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martedì, Maggio 14, 2024

Cartoni per bevande, come si riciclano in Italia

Come e dove vengono riciclati i cartoni per bevande in Italia? Quanti se ne riciclano? In quali impianti? Viaggio nel (difficile) riciclo dei cartoni per bevande

Silvia Ricci
Silvia Ricci
Collabora dal 2009 con l’Associazione Comuni Virtuosi come referente Economia Circolare nella realizzazione di iniziative attinenti alla prevenzione dei rifiuti da imballaggio rivolti ai diversi pubblici. Scrive per il sito Comuni Virtuosi e altre testate su tematiche attinenti alla progettazione e gestione circolare dei manufatti monouso. Dal 2022 coordina la campagna nazionale “A Buon Rendere - molto più di un vuoto”, per una veloce introduzione di un Sistema Cauzionale per imballaggi monouso per bevande

Dal 2003 i cartoni per bevande in poliaccoppiato, in seguito a un protocollo di intesa tra Comieco e Tetra Pak, possono essere raccolti attraverso tre modalità:  a) congiuntamente con la raccolta differenziata della carta, senza una separazione a valle; b) congiuntamente con la carta con separazione a valle in piattaforma individuata da Comieco (che riceve un contributo economico calcolato in base alla presenza in percentuale dei brick nel flusso carta e cartone) per un invio dei cartoni per bevande verso le cartiere disponibili al riciclo del poliaccoppiato; c) congiuntamente al multimateriale (in genere con plastica e lattine) come avviene soprattutto in Toscana e nel Trentino, con un passaggio nel centro di selezione e la consegna presso le cartiere specializzate nel riciclo d questi cartoni.

Solo due cartiere in Italia specializzate per il riciclo dei brick

In quasi tutti i casi dopo essere stati raccolti (ed eventualmente selezionati), i cartoni per bevande vengono pressati in balle e spediti alle cartiere. In Italia abbiamo solamente due cartiere specializzate: la Cartiera Saci di Verona e Lucart, ex cartiera Lucchese parte di Lucart Group. Sull’attività della prima si trovano poche informazioni. Dall’intervento del proprietario della cartiera Saci e presidente di Assocarta (Associazione dei cartai italiani) di Verona,  Lorenzo Poli, ad un convegno del marzo 2019 si apprende che, oltre alla fibra, viene recuperata la plastica ma non la frazione di alluminio che, a seconda della tipologia di brick, rappresenta circa il 4% del peso totale.  “Da molti anni abbiamo investito per riciclare i cartoni per bevande e negli ultimi anni abbiamo anche sviluppato un impianto che consente, in aggiunta al riutilizzo della fibra contenuta, di pulire e preparare la plastica residua per essere riciclata da attori idonei”. La Lucart recupera, nel suo stabilimento di Borgo a Mozzano (LU), tutte le tre componenti dei cartoni per bevande. Lo stabilimento, unico in Italia, produce carta a marchio Fiberpack® al 100% derivante, appunto, dal recupero delle fibre di cellulosa presenti nei cartoni per bevande tipo Tetra Pak® . La componente di polietilene e alluminio recuperata si trasforma invece in un granulo di materiale omogeneo commercializzato a marchio Al.Pe.® che viene impiegato per la fabbricazione di manufatti vari per diversi settori: edilizia, arredo urbano, casalinghi, trasporto merci come nel caso dei pallet, contenitori vari come nel caso dei dispenser prodotti dal gruppo per la distribuzione di prodotti monouso per l’igiene.

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Incertezza sui dati

Quante siano precisamente le quantità di cartoni per bevande immessi al consumo nel nostro paese non è un dato disponibile pubblicamente per i non addetti ai lavori. Nel Programma Specifico di Prevenzione Conai 2020, che riprendiamo più avanti, si evince che potrebbero essere 81.180 tonnellate/anno. Un numero che, secondo addetti del settore sentiti da Economiacircolare.com, potrebbe essere però più vicino alle 100.000 ton, dato che in parte viene confermato dalla rivista Italia Imballaggio, che nel numero di ottobre pubblica una tabella in cui risultano pari 139.000 le tonnellate immesse al consumo nel 2019.

