[di Luca Aterini su Greenreport del 19.12.2017] Proposti nuovi obiettivi per la gestione dei rifiuti urbani e i conferimenti in discarica, ma si ignorano i rifiuti speciali
Ieri il Consiglio e il Parlamento Ue hanno raggiunto un accordo provvisorio sul pacchetto legislativo per l’economia circolare, i cui primi passi vennero mossi nel dicembre 2015. «Dopo 18 mesi di lavoro e 17 ore non stop di negoziato intenso abbiamo trovato l’accordo sulle 4 direttive waste», spiega l’eurodeputata italiana Simona Bonafè, in quanto l’accordo provvisorio va a modificare la direttiva europea quadro sui rifiuti (considerata l’atto legislativo quadro del pacchetto), quella sui rifiuti di imballaggio, quella sulle discariche e infine quelle sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, sui veicoli fuori uso e sulle pile e gli accumulatori e i rifiuti di pile e accumulatori.
«Le proposte legislative sui rifiuti concordate – commentano dal Consiglio Ue – fissano obiettivi vincolanti in materia di riduzione dei rifiuti e norme aggiornate per ridurre la produzione di rifiuti, garantire un miglior controllo della gestione dei rifiuti, incoraggiare il riutilizzo dei prodotti e migliorare il riciclaggio in tutti i paesi dell’Ue. Questi nuovi obiettivi e norme promuoveranno un’economia più circolare», anche se al momento sono frutto di un accordo provvisorio: l’analisi finale del testo avrà luogo nel corso della presidenza bulgara entrante, al fine di confermare l’accordo, e dopo l’approvazione formale il nuovo atto legislativo sarà sottoposto al Parlamento europeo per una votazione in prima lettura e al Consiglio per l’adozione definitiva. Una volta entrate in vigore, le nuove direttive dovranno essere recepite nelle legislazioni degli Stati membri entro 24 mesi.
Tra le novità più importanti introdotte si ricordano i nuovi obiettivi vincolanti da conseguire a livello dell’Ue riguardanti la quota di avvio a riciclo – e non di raccolta differenziata, come attualmente invece prevede la legislazione nazionale italiana – al 2025 (55%), al 2030 (60%) e al 2035 (65%) dei rifiuti urbani e dei rifiuti di imballaggio (70%) , e anche un obiettivo per i rifiuti urbani collocati in discarica entro il 2035 (non più del 10%). Ovvero, obiettivi più bassi sia rispetto a quelli richiesti dall’Europarlamento, sia a quelli avanzati nel 2014 dalla precedente Commissione europea a guida Barroso.
Esprime comunque soddisfazione l’attuale commissario Ue all’Ambiente Karmenu Vella, dichiarando che «l’accordo raggiunto questa mattina rafforzerà la nostra “gerarchia dei rifiuti” collocando la prevenzione, il riutilizzo e il riciclaggio chiaramente al di sopra dei conferimenti in discarica e dell’incenerimento. Nelle economie circolari e a basse emissioni di carbonio non ha senso inviare i rifiuti in discarica. Ecco perché sono lieto di aver aiutato il Parlamento europeo e gli Stati membri a concordare una riduzione dei conferimenti in discarica e un obiettivo per il riciclo al 2035». Attualmente infatti in Europa circa «un terzo dei rifiuti urbani è collocato in discarica, mentre solo una quantità limitata dei rifiuti totali è riciclata», rimarca Siim Kiisler, ministro dell’ambiente estone, ed è una precisazione importante.
Già oggi molti paesi europei – tipicamente quelli nordici, come Danimarca, Svezia, Germania – hanno dimostrato che è possibile ridurre al minimo i conferimenti di rifiuti urbani in discarica, ricorrendo però al contempo ad un elevato contributo da parte della termovalorizzazione oltre che puntando su prevenzione e riciclo. In Italia, invece, ad oggi l’Ispra comunica che l’avvio a riciclo dei rifiuti urbani tramite la raccolta differenziata si attesta al 45% (contando anche il recupero di materia da frazione organica, altrimenti sarebbe al 26%), mentre a termovalorizzazione va il 18% del totale e in discarica il 25% (per una panoramica più completa sul tema, con prospettive e difficoltà nel comparto del riciclo, rimandiamo alla lettura del recentissimo rapporto L’Italia del riciclo).
Diverso ancora il contesto che riguarda i rifiuti speciali, che sono la stragrande maggioranza di quelli prodotti in Europa come in Italia (dove produciamo in un anno 30,1 milioni di tonnellate di rifiuti urbani e 132,4 di rifiuti speciali) ma che rimangono incomprensibilmente al di fuori dal pacchetto legislativo europeo per l’economia circolare.
In definitiva, commentano l’accordo provvisorio sul pacchetto legislativo per l’economia circolare, l’European environmental bureau – la più grande rete europea di associazioni ambientaliste – vede «timidi passi» verso l’economia circolare. «Questo non è il risultato che tutti speravamo, ma è comunque un miglioramento significativo rispetto alle leggi attualmente in vigore». Una volta raggiunto l’accordo definitivo, rimarrà da vedere come sarà tradotto in pratica nei vari Paesi europei: «Ora gli stati membri e le istituzioni dell’Ue devono basarsi su questa decisione per passare completamente a un’economia circolare», si augurano dall’ European environmental bureau.