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domenica, Dicembre 15, 2024

Dar Bazar: l’emporio sociale dove puoi prendere gratis abiti e accessori

Allestito come un negozio, tra i quartieri romani di Montesacro e Tufello, al Dar Bazar la parola sostenibile fa rima con sociale e ambientale

Letizia Palmisano
Letizia Palmisanohttps://www.letiziapalmisano.it/
Giornalista ambientale 2.0, spazia dal giornalismo alla consulenza nella comunicazione social. Vincitrice nel 2018 ai Macchianera Internet Awards del Premio Speciale ENEL per l'impegno nella divulgazione dei temi legati all’economia circolare. Co-ideatrice, con Pressplay e Triboo-GreenStyle del premio Top Green Influencer. Co-fondatrice della FIMA, è nel comitato del Green Drop Award, premio collaterale della Mostra del cinema di Venezia. Moderatrice e speaker in molteplici eventi, svolge, inoltre, attività di formazione sulle materie legate al web 2.0 e sulla comunicazione ambientale.

Sulle pagine di EconomiaCircolare.com in questi anni vi abbiamo raccontato più volte di negozi dell’usato, vintage, di sistemi di baratto o di gruppi social in cui si possono regalare (e quindi anche ricevere in dono) abiti. Abbiamo recentemente scoperto che a Roma esiste uno spazio davvero particolare che non rientra in nessuna delle tipologie di storie sopra elencate. Allestito come un negozio, mette a disposizione di chiunque capi e accessori che si possono prendere gratis. Mi sono quindi recata a via di Monte Meta 21 per saperne di più e aprire virtualmente anche a voi lettori le porte di questo negozio, dove per acquistare non c’è bisogno di soldi.

Ad accogliermi sono stati Raffaella e Valerio, in rappresentanza del gruppo di attivisti che si alternano in questo emporio sociale, che raccoglie e distribuisce abiti usati mettendoli a disposizione di tutti.

Tra i quartieri Montesacro e Tufello, per l’esattezza al primo piano di Puzzle, un edificio che è un vero esperimento di mutualismo e welfare dal basso, riconosciuto come il primo “bene comune” nella Capitale. In questa struttura trova ospitalità dall’inizio del 2020 il Dar Bazar. “Dar”, in arabo significa casa, ma è anche il modo in cui a Roma si pronuncia la preposizione “dal” e questa casa romana apre le porte davvero a tutti. Chiunque, dopo aver fatto la tessera, potrà e scegliere i propri vestiti senza tirare fuori un euro ma spendendo i Dar. A marzo 2023 i tesserati hanno superato abbondantemente i 500.

Ognuno ha diritto a spendere 50 Dar di moneta virtuale. Se si hanno figli piccoli, vengono aggiunti 20 Dar in più per ognuno di loro ma in tal caso anche il costo virtuale è proporzionato.

Tra le regole indicate sui social ci sono tre punti che riescono a descrivere le motivazioni del progetto e lo spirito con cui ogni visitatore viene accolto:

🧣Vieni a scegliere i tuoi capi invernali senza aprire il portafoglio!

🧥Porta quello che non indossi più e rendi felice qualcun altro.

☕Prendi un tè caldo con noi e scopri di più sul progetto!

Al Dar Bazar la parola sostenibile fa rima con sociale e ambientale: vi è un fine sociale e uno che potremmo definire circolare, ovvero contribuire alla lotta al fast fashion, all’adozione di abitudini di consumo più consapevoli anche per ciò che riguarda la moda, partendo dal presupposto che tutto quello che non serve ad una persona può essere ancora utile a un’altra.

Infatti, c’è chi frequenta l’emporio solo per “acquistare”, chi solo per donare e chi fa l’uno e l’altro. Nei primi due anni di attività i capi “venduti “sono stati oltre 9000.

Sostenibilità e circolarità sono due elementi guida delle attività che qui si svolgono, praticamente in tutto. Non è un caso se anche gli elementi di siano stati acquistati prediligendo l’usato o sono stati donati da qualcuno che doveva disfarsene. Per poter allestire e avviare il tutto, il primo anno di attività le persone che danno vita all’emporio si sono autotassate per comprare ciò che serviva, poi invece dal 2021 è arrivato un finanziamento per l’intero progetto di labpuzzle da parte della Fondazione Charlemagne (programma periferia capitale) grazie a questo contributo è stato possibile finanziare l’utilizzo del programma di gestione utenti e magazzino e l’acquisto di alcuni mobili.