Un dato determinante per valutare l’impatto dei cartoni per liquidi (CPL in gergo) – e degli imballaggi in poliaccoppiato in genere – sul riciclo è quello riferito alla loro presenza in percentuale nella raccolta differenziata della carta e cartone.

Non è noto quanti cartoni per liquidi si trovino nelle oltre 2,4 milioni di tonnellate di carta provenienti dalla raccolta differenziata dei Comuni che vengono inviate a riciclo dal Comieco presso una delle 55 cartiere che usano carta da macero. Gli ultimi dati reperibili in rete, riferiti a oltre 10 anni fa, stimavano in circa l1,8% la quantità dei brick nel flusso di carta e cartone; percentuale che potrebbe essere ormai superata con risvolti negativi sul processo di riciclo congiunto.

Nel pulper carta e brick non vanno daccordo

La letteratura del settore considera opportuno non superare la soglia di tolleranza del 3-4% come presenza dei brick nel riciclo congiunto con la carta. Il motivo si trova in un’intervista del vice direttore generale di Comieco, Roberto Di Molfetta, a Italia Imballaggio risalente al periodo precedente al citato accordo tra Comieco e Tetra Pak del 2003: “In linea di principio non conviene riciclare i cartoni poliaccoppiati insieme a carta e a cartone provenienti da raccolta differenziata, a causa delle diverse caratteristiche di tali materiali in fase di riciclo”. Di Molfetta scende poi nel dettaglio: “Nel pulper, infatti, devono essere conferiti materiali omogenei, che richiedono tempi analoghi di lavorazione. In particolare, se il macero impiega pochi minuti a disfarsi nel pulper, per poi essere avviato a fasi di lavorazione successive, questo non avviene ai cartoni di poliaccoppiato, che rimangono praticamente integri, giacciono sul fondo e devono essere smaltiti come scarti (con un peso doppio rispetto a quello originario, a causa dell’assorbimento di acqua). Dato che lo strato di carta interno del poliaccoppiato è rivestito da film di polietilene, per questa tipologia di imballaggi sono necessari almeno 30-45 minuti per trasformare la carta in polpa”. Tempo che non va d’accordo con i tempi ordinari richiesti dalla carta mista (carta e cartoncino da imballaggio, cartoni e carta grafica, oltre che poliaccoppiati di vario): “Quest’ultima dopo una permanenza superiore ai cinque minuti si degraderebbe eccessivamente. In pratica, una lavorazione nel pulper che abbia una durata superiore di dieci volte rispetto al necessario, provocherebbe la disintegrazione quasi completa delle fibre, a tutto detrimento delle proprietà fisiche del prodotto finale ottenuto da tale miscela”. (Cicigoi, Rivista Italia Imballaggio, 2001).

Leggi anche: L’acqua in brick invade il mercato. Ma è davvero meglio della plastica?

Uno contro uno e mezzo

Come spiegava il referente di una cartiera del bolognese in un’intervista ad Altraeconomia di qualche tempo, fa la parte cellulosica dei cartoni in poliaccoppiato viene separata (in gergo delaminata) dalle frazioni in alluminio e polietilene grazie alla semplice azione centrifuga di un pulper ad alta densità, un “enorme frullatore” che miscela il materiale con acqua; generalmente senza aggiunta di alcun tipo di additivo chimico ma tramite l’azione meccanica dell’acqua e di una pala rotante che lo spappola.

Secondo stime dell’azienda, per ogni unità di peso di poliaccoppiato che entra nel pulper, se ne forma una e mezza di scarto a causa dell’assorbimento dell’acqua. Infatti, alla parte di fibre cellulosiche che non si spappolano (circa il 35%), si aggiungono la plastica e l’alluminio, che non si smembrano nel pulper. Tutto questo materiale, infine, raddoppia il proprio peso, a causa dell’acqua che trattiene. Se da una parte un impiego di componenti chimici potrebbe accelerare il processo di delaminazione – che non è necessario per gli altri tipi di macero – potrebbero verificarsi ripercussioni sul processo di depurazione causate da un maggiore inquinamento delle acque di lavorazione.

Altra criticità da gestire è quella del maggior consumo di energia ed acqua richiesti dai tempi di permanenza più lunghi del materiale all’interno del pulper.

