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lunedì, Gennaio 27, 2025

Leila, come funziona l’oggettoteca di Bologna e perché è da prendere ad esempio

Nata nel 2016 per promuovere la cultura della condivisione, quando in Europa le oggettoteche erano meno di dieci, oggi “Leila”, l’oggettoteca di Bologna, conta due sedi, diversi volontari e un software gestionale per prenotare l’oggetto e scegliere la sede del ritiro. Ecco come funziona

Letizia Palmisano
Letizia Palmisanohttps://www.letiziapalmisano.it/
Giornalista ambientale 2.0, spazia dal giornalismo alla consulenza nella comunicazione social. Vincitrice nel 2018 ai Macchianera Internet Awards del Premio Speciale ENEL per l'impegno nella divulgazione dei temi legati all’economia circolare. Co-ideatrice, con Pressplay e Triboo-GreenStyle del premio Top Green Influencer. Co-fondatrice della FIMA, è nel comitato del Green Drop Award, premio collaterale della Mostra del cinema di Venezia. Moderatrice e speaker in molteplici eventi, svolge, inoltre, attività di formazione sulle materie legate al web 2.0 e sulla comunicazione ambientale.

Quanti oggetti abbiamo in casa? Difficile contarli. Alcuni di essi vengono usati frequentemente, altri poche volte e addirittura una parte di questi strumenti molto probabilmente aspetta ancora di essere utilizzata per la prima volta. Di questi una buona percentuale, ammettiamolo, è probabilmente arrivata nelle nostre abitazioni accompagnata dalle parole “non si sa mai…. potrebbe servirmi”.

Già, ma se potessimo avere a disposizione un oggetto quella saltuaria (ed a volte ipotetica) volta che ci serve senza necessità di comprarlo? Se vicino casa avessimo a disposizione “una biblioteca degli oggetti”? Tutto sarebbe più facile e probabilmente non diventeremmo accumulatori seriali di oggetti inutilizzati. Come vi abbiamo raccontato, da alcuni anni le cosiddette libraries of things – chiamate comunemente “oggettoteche” – iniziano timidamente a nascere e a svilupparsi anche in Italia. In questi luoghi, invece di prendere in prestito libri, si può accedere ad una vasta gamma di oggetti che spaziano dal trapano alla tenda per il campeggio, dagli strumenti musicali al seggiolino auto per il bebè.

Quel che forse non tutti sanno è che tra gli esempi che destano maggior interesse ve n’è uno italiano che si trova a Bologna: parliamo di Leila, nata nel 2016 per promuovere la cultura della condivisione. Al motto di “In fondo abbiamo bisogno di utilizzare, non di possedere” è un luogo che è riuscito a sopravvivere ad una pandemia, alla conseguente crisi economica ma anche – e soprattutto – a quella sfiducia che oggi è, a tutti gli effetti, uno dei mali che attanaglia la nostra società. Per saperne di più sulle biblioteche degli oggetti e sulla storia del centro bolognese, abbiamo intervistato il fondatore di questa realtà, Antonio Beraldi.

Leila: l’oggettoteca diffusa in città nata per promuovere la cultura della condivisione

Quando Leila venne fondata nel 2016, le oggettoteche in Europa erano meno di dieci e ognuna di esse era nata per propria libera iniziativa, senza una rete. All’apertura, Leila non aveva una vera e propria sede: l’attività era organizzata in alcuni corner dislocati in diversi punti della città (all’interno di una biblioteca, in una vineria, in una libreria, in un bar per studenti e presso un altro progetto dedicato alla mobilità sostenibile e coprogettazione). Di solito, poi, le altre biblioteche degli oggetti erano state fondate all’interno di parrocchie o di centri solidali principalmente per ragioni legate alla beneficenza: come ci spiega Beraldi la finalità sottesa a questo genere di iniziative è quella di mettere a disposizione mezzi e strumenti a coloro i quali non hanno la disponibilità economica necessaria ad acquistarli.

