giovedì, Novembre 6, 2025
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MICS, l’evoluzione del Made in Italy nella doppia transizione ecologica e digitale

All’evento Intelligenza circolare di ISIA ed EconomiaCircolare.com, Taisch e Merlo di MICS – Made in Italy Circolare e Sostenibile riflettono su come affrontare le sfide e le opportunità della circolarità: a partire dal cambiamento nella sensibilità dei consumatori, la necessità di investire in ricerca e nuovi strumenti come il passaporto digitale di prodotto

Il Made in Italy può essere al centro della doppia transizione – ambientale e tecnologica – grazie al suo valore riconosciuto in tutto il mondo, ma per farlo deve cambiare ed evolversi. L’eco-innovazione significa modificare non soltanto il prodotto in ottica di economia circolare e sostenibilità, ma anche ridisegnare le filiere, trasformare i modelli produttivi e di business. Ripensare il modello di fabbrica del futuro e non ultimo utilizzare le nuove tecnologie digitali a supporto del Made in Italy.

Sono sfide importanti, e per accompagnare le aziende – soprattutto piccole e medie imprese – serve parecchia ricerca e innovazione. Qualsiasi ragionamento deve partire da qui, ha spiegato Marco Taisch, uno dei relatori invitati a Intelligenza Circolare, l’evento internazionale organizzato a Roma da ISIA Roma Design e dal magazine EconomiaCircolare.com per riflettere proprio su queste tematiche. Taisch ha un osservatorio privilegiato, perché è il presidente di MICS – Made in Italy Circolare e Sostenibile, fondazione finanziata con i fondi PNRR  proprio per accompagnare le aziende in questo percorso.

“Possiamo definire MICS un partenariato esteso tra università, centri di ricerca e imprese: uno dei più importanti mai finanziati in Italia, con un investimento pubblico di 115 milioni di euro in tre anni e un valore complessivo del progetto, considerando anche la partecipazione delle imprese, che arriva a 126 milioni di euro nello stesso periodo”, ha spiegato Taisch a proposito di MICS. “Coinvolge circa un centinaio di soggetti tra centri di ricerca, università e aziende – ha proseguito il presidente di MICS – attivi nei settori manifatturieri della meccatronica, dell’arredo e dell’abbigliamento, per un totale di oltre mille persone che lavorano al progetto dal gennaio 2023”.

Il Made in Italy deve seguire i nuovi consumatori

MICS ha lavorato su circa 85 progetti e in due anni ha potuto trarre alcune importanti lezioni sul Made in Italy e la sua evoluzione nella doppia transizione ecologica e digitale. “Uno dei primi risultati emersi dal lavoro di MICS riguarda il profondo cambiamento nei comportamenti dei consumatori”, ha spiegato Taisch. “Il pubblico del Made in Italy – oggi sempre più globale e consapevole – non cerca soltanto estetica, qualità e design, ma pretende trasparenza, sostenibilità e tracciabilità. Tuttavia raccontare la sostenibilità è molto più complesso che comunicare la bellezza o la funzionalità di un prodotto: l’impatto ambientale non si vede, non si tocca, e spesso non è immediatamente percepibile”.

Come rendere, dunque, “visibile” ciò che per sua natura è intangibile? “Da qui nasce l’idea di sviluppare nuove forme di comunicazione ambientale dei prodotti, un po’ come avviene per le etichette nutrizionali sugli alimenti. Etichette che possano indicare chiaramente l’impronta ecologica, il consumo di risorse, l’uso di energia rinnovabile o riciclata. È un terreno su cui l’Europa sta già lavorando, ma che rappresenta per l’Italia una straordinaria occasione per riposizionarsi e distinguersi, rafforzando la propria identità di marchio sostenibile”.

Taisch ha citato un caso concreto. “Durante una delle ricerche condotte da MICS, è emerso un dato sorprendente. Molti giovani dichiarano che, se dovessero acquistare un’auto, sceglierebbero solo modelli prodotti durante turni diurni, quando l’energia utilizzata proviene in prevalenza da fonti rinnovabili e non fossili, come avviene invece di notte. Un esempio indicativo del nuovo modo di pensare: il valore di un prodotto non risiede più soltanto nella forma o nel brand, ma anche nella storia energetica e ambientale che porta con sé”.

