fbpx
sabato, Febbraio 8, 2025

La lotta allo spreco alimentare si fa (anche) tra i cassonetti dei supermercati

Nella Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare, raccontiamo il movimento del dumpster diving, e una storia che non è solo una provocazione ma che può essere uno spunto di riflessione per iniziare a dare al cibo il valore che merita

Silvia Santucci
Silvia Santucci
Giornalista pubblicista, dal 2011 ha collaborato con diverse testate online della città dell’Aquila, seguendone le vicende post-sisma. Ha frequentato il Corso EuroMediterraneo di Giornalismo ambientale “Laura Conti”. Ha lavorato come ufficio stampa e social media manager di diversi progetti, tra cui il progetto “Foresta Modello” dell’International Model Forest Network. Nel 2019 le viene assegnata una menzione speciale dalla giuria del premio giornalistico “Guido Polidoro”

Non fare spesa per quattro anni si può, ce lo dimostra la storia della trentenne danese Sofie Juel-Andersen. Questa non è la storia di chi rinuncia alla grande distribuzione per fare scelte più sostenibili, come i mercati contadini o i gruppi di acquisto solidale, ma è invece proprio dagli enormi sprechi dei supermarket che la donna è riuscita ad ottenere tutto ciò che le occorre per mangiare. Come? Semplicemente raccogliendo dai cassonetti nei retro dei supermarket il cibo che, ancora buono, viene gettato via.

Prima di inorridire ci sono alcune cose da sapere. La prima è che il cibo recuperato al massimo è scaduto da da uno o due giorni, e a volte non lo è affatto; inoltre si tratta sempre di cassonetti di supermercati e mai del retro dei ristoranti o di case private.

Cos’è il dumpster diving?

Quella del dumpster diving – in italiano letteralmente “immersione nei cassonetti” – non è una novità: è l’eco di diversi movimenti e attivisti che da anni rivendicano l’azione di rovistare nei cassonetti come un atto eversivo contro gli sprechi. 

Dagli anni Novanta ha iniziato a farsi strada l’ideologia del Freeganism: la parola freegan, come spiega The Counter, è stata coniata da uno dei fondatori di Food Not Bombs, il movimento che utilizza il recupero del cibo per organizzare pasti pubblici. Questo ragazzo sostiene che una notte, mentre stava scavando nei cassonetti, ha trovato un’enorme quantità di formaggio, e ha detto: “Al diavolo l’essere vegani, diventiamo freegan”.

Fondato nel 2003, uno dei gruppi freegan più grandi e attivi è stato freegan.info, un collettivo con sede a New York che ha accolto la copertura dei media e ha ospitato i cosiddetti tour trash, i tour dei rifiuti, a New York.

Negli anni si è poi registrata un’evoluzione dei movimenti che si battono contro lo spreco alimentare in questi termini, perdendo forse quella connotazione politica che aveva inizialmente: dalla lotta al capitalismo si è passati, in alcuni casi, al piacere di accaparrarsi merce gratis ma l’attivismo sembra non essersi del tutto spento, ma essere invece mutato. Ad un certo punto è arrivata la magia dei social, che tra reel di Instagram e Tik-Tok ha permesso a giovani attivisti e attiviste di mostrare, in modo diretto e veloce, ciò che recuperavano dai cassonetti e così anche lo spreco, alimentare ma non solo, che le abitudini e le ritualità della società dei consumi portano con sé. Basta andare su una delle citate piattaforme e digitare “dumpster diving” per trovare decine di video che mostrano ritrovamenti di grandissime quantità di cibo ancora confezionato e in perfette condizioni. 

Leggi anche: Empori solidali: cosa sono, dove trovarli e perché sono utili contro lo spreco alimentare

Dal risparmio all’attivismo: la storia di Sofie Juel Andersen 

Così anche la storia della trentenne Sofie Juel Andersen è rimbalzata dai social ai media: ora la ragazza ha un account Instagram dedicato alla sua impresa in cui condivide foto e video dei suoi recuperi, e in tanti, ispirati da lei hanno iniziato a fare lo stesso.

Come riportato anche da Good News Network, la donna ha iniziato a praticare il dumpster diving nel 2020 quando si trovava in Australia: inizialmente si trattava di un modo per risparmiare: non che non potesse permettersi di comprare cibo ma attraverso questo escamotage è riuscita a potersi concedersi diversi viaggi, e di lavorare meno ore.

Dopo una segnalazione da parte di sua sorella, era andata a controllare i cassonetti di alcuni supermercati di Sydney. “Nel retro di un supermercato – racconta – c’erano due cassonetti pieni di cibo confezionato, come polli interi, pizze surgelate e bevande. Una volta abbiamo trovato 300 lattine di Diet Coke ancora nelle loro scatole e abbiamo visto un’intera scatola di bottiglie di kombucha che erano state buttate perché una di esse era danneggiata”.

spreco alimentare cassonetti Sofie Juel-Andersen
Foto: The Good News Network

La donna ha continuato a cercare nei cassonetti anche quando è tornata in Danimarca nel 2022 e negli ultimi quattro anni ha comprato solo articoli per la casa, come carta igienica, sapone per i piatti e dentifricio, al negozio di alimentari: l’anno scorso ha speso solo 100 dollari nei supermercati.

La sua missione si è poi evoluta in una forma di “attivismo quotidiano”. “Voglio creare consapevolezza sullo spreco alimentare, – afferma – ma anche sul modo in cui consideriamo il cibo e su come possa essere ancora buono anche se la data è scaduta o la verdura ha una protuberanza”.

 
 
 
 
 
Visualizza questo post su Instagram
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Un post condiviso da dumpster diving diary with Sofie (@dumpsterdivingwsoff)

Andersen ha fornito ai media anche un decalogo per fare dumpster diving, che non riporteremo qui: in Italia è illegale rovistare nei cassonetti e non è nostra intenzione invitarvi a farlo, ma è utile conoscere cosa si nasconde davvero dietro molti supermercati e che fine fanno i nostri rifiuti alimentari.

Quello che resta, nella dodicesima Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare, promossa dall’Osservatorio Waste Watcher, è la consapevolezza che ci sia bisogno di ripensare i nostri sistemi di consumo, affinché non sia più possibile reperire così tanto cibo in ottime condizioni nella nostra spazzatura.

Leggi anche: La generazione Z mangia in modo più sostenibile?

© Riproduzione riservata

spot_img

POTREBBE INTERESSARTI

Ultime notizie