Il progetto di Leila ha invece sin da subito presentato delle peculiarità che l’hanno fatta distinguere da altre esperienze e che forse celano il “segreto” che spinge molti a guardare l’esempio bolognese come ad un modello al quale ispirarsi. L’altro elemento distintivo è quello delle motivazioni e dei principi sui quali è stata fondata: i promotori volevano innescare un cambiamento culturale che potesse dare valore alle azioni di condivisione, senza indagare i motivi personali (ragioni economiche? ambientali? recupero dello spazio?) che spingevano (e spingono) gli utenti a prendere in prestito un trapano o un seggiolino auto, cercando soprattutto di costruire, giorno dopo giorno, una comunità di persone con gli stessi principi e scopi.

Cambiare prospettiva fa bene al portafogli e all’ambiente

“Pensiamo ai motivi che ci spingono a cercare un trapano, – mi fa riflettere Antonio – non è per possederne uno, ma per fare un foro nel muro, cosa che posso fare anche se prendo il trapano in prestito dalla oggettoteca per il tempo necessario e poi lo riporto indietro”.

Non si chiede, in questo modo, alle persone di evitare di fare qualcosa (ad esempio di fissare una libreria alla parete) pur di rinunciare ad acquistare uno o più oggetti, ma di trovare soluzioni alternative che consentano di risolvere piccoli problemi del quotidiano senza ricorrere a nuovi acquisti e, quindi, all’uso di nuove risorse. Leila vuole essere uno strumento come quelli che, negli ultimi anni, stanno nascendo nei territori per far sì che i modelli di economia circolare e sociale siano veri motori del cambiamento.

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Storie di oggetti che vanno e vengono

Scrivo questo articolo durante un periodo di festività e ciò risulta evidente anche sfogliando il sito internet dell’oggettoteca: gli oggetti che ora risultano in prestito sono quelli normalmente usati durante le vacanze (come, ad esempio, una fotocamera), per realizzare piccoli lavori “primaverili” (trapano, piallatrice e vaporetto) o magari per ospitare parenti ed amici (lettino da campeggio, seggiolino d’auto e tiralatte). Le occasioni che spingono le persone a prendere in prestito gli oggetti sono le più disparate. C’è chi vuol provare un elettrodomestico da cucina per capire se effettivamente valga la pena imparare a fare in casa il pane o la pasta, chi deve fare dei lavori una tantum, chi parte e va in campeggio o chi, in vista di un soggiorno a Bologna, vuole evitare di portare tutto da casa e può quindi lasciare l’auto a casa e muoversi più comodamente in treno. Ognuno ha la sua storia e poco importa se si fa ricorso all’oggettoteca per ragioni economiche, per praticità o perché consapevoli che, così agendo, si sta riducendo il proprio impatto ambientale: sono i risultati (in continua crescita) che contano.

Leila ieri, oggi e domani

Gli “oggettotecari” di Bologna sono stati probabilmente dei precursori, ma quello che all’inizio di questa avventura (sette anni fa) era un’esperienza sorprendente (e che oggi rimane comunque ancora innovatrice) presto potrebbe essere ben più diffusa. Almeno questa è la speranza di chi oggi punta ad ampliare il numero delle biblioteche degli oggetti. Gli stessi numeri di Leila registrano che vi è sempre più interesse e convinzione in queste forme di cittadinanza attiva partecipata.

Se prima della pandemia i prestiti mensili erano circa 7-8, nel periodo post pandemico il numero è salito a 32-34 e quest’anno si attesta a 40-45. Un contributo importante alla crescita degli associati è legato al supporto fornito delle biblioteche della città: i titolari della tessera delle biblioteche di Bologna, per il primo anno, possono fruire anche dei servizi di Leila e sono in molti ad aver usufruito dei prestiti dell’oggettoteca. Grazie a questa iniziativa i tesserati sono praticamente raddoppiati (oggi hanno superato quota 600) e la sensazione è che continueranno a crescere. Oggi a Bologna ci sono due vere e proprie sedi (la seconda è stata inaugurata nel 2020) e, allo scopo di assicurare un servizio sempre più efficace ed efficiente, l’associazione si è più compiutamente strutturata con un gruppo di volontari fissi e altri attivi a rotazione e grazie a strumentazioni come il software gestionale che oggi consente a tutti di accedere al sito, prenotare il bene di cui si ha bisogno e scegliere la sede del ritiro tra i punti della rete.

