso le rinnovabili, da troppo tempo auspicata e in realtà frenata. Soprattutto perché ciò consentirà l’elettrificazione dei consumi. “Secondo la quarta edizione del rapporto Global Energy and Climate Outlook del Joint Research Center della Commissione Europea, l’elettrificazione gioca infatti un ruolo primario nella transizione energetica e viene evidenziato un aumento del tasso di elettrificazione in tutti i settori. Misure che facilitino l’elettrificazione dei settori ad alto consumo energetico, come quello dei trasporti, sono necessarie per incentivare il proseguimento e l’accelerazione del trend positivo dell’elettrificazione”. Allo stesso tempo è importante mirare all’efficienza energetica, in un’ottica di autoconsumo e collaborazione. Per farlo non si può non (ri)partire dalle città, dove ancora vive la maggioranza della popolazione.
“Le città – viene ricordato nel paper – generano circa il 70% delle emissioni globali di CO2 e sono pertanto attori fondamentali per raggiungere l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale sotto i 1.5 gradi (…) In particolare, a livello europeo, la decarbonizzazione delle città consentirebbe di ridurre le emissioni di CO2 di 263 Mt, di creare 680.000 nuovi posti di lavoro in settori come quello della mobilità elettrica, di guadagnare 36 miliardi di dollari in potenziali benefici per la salute grazie al miglioramento della qualità dell’aria, e una potenziale riduzione di 87 miliardi di litri dell’impronta idrica”.
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Net Zero Carbon Cities e città democratiche
Mezzo secolo fa Adriano Celentano ammoniva l’inquinamento metropolitano con la storica canzone “Un albero di trenta piani”. Oggi Aware scrive che “lo sviluppo delle comunità energetiche rinnovabili a livello cittadino, può costituire un importante fattore abilitante per lo sviluppo di Net Zero Carbon Cities, progressivamente consentendo l’elettrificazione di vie e quartieri e promuovendo l’efficienza energetica”. E inoltre “nel campo dei trasporti, le stazioni di ricarica per veicoli elettrici potrebbero essere alimentate dall’energia prodotta dalle comunità energetiche”.
I vantaggi delle comunità energetiche, tuttavia, non si esauriscono soltanto nella sfera della sostenibilità ambientale. Soprattutto perché, da sole, le energie rinnovabili non sono automaticamente migliori delle fonti fossili, specie se poi riproducono – come è avvenuto ad esempio con l’eolico o il fotovoltaico – fenomeni di accaparramento dei terreni e accentramento decisionali ed economici. Ecco allora che anche in questo senso le comunità energetiche possono svolgere una funzione fondamentale.
“Il cambiamento più evidente che emerge da questa transizione è il nuovo ruolo dei consumatori – si legge ancora nel paper di Aware – che passano da essere passivi beneficiari di servizi energetici, completamente distaccati dai processi di governance energetica, ad una situazione di attiva valutazione delle scelte di consumo. Ciò avviene sia attraverso la riduzione della domanda che tramite la partecipazione in prima persona nella generazione e stoccaggio dell’energia, in questo modo i “nuovi” consumatori assumono una maggiore rilevanza nel settore energetico”.
Si tratta del noto passaggio da consumatori a prosumers, ovvero allo stesso tempo produttori e consumatori di energia. In più “questa autoproduzione e autoconsumo diventano collettive dal momento in cui gli attori entrano a far parte della comunità energetica, dove gli utenti collaborano tra di loro, ma anche con altre figure come l’energy service provider e gli initiator, per produrre, consumare e gestire l’energia tramite impianti energetici locali”. In questo mondo, insomma, si ha un “nuovo sistema energetico decentralizzato e democratico che incoraggia un maggiore coinvolgimento sociale nel mercato energetico”.
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Affinità e divergenze con l’Europa
All’interno del Clean Energy Package – il pacchetto legislativo che definisce la normativa comunitaria del settore energia con lo scopo di armonizzare le legislazioni dei paesi membri – si trovano le direttive IEM e RED II che spianano il sentiero per l’introduzione e la diffusione delle comunità energetiche nell’Unione europea. Anche se la scadenza per il recepimento formale delle due direttive è fissata per giugno 2021, l’Italia attraverso la legge Milleproroghe ha inaugurato una fase sperimentale orientata a raccogliere informazioni sulle comunità energetiche.
