Innovare restando fedeli all’essenza del Made in Italy e senza mettere in discussione la sostenibilità è una sfida che richiede una “cura” speciale in quello che produciamo e nel modo in cui viene prodotto. A spiegare come sia possibile tenere insieme tutto questo è Ugo Ghilardi, amministratore delegato di Itema Group. e membro del consiglio di amministrazione di Fondazione MICS (Made in Italy Circolare e Sostenibile), intervistato da EconomiaCircolare.com durante il Made in Italy Innovation Forum, organizzato a Cernobbio dal 23 al 25 giugno e promosso dalla stessa Fondazione MICS.
Il punto di partenza del ragionamento di Ghilardi è la grande trasformazione in corso che, su spinta della digitalizzazione, sta rivoluzionando il mercato globale perché “ha reso possibile cose che fino a trent’anni fa non erano nemmeno quasi immaginabili”, abbattendo qualsiasi forma di intermediazione nell’economia in molti settori. “La digitalizzazione ha consentito a tutti, a prezzi molto competitivi, di accedere a informazioni, servizi e contenuti in qualsiasi parte del mondo”, ha evidenziato Ghilardi, facendo il semplice esempio delle prenotazioni degli hotel per le vacanze.

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Come Itema interpreta l’innovazione per la sostenibilità
Questo ha fatto saltare gli equilibri del passato e aperto la strada a economie emergenti, prima fra tutte quella cinese. È evidente come il Made in Italy debba muoversi in un contesto completamente diverso rispetto a qualche anno fa. Conciliare tutto ciò con l’economia circolare e la sostenibilità è possibile, secondo Ghilardi, seguendo alcuni principi. “Il primo criterio – spiega l’ad di Itema – è sicuramente quello di modificare i modelli di business, che mettano assieme l’innovazione tipica del Made in Italy e la circolarità”.
La risposta, prosegue il ragionamento Ghilardi, è “agire simultaneamente sia in termini di prodotto sia in termini di processo”. In poche parole, “far sì che i prodotti nascano già all’interno di un contesto orientato verso la sostenibilità e la circolarità”. È quello che Itema sta cercando di mettere in pratica su più fronti. L’azienda è sicuramente un esempio del Made in Italy in un comparto strategico dell’economia italiana come il tessile: fondata alla fine degli anni Sessanta, oggi è una “multinazionale tascabile”, con investimenti in diverse parti del mondo che produce macchine per la tessitura ed è attiva in business complementari come quello dei materiali in composito e diversifica in settori come quello dei macchinari per la biofarmaceutica. Scenario dove, evidentemente, la sostenibilità deve essere la stella polare visto il rischio, altrimenti, di generare notevoli impatti negativi. Per questo motivo oggi, racconta l’ad di Itema, “l’azienda sta riprogettando i propri macchinari, i processi produttivi e la fabbrica stessa, da green field, in Italia”.

“Il primo obiettivo di Itema è di permettere agli utilizzatori delle nostre macchine di tessere con la massima qualità tutti i filati, compresi i riciclati, consentendogli di utilizzare quanta più materia prima seconda possibile senza rinunciare alla qualità del tessuto”, spiega Ghilardi. Il secondo obiettivo riguarda i consumi: “Consumare meno acqua, meno energia, meno filato. Quindi fare in modo che la macchina sia più intelligente per evitare errori e, dunque, scarti di tessuto pre-consumo”. Il terzo ambito di intervento riguarda la macchina in sé: “Offrire ai nostri clienti macchinari con una lunga durata di vita, facili da riparare e ricondizionare: oggi garantiamo macchine di cui oltre il 90% delle componenti sono ricondizionabili e riciclabili”, conclude l’ad di Itema.
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Open innovation e sostenibilità sociale al centro della transizione
Tutto ciò sarà possibile solo in presenza di una reale open innovation: “Aprirsi agli altri settori, perché ci possono insegnare ad avere un approccio sostenibile e circolare molto più evoluto rispetto a quello che il comparto tessile può esprimere da solo”, precisa Ghilardi: “Sedersi al tavolo con gli utilizzatori delle nostre macchine, ma anche con esperti di settori completamente diversi, come l’aerospaziale e la meccatronica, che ci consentano di ampliare le nostre possibilità di innovazione”.
L’innovazione deve investire in un altro ambito fondamentale, quello dei processi all’interno della fabbrica, aggiunge Ghilardi: “Stiamo investendo, ad esempio, in una nuova fabbrica che vogliamo sia completamente sostenibile: non solo riguardo a tutto quello che verrà prodotto lì, ma anche nella relazione tra automazione e uomo, nell’utilizzo delle risorse e degli spazi, nella logistica”.
La sostenibilità della fabbrica sarà a 360 gradi, e dunque guardare anche alla sostenibilità sociale, investendo ad esempio nei diritti dei lavoratori e nelle competenze dei giovani. “Non è semplice attrarre e trattenere energie giovani, che hanno sensibilità diverse e obiettivi differenti rispetto al passato. Dobbiamo creare ambienti aperti, luminosi, dove l’energia possa circolare e dove si diano responsabilità reali”, conclude l’ad di Itema.
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