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Cosa fare quando arrivi Dar Bazar (e quando andarci)

Potete venire ogni sabato pomeriggio, come indicato anche sulle pagine facebook ed instagram, canali che suggerisco di seguire per poter leggere aggiornamenti settimanali ed eventuali variazioni di orario.

A questo punto, tessera alla mano potrete scegliere in libertà ciò che vi serve. Solo per alcuni capi come giacche, borse e scarpe, c’è il limite di un oggetto a visita. Per il resto potrete comporre il vostro guardaroba sbirciando tra gli abiti e accessori esposti come in un normale negozio, con la differenza che nessuno ti chiederà un centesimo per portare a casa ciò che ti piace (fino ad esaurimento dei Dar mensili, ovvio).

 Come mi ha spiegato Valerio – e come è facile appurare leggendo i cartellini – l’importo della moneta virtuale stabilito è più che sufficiente per un cambio di guardaroba mensile ma è stato fondamentale imporre un tetto per evitare un effetto bulimico di chi – visto che tutto viene regalato – potrebbe accaparrarsi una notevole quantità di pezzi, sottraendo così risorse che possono invece essere rimesse in circolo da altri.

Nella prima stanza vi sono gli abiti per i bambini, coperte (anche quelle del progetto della onlus Sheep Italia) e accessori, si prosegue poi nella seconda con vestiti e scarpe da adulti. Taglie, colori e modelli si alternano sugli appendiabiti e ognuno può quindi selezionare in base al proprio fisico e ai gusti, oltre ovviamente alla stagionalità che segue l’andamento del meteo.

Se non si trova ciò che si cerca, non bisogna disperare! L’assortimento varia ogni settimana (ed è un buon motivo per tornare).

C’è chi qui viene per lottare contro la moda usa e getta e chi per necessità. Il fatto che chi ha bisogno possa scegliere cosa indossare, anche cercare i vestiti in base ai propri gusti o a ciò che ritiene comodo o appropriato, è uno dei valori che emerge quando entri Dar Bazar e che voglio sottolineare per raccontare che qui si cerca di andare oltre la beneficenza, ricordando sempre l’importanza di non ledere mai la dignità di chi entra, che non deve dare alcuna spiegazione sull’uso che ne farà o i motivi per cui decide di venire qui a scegliere i capi del proprio guardaroba.

“E se uno si rivende quel che prende gratis?”, chiedo. Raffa qui mi risponde che non importa perché in quel caso vorrà dire comunque quel capo avrà una nuova vita, e sarà utile ad un’altra persona… “è comunque un modo di rimanere nell’alveo del mutualismo”, mi fanno giustamente notare.

Prima di andare via vi consiglio di affacciarvi al piano terra, nell’angolo dello scambio: tra libri e piccoli mobili, potreste trovare qualcosa che fa al caso vostro (o lasciare voi ciò che volete mettere in circolo).

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Leggi anche: Si celebra oggi la prima Giornata internazionale rifiuti zero proclamata dall’ONU

Cosa portare a Dar Bazar

I vestiti qui non spuntano per magia, ma vengono portati da chi vuole far spazio nell’armadio o ridare valore a ciò che non indossa più perché moda, taglie, esigenze e gusti rendono spesso obsoleti capi che sono ancora in buono stato. Mi soffermo un attimo su queste due parole perché ogni cosa deve arrivare già nella condizione giusta per poter essere subito messa in circolo. No quindi ad abiti rotti, trasandati o sporchi. Non solo, visto che gli spazi sono comunque limitati, è opportuno seguire le indicazioni che settimanalmente vengono pubblicate sui canali social per aiutare a rifornire gli scaffali con ciò che serve nella settimana entrante. Troverete quindi scritto ad esempio se servano zaino o valigie, federe e asciugamani, pantaloni lunghi o corti, scarpe da ginnastica e felpe, o di che età servano i vestiti per i bambini.

Infine ricordate di portare voi stessi! La struttura cerca sempre persone che vogliano contribuire: dallo smistamento dei capi, all’allestimento fino al supporto nel giorno di apertura, il vostro tempo sarà ripagato dalla soddisfazione di dare una mano a un progetto davvero meritevole, solidale e circolare.

© Riproduzione riservata

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