Come fa notare Aware “viene allargata la platea dei soggetti ammissibili”: per esempio nei condomini viene data possibilità di aderire anche ai negozi e agli uffici che si trovano all’interno dell’immobile, mentre viene introdotto il vincolo della cabina secondaria, “ossia l’impianto che trasforma l’energia elettrica di media tensione in bassa tensione, solitamente gestito dal distributore, una figura tecnica del mercato energetico che si occupa del buon funzionamento della linea e non dei rapporti con i consumatori. Il decreto prevede che i professionisti del settore energia (fornitori ed ESCo) possano prestare servizi di fornitura ed infrastruttura senza partecipare attivamente alla comunità. La normativa – sostengono gli autori e le autrici del paper- non presenta elementi sufficienti a regolare i rapporti tra comunità energetiche e distributori di energia causando confusione sulle responsabilità e sui diritti in capo ai due soggetti”.
L’altro aspetto, già molto discusso, è il limite di potenza imposto agli impianti e stabilito nel limite di 200 kw. “Da una parte – sostiene Aware – questo limite evidenzia il ruolo che la normativa italiana vuole attribuire alle comunità energetiche, soprattutto come auto consumatore di energia mettendo in secondo piano e forse sottovalutando il loro potenziale produttivo nel panorama energetico italiano. Proprio nel “Milleproroghe” vengono previsti incentivi, sotto forma di sconti fiscali, alla condivisione di energia nelle CE, ossia all’autoconsumo, pari a 100€/MWh per l’ACC e 110€/MWh per le EC, uniti ad un risparmio in bolletta derivante dai minori costi di trasmissione, ossia il costo di trasporto dell’energia dalla rete all’abitazione, pari a 50€/MWh. Eppure non viene prevista nessuna forma di incentivo alla produzione, privando le comunità energetiche di una remunerazione fondamentale per la loro sostenibilità economica”.
Migliorare si può
Tra le fonti rinnovabili lo Stato italiano ha scelto di privilegiare il fotovoltaico. Ciò è ancora più evidente con le comunità energetiche, basta vedere ad esempio il decreto Rilancio che prevede detrazioni per l’installazione di impianti fotovoltaici. “Questa concentrazione degli incentivi su una sola tipologia di impianti FER potrebbe limitare fortemente le zone dove le comunità energetiche potrebbero sorgere e diminuire il loro potenziale produttivo – osservano i ricercatori e le ricercatrici del paper – La normativa italiana relativa alla comunità energetica muove un primo passo verso l’abbandono delle fonti fossili attraverso i molti aiuti diretti alla costruzione degli impianti FER. Anche se il successo degli incentivi presso i cittadini è stato rilevante, sono stati molti i problemi relativi alla loro accessibilità, dovuti in gran parte all’eccessiva difficoltà della normativa e all’esternalizzazione delle domande presso molteplici soggetti (istituti bancari, ESCo, etc.) determinando nella migliore delle ipotesi ritardi nei lavori, mentre nella peggiore la rinuncia agli investimenti. Gli effetti positivi generati da questi strumenti perdono efficacia nel tempo e risultano necessarie altre forme di incentivi che vadano a sostenere la produzione di energia”.
In questo senso sarebbe auspicabile un pacchetto normativo più ampio e l’occasione, per Aware, potrebbe essere la presentazione (entro il 30 aprile) del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che garantirà l’accesso ai fondi del Next Generation EU e che darà priorità proprio alla transizione ecologica, di cui quella energetica è uno degli aspetti cruciali.
“L’allocazione di parte dei fondi del PNRR ad uno sviluppo completo del potenziale delle energie rinnovabili e delle comunità energetiche potrebbe accelerare l’abbandono delle fonti di energia fossile. Secondo delle proiezioni, attraverso il recepimento delle due direttive europee le comunità energetiche potrebbero apportare ogni anno 17 GW di energia elettrica nella rete nazionale, i benefici di un notevole aumento dell’energia proveniente da fonti rinnovabili sono trasversali”.
Per ottenere ciò, però, è necessario “allentare il vincolo” della cabina secondaria “perché porta ad escludere soggetti come gli agricoltori e le imprese che si allacciano alla media tensione”. Inoltre “sarebbe meglio pensare a forme societarie nuove che riescano a tutelare tutti i soggetti partecipanti anche se molto diversi, rendendo più agevole anche il rapporto con il fornitore e distributore di energia”.
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