mercoledì, Novembre 5, 2025

Greenwashing, la tedesca DUH vince in tribunale contro Lufthansa e Adidas

Entrambe le sentenze legate a claim poco trasparenti relativi all’impatto carbonico

Vittoria Moccagatta
Vittoria Moccagatta
Classe 1998. Laureata in filosofia all'Università degli Studi di Torino, è dottoranda in Design for Social Change presso l'ISIA Roma Design. È stata ricercatrice per il progetto "Torino città solidale e sostenibile"

La giustizia tedesca ha vietato a Lufthansa e Adidas di diffondere e promuovere affermazioni ambientali ritenute ingannevoli. Le sentenze che sanzionano i casi di greenwashing arrivano a valle delle denunce della Deutsche Umwelthilfe (DUH – Azione ambientale Germania) associazione no-profit per la tutela dell’ambiente e dei consumatori.

In entrambi i casi oggetto del contendere sono gli obiettivi climatici delle imprese, quelli che anche la Commissione europea ha indicato come uno dei terreni più scivolosi per i green claims.  Lufthansa è stata condannata per mancanza di trasparenza nei suoi programmi di compensazione delle emissioni, mentre Adidas non potrà più dichiarare che sarà climaticamente neutra entro il 2050 senza piani concreti oltre il 2030.

Leggi anche: Studio: il greenwashing (purtroppo) funziona anche sugli esperti

Volo con compensazione

La corte regionale di Colonia ha giudicato l’opzione a pagamento “volo con compensazione” di Lufthansa non chiara: non espliciterebbe l’effettivo l’impatto compensato. Secondo Jürgen Resch, responsabile della DUH, “il tribunale conferma le nostre critiche e affronta il modo in cui una delle più grandi compagnie aeree del mondo inganna sistematicamente i clienti e finge che i viaggi aerei siano neutrali per il clima in cambio di tariffe aggiuntive. I viaggi aerei sono uno dei modi più gravi per danneggiare il clima. Vendere una coscienza pulita in cambio di indulgenze è quindi particolarmente riprovevole”.

CO2 neutral dal 2050

Adidas non potrà più affermare che sarà “climaticamente neutra entro il 2050“. Questo il giudizio della corte di Norimberga-Fürth, che lega la possibilità di pubblicizzare la neutralità carbonica al 2050 alla predisposizione di un piano concreto. E alla riduzione delle emissioni, non affidando il claim alla sola compensazione. Sono queste infatti le prescrizioni della Direttiva Empowering Consumers for the Green Transition pubblicata sulla Gazzetta ufficiale europea poco più di un anno fa. Questa norma, che aggiorna la Direttiva sulle pratiche commerciali sleali e quella sui diritti dei consumatori con prescrizioni relative appunto al greenwashing e all’obsolescenza programmata, fissa paletti molto precisi per le affermazioni di sostenibilità relative a prestazioni future. In particolare affermazioni del genere sono lecite solo se l’azienda ha assunto impegni chiari, oggettivi, misurabili, pubblicamente disponibili, stabiliti in un piano di attuazione dettagliato e realistico; e se nei suoi programmi prevede anche una coerente assegnazione di risorse. Il tutto, verificato periodicamente da un soggetto terzo indipendente, le cui conclusioni vanno messe a disposizione dei consumatori. E, per quanto si sa del trilogo in corso, sono le indicazioni della Direttiva Green Claims, che impone di aver tagliato le emissioni prima di vantarne la compensazione.

greenwashing
Foto: Canva

Leggi anche: Quando la reticenza porta al greenwashing: il caso di Lloyds Bank

© Riproduzione riservata

spot_img

POTREBBE INTERESSARTI

Ultime notizie