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mercoledì, Luglio 3, 2024

Greenwashing. Il Consiglio alleggerisce gli oneri della direttiva Green Claims

Nella posizione negoziale sulla direttiva Green Claims approvata dai ministri europei dell’Ambiente viene introdotta, tra l'altro, una procedura semplificata che le imprese potranno adottare per alcune specifiche affermazioni ed etichette ambientali

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Redazione EconomiaCircolare.com

Uno dei pilastri delle iniziative europee contro il greenwashing, la cosiddetta Direttiva Green Claims, ha compiuto un altro passo. Il Consiglio Ambiente ha approvato, il 17 giugno, la propria posizione negoziale (general approach) che sarà la base per il confronto con Parlamento e Commissione per giungere al testo definitivo. “Abbiamo raggiunto un importante accordo per combattere il greenwashing, stabilendo regole per informazioni chiare, sufficienti e basate su prove sulle caratteristiche ambientali di prodotti e servizi. Il nostro obiettivo è aiutare i cittadini europei a fare scelte ecologiche fondate”, ha commentato Alain Maron, ministro Belga dell’Ambiente.

Diverse le novità contenute nella proposta dei ministri dell’Ambiente, in particolare la richiesta di introdurre una procedura semplificata per alcune specifichi casi.

Arrivano le “autocertificazioni”

Con il principale obiettivo di “ridurre l’onere amministrativo e finanziario per gli operatori”, per alcuni tipi di dichiarazioni ambientali esplicite “di natura meno complessa” la valutazione completa della fondatezza dei green claims “non è ritenuta necessaria”, secondo i ministri dell’Ambiente. Al posto della valutazione completa, viene proposta una procedura semplificata in cui l’azienda dimostri la conformità delle proprie affermazioni compilando una Documentazione Tecnica Specifica: di fatto un’autocertificazione.

La Commissione europea, in successivi atti di esecuzione, dovrebbe indicare formato, contenuto e informazioni obbligatorie della Documentazione Tecnica Specifica.

Ma quali sono le dichiarazioni esentate dalla verifica? Il Consiglio identifica quattro fattispecie:

  • Quando la caratteristica del prodotto rispetta, allineandosi anche nella metodologia di calcolo, i requisiti europei. Si tratta, spiegano i ministri, delle “indicazioni ambientali esplicite che dichiarano che una caratteristica ambientale di un prodotto o di un operatore commerciale supera i requisiti minimi stabiliti in altri atti dell’Unione, in linea con le regole metodologiche ivi stabilite”. Ad esempio quelle dell’etichetta energetica delle apparecchiature;
  • Quando c’è già una certificazione ambientale. L’esenzione varrebbe anche per le dichiarazioni ambientali “relative a caratteristiche ambientali certificate da un’etichetta ambientale”;
  • In caso di pratiche agricole sostenibili. Sarebbero esentate dalla verifica anche le indicazioni ambientali relative a “interventi a sostegno di pratiche agricole benefiche per il clima, l’ambiente e altri impegni di gestione stabiliti da uno Stato membro nel suo piano strategico di politica agricola comune”;
  • Le affermazioni ambientali indicate dalla Commissione con successivi atti di esecuzione. Questi atti di esecuzione dovrebbero includere un elenco di dichiarazioni ambientali esplicite “che non richiedono un’analisi dell’intero ciclo di vita per essere comprovate; sono correlate a una singola caratteristica ambientale e non devono portare a compromessi significativi tra le diverse categorie di impatto ambientale”.

 

Sarebbero escluse dalla procedura semplificata le affermazioni di tipo comparativo, quelle relative al clima o che riguardano prestazioni ambientali future.

Leggi anche: Ok dall’Europarlamento alla Direttiva Green Claims contro il greenwashing

Semplicità e facilità di accesso ai dati

I ministri dell’ambiente evidenziano la necessità che le informazioni fornite a sostegno delle affermazioni e delle etichette ambientali siano di facile accesso, e non eccessive (mentre “informazioni più tecniche e dettagliate saranno fornite solo su richiesta con mezzi digitali”): “È importante garantire che la comunicazione sia chiara e sufficiente, in modo da non informare eccessivamente i consumatori in un modo che potrebbe avere un impatto negativo sulla loro comprensione, né imporre un onere eccessivo alle imprese”.

Per questo la direttiva dovrebbe prevedere, secondo il Consiglio, una serie di requisiti minimi che tutte le dichiarazioni e le etichette ambientali devono rispettare.

Dove si troveranno queste informazioni? Andranno rese disponibili “insieme all’asserzione, in forma fisica o in formato digitale”: sull’imballaggio del prodotto (con un codice QR, ad esempio), sulle informazioni di accompagnamento del prodotto o su un’interfaccia di vendita online (e gli spot radiofonici o televisivi dovranno indicare chiaramente dove poterle trovare). Per evitare il moltiplicarsi delle fonti con le informazioni per prodotti, servizi e imprese, i ministri suggeriscono di impiegare il passaporto digitale previsto dal Regolamento ecodesign.

