La logistica può diventare più sostenibile e circolare. La circolarità riguarda i flussi di beni fisici e si basa su un’attenta progettazione del circuito logistico lungo tutto il ciclo vita del prodotto. Con l’aggiunta di nuovi modelli di business post consumo come la rivendita, la riparazione, ricondizionamento e riciclo, c’è la necessità di un ripensamento nella gestione di flussi di materiali, anche dal punto di vista logistico.
“L’industria della logistica ha bisogno di uno sforzo collaborativo e collettivo verso la riprogettazione della catena di approvvigionamento”, si legge nel documento di DHL. “ Soluzioni logistiche intelligenti – come per esempio quello della logistica inversa – possono portare i consumatori a optare per scelte circolari se queste sono rese facili e convenienti dagli stessi fornitori e produttori”.
Quando si progettano flussi specifici, una decisione sullo smistamento per esempio, deve essere presa tenendo in considerazione la posizione geografica, tempistiche di spedizione e altri fattori. Queste attività, pensate a monte, possono aiutare a ridurre al minimo il necessario trasporto di un determinato bene.
Logistica sostenibile: tracciare i materiali con la tecnologia
Con la crescente complessità di una catena di approvvigionamento circolare, garantire trasparenza diventa ancora di più impegnativo. “Un ottimale pianificazione produttiva e la gestione delle scorte richiedono adattamenti per essere davvero circolari: la programmazione degli input di materiale deve adattarsi alla disponibilità di materiali riciclati e i flussi di post vendita. Un intelligente gestione delle scorte può attuarsi con l’aiuto delle tecnologie digitali”. Il paper cita l’esempio dell’elettronica di consumo che ha fatto già passi in avanti, come nel tracciamento delle sostanze chimiche dei materiali e nel trovare soluzioni ottiche che garantiscano la tracciabilità di un bene lungo tutta la catena del valore.
Le nuove tecnologie digitali rappresentano sicuramente uno strumento essenziale per una corretta gestione del flusso merci e garantire trasparenza per i consumatori. Anche le più recenti tecnologie di tracciamento come la blockchain possono garantire precise informazioni combinando un riconoscimento fisico con uno digitale. DHL prevede che tali sviluppi avranno un forte utilizzo in settori come la moda di lusso e l’oreficeria, alle quali viene sempre più richiesta la garanzia di criteri ESG (Environment sustainable development goals dell’ONU).
Packaging interno ed esterno
Come il design, anche la fase di distribuzione ha ampi margini di efficienza e ottimizzazione. Alla luce dell’aumento dei flussi di materiali, è fondamentale garantire che il packaging contribuisca alla circolarità di un prodotto piuttosto che allo spreco. Per aziende come DHL, quando si parla di imballaggi si deve distinguere quello interno da quello esterno (spedizione). Entrambi devono essere ottimizzati, eliminando il packaging non necessario.
Quello degli imballaggi interni è sempre stato un problema complesso da affrontare per i produttori, preoccupati di far arrivare il loro prodotto – specialmente quelli più fragili – in ottime condizioni. Per esempio gli smartphone, oggetti che vengono protetti con quantità enormi di plastica.
Ora però, diversi produttori si stanno dirigendo verso materiali di imballaggio totalmente riciclabili o biodegradabili. “Anche i principali player della moda – scrive DHL – si stanno allontanando dalla plastica monouso verso la carta per avvolgere i propri indumenti”.
Anche gli imballaggi esterni hanno un loro impatto. “Sebbene contribuisca fino al 30% del totale delle emissioni gas climalteranti legate all’ e-commerce, l’imballaggio esterno (quello della spedizione) è ancora poco considerato”, rivela il paper della rivista tedesca Gaia paragonando le emissioni tra imballaggi monouso e riutilizzabili.
Tuttavia ci sono anche problemi di scelta. Spesso il personale addetto alla logistica deve trovare un compromesso tra le emissioni del packaging e rifiuti dell’imballaggio stesso. In altre parole devono trovare un equilibrio tra le minori emissioni del monouso (con eventuale spreco di risorse, compostabilità e riciclabilità) e le maggiori emissioni del multiuso, tenendo presente la fase del trasporto.
L’Epa (Environmental Protecion Agency) americana ha calcolato che sono necessari 7 alberi per produrre 1.000 nuove scatole di cartone e vengono salvati tra i 15 e 17 alberi per ogni tonnellata di carta riciclata.
DHL nel documento aggiunge che il riciclo di carta la richiede circa il 60% dell’energia necessaria per produrre carta vergine da alberi. E che un sacchetto di plastica riutilizzabile da circa 120 grammi è più eco-friendly di una scatola di cartone monouso da 180 grammi, sin dalla prima spedizione. Inoltre, le dimensioni e la quantità dell’imballaggio dovrebbero essere ridotti allo stretto necessario, così da ridurre il peso dei prodotti e ottimizzare dal punto di vista energetico la fase di spedizione.
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Il conflitto d’interesse della riparazione
I conflitti di interesse non devono essere ignorati. È legittimo pensare che se i brand e i produttori iniziano a offrire servizi di riparazioni per prodotti danneggiati, è possibile che debbano rinunciare al margine di vendita di un nuovo prodotto. Quindi sono spesso portati a rendere questi servizi di riparazione piuttosto costosi. Per i consumatori questo conflitto si traduce in un dilemma: pagare di più per riparare il prodotto o comprarlo nuovo di zecca ad un costo minore.
DHL osserva che nei settori di moda ed elettronica, la piccola scala (spesso manuale) delle procedure di riparazione – sartorie oppure officine – rendono le riparazioni meno efficienti e convenienti economicamente. “Pertanto, è fondamentale sviluppare nuove attività di riparazione scalabili su modelli economici attraenti per fornitori e consumatori, garantendo al contempo un comodo accesso ai servizi di riparazione”, suggerisce il paper.
Da una prospettiva aziendale, noleggio e leasing possono diventare offerte particolarmente attraenti, e i servizi di riparazione possono fidelizzare maggiormente il cliente al marchio. Da questo punto di vista Patagonia svolge da anni un ottimo lavoro con l’opzione Turnaround, opzione che permette di ricevere in 10 settimane l’articolo d’abbigliamento ricondizionato. Anche i governi possono incentivare opzioni di riparazione. In Svezia, per esempio, le tasse per alcuni servizi di riparazione hanno un’aliquota inferiore del 50% rispetto all’imposta sull’acquisto di nuovi articoli.
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Troppi materiali complicano il riciclo
Facendo un passo indietro, una buona base di partenza – come si legge spesso su Economia Circolare.com -sarebbe ripensare il design del prodotto, momento decisivo che poi influenza anche l’efficacia di una logistica intelligente. Molto facile a dirsi, meno a farsi. Infatti sono molteplice le sfide: dal numero di materiali diversi alle difficoltà di disassemblaggio. Ma soprattutto, far coesistere la possibilità di progettare un design di prodotto in modo circolare con la crescita e la redditività del business.
Il numero di materiali diversi in un unico prodotto è spesso fonte di grandi problemi durante la fase post consumo. Una classica sneaker può contenere più di 12 materiali diversi e riciclarla richiederebbe difficoltosi e costose operazioni di disassemblaggio. Ragione principale per cui nella fashion industry solo l’1% dei capi è attualmente riciclato in modalità circuito chiuso (close loop). Adidas era solita usare circa 12 materiali per un modello di scarpe; poi nel 2019, puntando su sneaker monomateriale e completamente riciclabili, ha dimostrato che si può pensare al design in modo circolare.
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