giovedì, Novembre 6, 2025

Materie prime critiche, per ISPRA “se aumenta l’ecodesign diminuisce il riciclo”

Con l’approvazione del Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica entra nel vivo il Programma Nazionale di Esplorazione sulle materie prime critiche, elaborato da ISPRA negli scorsi mesi. A breve partiranno le prime indagini non invasive ma allo stato attuale mancano i fondi sulle successive fasi

Andrea Turco
Andrea Turco
Giornalista glocal, ha collaborato per anni con diverse testate giornalistiche siciliane per poi specializzarsi su ambiente, energia ed economia circolare. Redattore di EconomiaCircolare.com. Per l'associazione A Sud cura l'Osservatorio Eni

Dopo la pausa estiva, prosegue la stagione delle estrazioni minerarie in Italia. Negli scorsi giorni il Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica (CITE) ha pubblicato la delibera di approvazione del Programma Nazionale di Esplorazione delle Materie Prime Critiche, elaborato da ISPRA negli scorsi mesi, così come previsto dal regolamento europeo Critical Raw Materials Act che è entrato in vigore il 24 maggio 2024.

Anche in Italia, dunque, l’attenzione sui minerali e metalli del presente e del futuro – necessari sulla transizione ecologica e digitale nonché sulla difesa – resta alta. Tuttavia i tempi sulla ripresa non sono immediati e, al di là dei numerosi annunci governativi, anche i fondi a disposizione sono pochi. Al momento il Programma Nazionale di Esplorazione delle Materie Prime Critiche ha a disposizione appena 3,5 milioni di euro, fondi che serviranno a finanziare una prima fase, tra il 2025 e il 2026, che sarà dedicata esclusivamente a una nuova mappatura non invasiva delle risorse minerarie del Paese.

 

Successivi interventi esplorativi, questi sì più invasivi, sono previsti solo nelle altre fasi del programma (la fase 2 tra il 2026 e il 2026 e la fase 3 tra il 2028 e il 2030), fasi che però devono ancora essere finanziate. Quel che è certo, come si apprende dalla delibera del CITE pubblicata sulla scorsa Gazzetta Ufficiale, riguarda le materie prime ricercate e i luoghi dove verranno effettuate a breve le prime rilevazioni:

  1. Fluorite, Barite, Terre rare (Alpi meridionali)
  2. Elementi del gruppo del Platino (Os, Ir, Ru, Rh, Pt, Pd) (Piemonte orientale)
  3. Rame e manganese (Liguria occidentale)
  4. Grafite (Piemonte, Liguria, Calabria)
  5. Litio non-convenzionale (Toscana, Lazio, Emilia-Romagna)
  6. Antimonio (Toscana)
  7. Magnesite (Toscana)
  8. Fluorite, barite, Terre rare (Lazio)
  9. Feldspato, Litio, Terre rare (Campania)
  10. Feldspato, Terre rare, REE (Rare Earth Elements) (Sardegna)
  11. Rame, Tungsteno, Terre rare, Titanio (Piombo, Zinco, Argento)
  12. Fluorite, barite, Terre rare (Sud Sardegna)
  13. Tungsteno, Arsenico, BismutoW (+Stagno, Molibdeno) (SW Sardegna)
  14. Rame (+Molibdeno, Oro) (SW Sardegna).

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Più ecodesign = meno riciclo e più estrazioni

Ora che con la delibera del Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica è ufficialmente in vigore il Programma Nazionale per l’Esplorazione delle Materie Prime Critiche serve dare una lettura più attenta alle 168 pagine elaboratore dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. La tesi di ISPRA è nota: per via della continua sete di materie prime critiche serve un approccio integrale.  “La sola strategia efficace – si legge nel documento – è quella che integra una attività estrattiva sostenibile con le pratiche di economia circolare, di riprogettazione ecologica dei prodotti e di ricerca di materiali sostitutivi, e con lo sviluppo di collaborazioni con i Paesi europei ed extra EU”.