Dimensione d’impresa e ricerca: la sfida della scala

Un altro grande ostacolo per la transizione sostenibile del Made in Italy è rappresentato dalla dimensione ridotta del suo tessuto produttivo. L’Italia è un Paese di piccole e medie imprese, spesso eccellenti per creatività e artigianalità, ma con limitate capacità di investimento in ricerca e sviluppo. “Il dato è chiaro: l’Italia destina solo l’1,3% del Pil alla ricerca e sviluppo, contro una media europea del 2,3% e un 3,9% negli Stati Uniti. E mentre oltreoceano la quota privata copre il 70% della spesa, in Italia la proporzione è invertita, con il 70% dei fondi provenienti dal settore pubblico”, ha evidenziato il presidente di MICS.

Per una piccola impresa con dieci dipendenti, la capacità di investimento in ricerca è praticamente nulla. “Servono massa critica e collaborazione”, ha sottolineato Taisch. Da qui nasce il valore di MICS: creare sinergie tra aziende, università e centri di ricerca per colmare il gap dimensionale e dare forza collettiva alla transizione circolare e tecnologica del Paese”.

Due elementi rendono questo progetto unico nel panorama italiano: la collaborazione tra settori e la multidisciplinarità. “Per la prima volta, il mondo della meccanica, del tessile e dell’arredo che prima facevano ricerca ciascuno per conto proprio, lavorano insieme, scambiandosi soluzioni e innovazioni. La cross-fertilizzazione che ne deriva consente, ad esempio, di trasferire tecnologie nate per il design nel mondo della manifattura o viceversa”.

La seconda chiave è l’approccio multidisciplinare come elemento distintivo. “Ingegneri, designer, architetti, chimici dei materiali, esperti digitali, psicologi e sociologi lavorano fianco a fianco. Con questa multidisciplinarità vogliamo continuare a mettere le nostre competenze al servizio del Paese, trasformando il progetto da semplice attività di ricerca a una vera e propria iniziativa stabile. L’obiettivo – ha annunciato Taisch – è creare, insieme ai ministeri e alle associazioni di settore, un think tank capace di offrire una visione strategica sul futuro del Made in Italy sostenibile. In questo modo intendiamo passare dal ruolo di ricercatori a quello di esperti in grado di definire le roadmap su cui l’Italia dovrà lavorare per raggiungere gli obiettivi, ormai imprescindibili, della circolarità e della sostenibilità”.

Il passaporto digitale del prodotto: l’intelligenza della circolarità

Tra gli strumenti su cui si concentra la ricerca di MICS c’è il passaporto digitale del prodotto (Digital Product Passport – DPP), destinato a diventare un elemento centrale dell’ecosistema manifatturiero. Si tratta di un’evoluzione delle etichette ambientali di cui parlava Taisch: una sorta di carta d’identità digitale che accompagna ogni oggetto lungo il suo ciclo di vita, contenendo informazioni su materiali, processi produttivi, provenienza, impatto ambientale e potenzialità di riciclo.

Come ha spiegato Roberto Merlo, intervenuto all’evento Intelligenza Circolare, il DPP rappresenta la sintesi perfetta tra made in science e made in Italy: un connubio tra la capacità artigianale e manifatturiera italiana e la solidità della ricerca scientifica. “Il passaporto digitale – ha detto Merlo – è al centro dell’intelligenza circolare: non è un vincolo normativo, ma un sistema che unisce dati e materia, rendendo il ciclo produttivo più trasparente, tracciabile e intelligente per costruire così un percorso di crescita dell’economia aziendale”.

All’interno di MICS sono già in corso diversi progetti in questo ambito, come ECD Passport, sviluppato con l’Università della Basilicata e applicato al mondo dell’arredo e del design, o il progetto SEAM, dedicato al settore tessile e portato avanti da startup italiane. L’obiettivo è creare strumenti semplici, replicabili e interoperabili tra le diverse filiere, in modo che imprese, consumatori e istituzioni possano condividere un linguaggio comune della sostenibilità.

Anche nel contesto del passaporto digitale di prodotto, le nuove tecnologie come blockchain e intelligenza artificiale stanno già trovando applicazione nel monitoraggio delle filiere, come dimostra il progetto PLA.I.A. dell’Università di Napoli, centrato sulla tracciabilità e la certificazione dei processi produttivi. “Riuscire a mettere i dati in un oggetto ci permette di creare un sistema nervoso dell’economia in cui la la persona ne è il custode consapevole”, ha concluso Merlo.

Le opportunità economiche legate alla circolarità, ha fatto notare Merlo alla conclusione del suo intervento sono enormi, citando il caso del settore tessile- “Solo nel 2023 sono state prodotte oltre 124 milioni di tonnellate di fibre tessili, di cui il 57% da fonti fossili vergini (principalmente poliestere). Le fibre riciclate rappresentano appena il 12,5%, ma portarle al 30% significherebbe generare 50 miliardi di euro di valore economico e 180.000 nuovi posti di lavoro in Europa”.

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