Sono gli impianti che devono adattarsi ai nuovi imballaggi o viceversa?

Insomma un bel dilemma da risolvere che si ripropone nella valorizzazione di altri imballaggi a fine vita nel momento in cui una tecnologia consolidata e matura che ricicla o composta un flusso omogeneo di materiale deve essere adattata per accogliere frazioni eterogenee di altri flussi tutto sommato di modestissima entità.  Seppure con tecnologie e processi diversi, le stesse criticità si riscontrano per gli impianti di trattamento dello scarto organico che si trovano a dover gestire imballaggi e manufatti in bioplastica che non hanno la funzione di veicolare l’organico come i sacchetti. Per biodegradare manufatti come posate, vaschette e cialde da caffè bisognerebbe allungare i tempi di processo a discapito della qualità della parte organica.

Il rischio insito in entrambe le situazioni è che si trovino – grazie ad accordi tra i Consorzi e le controparti – delle formule per rimborsare agli impianti i costi subiti per lo smaltimento degli scarti, invece che agire sulla progettazione degli imballaggi a monte. Secondo operatori del settore, i costi di smaltimento degli scarti per le cartiere ammontano a circa 80 euro a tonnellata, al netto delle spese di trasporto. Infatti una proposta emersa dalla presentazione di Comieco a un convegno dell’aprile scorso per un utilizzo di parte dei proventi del Cac (Contributo Ambientale Conai) recita: “Tra i costi del Cac rientreranno i costi di gestione dello scarto pulper delle cartiere in relazione a: percentuale di carta, percentuale di recupero fibra, quota di acqua, costo gestione dello scarto pulper.”

Il contributo ambientale come incentivo alleco-progettazione finalizzata al riciclo

Nel capitolo dedicato al riciclo dei poliaccoppiati del Programma Specifico di Prevenzione 2020 Comieco, si legge: “Nel corso del 2020, si è assistito a un lieve calo delle quantità di riciclo dedicato, scese a 5.600 tonnellate, -3,4% rispetto alle 5.800 tonnellate avviate a riciclo nel 2019”. Con riciclo dedicato si intendono le quantità che sono state inviate alle due cartiere italiane specializzate nel riciclo dei brick.

Per quanto riguarda invece il riciclo congiunto con la carta, “che continua ad essere la modalità prevalente di raccolta e riciclo sul territorio italiano, la quantità imballaggi poliaccoppiati a prevalenza carta idonei al contenimento di liquidi avviata a riciclo è stimata pari a 21.460 tonnellate con un incremento del 17% rispetto al 2019. Considerando la quantità complessiva di imballaggi poliaccoppiati a prevalenza carta idonei al contenimento di liquidi avviata a riciclo nel 2020, la percentuale di riciclo si attesta a circa un terzo dellimmesso al consumo”.

Il tasso di riciclo in Italia

Un dato che corrisponde al tasso di riciclo globale del 27% dei cartoni per bevande riportato da Tetra Pak nel suo Rapporto di sostenibilità 2021: un incremento di 3 punti percentuali in 5 anni dal tasso di riciclo del 24% del 2015.

Pertanto se sommiamo le due quantità avviate a riciclo tramite il circuito Comieco (di cui solo le 5.600 verranno maggiormente valorizzate e riciclate con una produzione minore di scarto) si arriva a 27.060 tonnellate annue. Considerando che si tratta di un terzo dell’immesso, come si legge, arriviamo ad un immesso di 81.180 tonnellate, che potrebbe essere sottostimato, come spiegato prima.

Nel rapporto 2020 prima citato il consorzio Comieco precisa di avere investito risorse derivate dalla diversificazione del contributo ambientale (Extra Cac pari a 20€/tonnellata) della carta per sviluppare la raccolta selettiva dei cartoni per bevande (di solito tramite una raccolta con il multimateriale) e per ampliare la capacità e il numero di impianti che selezionino i cartoni a valle delle raccolte differenziate.