Se è vero, come fa notare ancora ISPRA, che “ci si aspetta che la domanda di materie prime critiche salga anche di 10 volte o oltre”, qualche dubbio invece sorge sulle conseguenze che ne trae l’ente pubblico. Secondo ISPEA, infatti, “non è dunque pensabile poter contare solo sul riciclo: diverse di queste hanno tassi di recupero estremamente bassi” e inoltre “le pratiche di ecodesign ed economia circolare permetteranno di estendere la vita in servizio delle tecnologie, vero obiettivo della circolarità, che potrebbe rallentare un possibile e auspicabile contributo sostanziale dell’industria del riciclo”.

In sostanza: se aumentano i gradini superiori dell’economia circolare – come l’ecodesign – diminuiscono i gradini inferiori – il riciclo. Una tesi che alla lunga può reggere ma che nel breve e medio termine appare un po’ fallace, dato che l’Italia sul riciclo delle materie prime critiche è ancora molto indietro e prima di andare a pieno regime servirà ancora molto tempo. Di più: attuando maggiormente l’ecodesign anche il riciclo delle materie prime critiche potrebbe beneficiarne, perché magari sarebbero più facili da ricavare, al contrario di quel che accade oggi.

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Gli obiettivi delle estrazioni

In ogni caso l’obiettivo principale di questa prima fase delle estrazioni è definire un quadro delle potenzialità minerarie dell’Italia “tramite l’integrazione delle informazioni minerarie pregresse con una nuova campagna di ricerca mineraria di base”. Saranno utilizzate tecniche innovative come la magnetometria aerotrasportata attiva e l’analisi delle particelle cosmiche nonché l’ormai immancabile utilizzo estensivo di software legati all’intelligenza artificiale. Oltre alla valorizzazione di depositi di materie prime critiche già esistenti (come il rame) o finora poco valorizzati (come il litio), il Programma Nazionale di Esplorazione intende individuare anche nuove risorse minerarie: si pensi alle terre rare, che hanno monopolizzato l’attenzione a livello globale negli scorsi mesi, e di cui in Italia non si ha contezza di presenze e quantità.

terre rare copertina

In estrema sintesi gli obiettivi del PNE, così come indicati da ISPRA, sono:

  1. Fornire una base di dati, organizzati secondo gli standard internazionali, per favorire l’interesse di aziende nazionali ed internazionali alla richiesta di permessi di ricerca operativa, per lo sviluppo di progetti minerari sostenibili;
  2. Stimolare la rinascita di un completo ecosistema minerario nazionale tramite:

– incremento delle competenze tecniche e scientifiche nella pubblica amministrazione;

– rivitalizzazione degli insegnamenti accademici e delle scuole minerarie;

–  sviluppo della ricerca e dei ricercatori in ambito minerario;

– creazione dell’anagrafe mineraria nazionale;

– coinvolgimento di piccole e medie imprese nazionali e liberi professionisti in ambito geologico, geofisico, geochimico, come stimolo per lo sviluppo del settore;

– dialogo con gli enti e con le comunità locali per favorire l’accettabilità sociale anche, e soprattutto, tramite la disseminazione dei criteri di Responsible Mining;

 3. porre le basi per un proseguimento pluriennale della ricerca mineraria;

 4. fornire il contributo nazionale alla riduzione della dipendenza europea dalle forniture estere di materiali indispensabili allo sviluppo industriale.

Contemporaneamente, tramite la realizzazione del progetto URBES, finanziato dal PNRR e dunque (a meno di eventuali proproghe della Commissione Europea) da realizzare entro il 2026, si vuole incentivare il recupero di materie prime seconde dai rifiuti minerari abbandonati e da tutte le altre possibili fonti di approvvigionamento. Appare chiaro che sul ritorno delle estrazioni minerarie c’è una volontà politica che dovrà però concretizzarsi in un un sostegno concreto e in un cronoprogramma definito. Perché, come ricorda ancora la stessa ISPRA nel PNE, fatto (e approvato) il piano sulle estrazioni bisognerà elaborare un cronoprogramma definito e finanziato. Senza dimenticare, aggiungiamo noi, che la priorità va comunque data all’economia circolare.

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