Inoltre la posizione negoziale del Consiglio suggerisce anche di riunire tutte le informazioni relative ai green claims dei prodotti e delle imprese nel “portale digitale unico istituito dal regolamento (UE) 2018/1724 (“che istituisce uno sportello digitale unico per l’accesso a informazioni, procedure e servizi di assistenza e di risoluzione dei problemi”, ndr) con la sua interfaccia utente La tua Europa e i portali nazionali associati”.

Compensazione delle emissioni

Il Consiglio Ambiente conferma – come previsto direttiva Empowering consumer for the green transition – che è vietato, in linea generale, dichiarare che un prodotto ha un impatto neutro, ridotto o positivo sull’ambiente basandosi sulla compensazione delle emissioni di gas a effetto serra.

Ricordiamo che le eccezioni alla linea generale sono previste dalla direttiva Empowering consumer for the green transition se:

 

  • il calcolo delle emissioni da compensare è relativo all’intero ciclo di vita del prodotto
  • per le compensazioni vengono indicati impegni e obiettivi chiari, oggettivi, pubblicamente disponibili e verificabili;
  • viene definito in un piano di attuazione dettagliato e realistico che indichi in quale modo tali impegni e obiettivi saranno conseguiti, e che stanzi risorse adeguate;
  • le asserzioni sono verificate periodicamente da un soggetto indipendente e i risultati delle verifiche vengono messi disposizione dei consumatori.

A questo proposito l’Europarlamento ha proposto le aziende potranno ancora citare gli schemi di compensazione solo se hanno già ridotto “il più possibile” le loro emissioni e utilizzare questi schemi solo per le emissioni residue (la Commissione europea, stando al testo del Parlamento, avrebbe proporre una metodologia coerente per definire quali emissioni possono essere considerate residue).

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Foto: Canva

Leggi anche: Greenwashing, le imprese chiedono certezza e praticità per la direttiva Green Claims

Etichette green, esenzioni per la verifica di terza parte

Come abbiamo già ricordato, la documentazione portata dalle imprese a sostegno delle proprie affermazioni dovrà essere certificata da un soggetto terzo e indipendente. Ma i ministri dell’Ambiente alleggeriscono questo obbligo. Per quanto riguarda le etichette ambientali, infatti, per il Consiglio dovranno essere basate su specifici schemi di certificazione (stabiliti da soggetti pubblici o privati). Gli Stati membri potranno scegliere di esentare queste etichette dalla verifica da parte di terzi “se le norme e le procedure di verifica applicabili soddisfano determinati criteri, tra cui l’equivalenza” rispetto alle procedure della normativa europea. I sistemi di etichettatura ambientale istituiti dalle autorità pubbliche, nazionali o regionali, sono “solitamente soggetti a determinate procedure, principi o disposizioni del diritto dell’UE o del diritto nazionale che garantiscono il rispetto di determinati requisiti procedurali o sostanziali”. Una solidità a monte che secondo i ministri dell’Ambiente giustifica la scelta di dare la possibilità agli Stati membri di esentare tali sistemi dalla verifica da parte di terzi se le norme e le procedure di verifica sono “affidabili, devono portare a conclusioni comparabili e devono dimostrare l’equivalenza con la procedura di verifica stabilita nella presente direttiva”. Procedure di verifica che, inoltre, “dovrebbero essere svolte da un organismo nazionale di accreditamento o da un organismo pubblico indipendente dall’organismo che istituisce il sistema di etichettatura“. Pare insomma di capire che, se passasse la proposta del Consiglio, le verifiche di terzi a livello europeo si potrebbero appoggiare, in una sorta di delega, ai sistemi di controllo nazionali.

Verifiche contro il greenwashing anche per le microimprese 

Mentre il Parlamento Ue ha proposto che le microimprese non siano tenute ad allinearsi alle nuove norme (e le PMI beneficino di un anno in più per conformarsi rispetto alle imprese più grandi) i ministri europei voglio che anche le microimprese siano soggette a verifica, ma avranno 14 mesi in più rispetto alle altre imprese.

Sono state aggiunte inoltre diverse misure di sostegno per aiutare le PMI, comprese le microimprese, durante tutta la procedura: ad esempio la pubblicazione di linee guida o la previsione di misure aggiuntive per ridurre gli oneri amministrativi per gli agricoltori. Queste misure potrebbero includere anche sostegno finanziario e formazione.

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I prossimi passi della direttiva Green claims

L’approccio generale del Consiglio costituirà la base per i negoziati con il Parlamento europeo sulla forma finale della direttiva. I negoziati dovrebbero iniziare nel nuovo ciclo legislativo.

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