Nonostante Comieco garantisca un corrispettivo per la selezione e pressatura agli impianti che vogliano estrarre i cartoni per bevande dalla raccolta differenziata di carta/cartone e nonostante il ritiro del materiale gratuito che può avvenire da parte delle due cartiere specializzate per il riciclo (Lucart e Cartiere Saci) non si è verificato quel 20% di aumento nella raccolta dei cartoni che Carlo Montalbetti, Direttore Generale di Comieco, auspicava due anni fa. Il verdetto pertanto si ripete: “Come negli scorsi anni, stenta ancora la messa in attività di nuove capacità impiantistiche per la selezione di questa tipologia di imballaggio”.

Risulta quindi evidente che sino a quando gli attuali quantitativi provenienti dalla raccolta selettiva nazionale non cresceranno, le cartiere specializzate nel riciclo dei cartoni dovranno ricorrere all’importazione di quantità importanti di cartoni per liquidi dall’estero. Lucart, per alimentare le linee del suo impianto di Borgo a Mozzano (Lucca) – con una linea di capacità produttiva di 25.000 tonnellate – ne deve infatti  importare almeno 20.000 tonnellate dalla Francia, dove ha sede uno stabilimento del gruppo.

Leggi anche: Che cos’è il riciclo chimico e perché interessa all’industria delle plastiche

La diversificazione contributiva per gli imballaggi in carta

 La diversificazione contributiva del CAC, che ha in primis lo scopo di finanziare la raccolta differenziata degli imballaggi dei Comuni, rappresenta “una delle leve impiegate per orientare le aziende verso imballaggi sempre più riciclabili”, si legge sul sito del Conai. “La decisione di ampliare il CAC diversificato a tutti gli imballaggi poliaccoppiati trova la sua motivazione nella ferma volontà di migliorare sempre di più la qualità della raccolta e di stimolare i produttori a una transizione ecologica verso imballaggi sempre più sostenibili e quindi più facilmente riciclabili”, ha dichiarato Amelio Cecchini, presidente di Comieco a Repubblica.

 Per la filiera della carta il progetto di diversificazione è iniziato nel 2018 a partire dall’applicazione di un contributo aggiuntivo (Extra CAC pari a 20€/t) ai contenitori in poliaccoppiati per liquidi CPL allo scopo di “migliorare l’efficacia del processo di valorizzazione degli imballaggi a base cellulosica più complessi da riciclare, attraverso il consolidamento e lo sviluppo delle attività di raccolta, selezione e riciclo”. Dai 75 €/t iniziali il CAc per i CPL è stato ridotto a 45 €/t e dal 1 gennaio 2022, sarà ulteriormente ridotto a 30 €/t. A partire dal 2022 verrà applicato un contributo diversificato suddiviso in quattro categorie che include tutti gli imballaggi compositi, sia flessibili e rigidi come gli involucri per prodotti da forno o le vaschette per alimenti con percentuali di carta variabili come si può vedere dalla tabella.

riciclo cartoni bevande brick

Lo strumento tecnico che Comieco dice di avere individuato per la classificazione degli imballaggi compositi rispetto alla loro riciclabilità è il sistema Aticelca 501/19 Analisi del livello di riciclabilità di materiali e prodotti a prevalenza cellulosica – divenuta norma UNI 11743:2019 nell’aprile 2019 – che consente ai produttori di carta e agli utilizzatori di prodotti in carta di verificare il livello di riciclabilità in una scala di 4 livelli : A+, A, B, C (oltre al non riciclabile che è la D attribuita da Comieco per gli imballaggi che andrebbero nell’indifferenziato).

Si potrà dire che il sistema di Comieco è a regime, ovvero allineato alla certificazione Aticelca, quando verrà inserita l’obbligatorietà (non è ancora stata definita la tempistica) della prova di laboratorio con Norma UNI 11743 – Sistema Aticelca 501.

Secondo la classificazione Aticelca lo scarto prodotto dal riciclo considerato come limite tassativo va dall’ 1,5% del livello A+, al 10% dell’A, al 20% del B, al 40% del C, livello a cui appartengono i cartoni per bevande.

Considerando le ultime tendenze di mercato che vedono una sostituzione degli imballaggi in plastica con le cosiddette alternative plastic-free, e le previsioni di mercato da qui al 2026 che prevedono un’ esplosione nel consumo dei cartoni per bevande, torneremo sicuramente su questo tema con prossimi aggiornamenti.

© Riproduzione riservata

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