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oggettoteca leila bologna
Sede “Leila”, oggettoteca di Bologna. Foto: leila

Come si crea una comunità attorno a una oggettoteca

La voglia di creare una comunità e di contribuire a formare una cittadinanza attiva sono tra gli scopi fondativi di Leila. Già, ma come fare? In questi anni i luoghi che ospitano l’oggettoteca sono diventati anche spazi di condivisione del sapere grazie a corsi che si tengono in diversi quartieri grazie a una cargo bike.

“Il progetto vince se tutti vinciamo”, mi spiega Beraldi . Così, per aderire all’iniziativa, oltre al pagamento della quota annuale di iscrizione, ognuno deve contribuire portando almeno un oggetto in condivisione, un gesto che serve a nutrire la fiducia reciproca.

“La qualità degli oggetti che vuoi trovare dipende dalla qualità degli oggetti che ognuno condivide”, mi spiega il fondatore. Perciò, per puntare in alto, ognuno deve condividere il meglio! Il bene non diviene, però, di proprietà dell’oggettoteca: a fine anno se non rinnovi il servizio  puoi riprenderlo. Tanti ne metti in condivisione, tanti ne puoi prendere in contemporanea quindi essere collaborativi e generosi ripaga in tutti i sensi. Se non sapete cosa può essere utile agli altri, sul portale vi sono diverse indicazioni. Un computer che non vi serve, il seggiolino per auto che ormai è diventato troppo piccolo per vostro figlio, pesi per il fitness che ormai non usate più o le stampelle che sperate non dobbiate mai più utilizzare sono solo alcuni dei tanti esempi. Tanti sono gli oggetti tipicamente stagionali (come l’albero di natale) o quelli legati ai viaggi.

Ad alimentare la comunità è anche il Leila Social Club dove gli utenti possono usufruire degli spazi e delle attrezzature del laboratorio per effettuare piccoli lavori di fai-da-te e, inoltre, per imparare a riparare e (ri)costruire e, come noto, il sapere, quando è condiviso, si moltiplica. Quindi, oltre a prendere in prestito il trapano, potreste anche imparare ad evitare di danneggiare l’intonaco del muro quando deciderete di utilizzarlo.

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Leila può fare scuola

Come si può leggere sul sito, oggi Leila Bologna è una delle 27 esperienze nate spontaneamente in Europa ed è una delle 90 realtà censite tra Nord America, Europa e Australia del Nord. In questi anni è aumentato il numero delle persone che contattano i promotori del progetto per chiedere consigli finalizzati all’apertura di realtà simili in altre città italiane e straniere. In questi casi quello che Antonio e i suoi colleghi portano avanti è un vero e proprio supporto per altre biblioteche degli oggetti, come è accaduto, ad esempio, con l’oggettoteca di Locarno.

“Siamo disponibili a fare un’opera di tutoraggio a chi voglia aprire una oggettoteca“, mi spiega Berardi. Tuttavia in questi casi non si tratta di esportare un determinato modello: l’obiettivo è riuscire a trasmettere principi e strumenti lasciando, però, che ogni realtà possa comprendere come radicarsi nel proprio territorio perché uno degli ingredienti fondamentali è che l’oggettoteca entri a far parte della comunità locale e difficilmente gli utenti farebbero propria un’esperienza “calata dall’alto”.

Il futuro, però, potrebbe non fermarsi all’apertura di punti sparsi ed isolati: Antonio guarda ancora più lontano e alla possibilità, un domani, di far nascere e sviluppare una rete nazionale per rendere contagiosa e, come si suol dire oggi, virale la cultura della condivisione in contrapposizione a quella del possesso e quindi far comprendere che per fare un foro in un muro non è necessario possedere un trapano!

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