giovedì, Novembre 6, 2025

Mediterraneo, come cambieranno le nostre vacanze con la crisi climatica

Nei prossimi anni la vacanza al mare, specie nel Mediterraneo, potrebbe essere diversa da quella a cui siamo abituati. Vi spieghiamo perché

Letizia Palmisano
Letizia Palmisanohttps://www.letiziapalmisano.it/
Giornalista ambientale 2.0, spazia dal giornalismo alla consulenza nella comunicazione social. Vincitrice nel 2018 ai Macchianera Internet Awards del Premio Speciale ENEL per l'impegno nella divulgazione dei temi legati all’economia circolare. Co-ideatrice, con Pressplay e Triboo-GreenStyle del premio Top Green Influencer. Co-fondatrice della FIMA, è nel comitato del Green Drop Award, premio collaterale della Mostra del cinema di Venezia. Moderatrice e speaker in molteplici eventi, svolge, inoltre, attività di formazione sulle materie legate al web 2.0 e sulla comunicazione ambientale.

State leggendo questo articolo mentre vi rilassate sotto l’ombrellone ed ammirate una spiaggia da cartolina (o da selfie)? Godetevi questo momento perché, tra qualche anno, potreste non ritrovare più quel posto o, comunque, perdere la pace e la tranquillità che vi circonda. Il Mar Mediterraneo, la culla di civiltà millenarie e da sempre il cuore pulsante del turismo globale, sta infatti affrontando una trasformazione epocale e silenziosa. Le estati che ricordiamo, con le loro lunghe giornate di sole e il mare solitamente placido, in un futuro non troppo lontano, potrebbero diventare un ricordo sbiadito. Crisi climatica ed inquinamento stanno infatti ridisegnando il volto del “Mare Nostrum”, con impatti diretti e tangibili per chiunque ami le sue coste. Cosa ci aspetta davvero nei prossimi anni? Le spiagge si restringeranno? Il mare sarà più agitato? Con chi, o cosa, dovremo condividere le nostre nuotate? Possiamo provare ad analizzare gli scenari futuri ed azzardare qualche ipotesi.

Meno spiagge all’orizzonte: l’inesorabile avanzata del mare

Una delle conseguenze più evidenti ed allarmanti del riscaldamento globale è l’innalzamento del livello dei mari per il quale non serve purtroppo molta fantasia perché i suoi effetti su alcune coste italiane sono già sotto gli occhi di tutti.

Ispra acque mediterraneo
Mappa delle zone umide costiere importanti per gli uccelli acquatici minacciate di sommersione secondo lo scenario più pessimistico (+ 161 cm). Immagine: Ispra

Secondo quanto riportato da Copernicus “l’innalzamento medio globale del livello del mare è il risultato di tre fattori principali: l’espansione termica degli oceani (l’acqua si espande quando viene riscaldata), lo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte glaciali e i cambiamenti nelle riserve idriche terrestri (esaurimento delle acque sotterranee e sequestro dell’acqua nei bacini). L’innalzamento medio globale del livello del mare termosterico, causato dal riscaldamento degli oceani, rappresenta quasi il 40% dell’innalzamento medio globale contemporaneo del livello del mare (1901-2018)”.

mediterraneo
Immagine: Copernicus

In tale contesto va ricordato che il bacino del Mediterraneo è considerato un’area particolarmente vulnerabile, un vero e proprio “hot-spot” per i cambiamenti climatici. Secondo quanto documentato nel sesto rapporto di valutazione dell’IPCC (il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici, vincitore del premio Nobel per la pace nel 2007), questo fenomeno è ormai irreversibile su scale plurisecolari ed è destinato a proseguire. Le proiezioni indicano che l’innalzamento potrebbe superare il metro entro il 2100.

È vero che la metà delle spiagge sabbiose del mondo potrebbe scomparire entro la fine del secolo?

Cosa comporta questo fenomeno per le nostre amate spiagge? La risposta è purtroppo semplice: una progressiva ed inesorabile erosione. Uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Climate Change ha lanciato un avvertimento drammatico: senza adeguate strategie di mitigazione, metà delle spiagge sabbiose del mondo potrebbe scomparire entro la fine di questo secolo.

Per il Mediterraneo, le stime sono altrettanto preoccupanti: ricercatori del Joint Research Centre della Commissione Europea prevedono che, anche in uno scenario ottimistico di riduzione delle emissioni, potremmo perdere il 13% delle spiagge sabbiose (pari a circa 36.000 km) entro i prossimi 30 anni. In alcune aree, l’arretramento è già visibile, con coste che si ritirano di svariati metri ogni anno. L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) ha rilevato che in Italia, tra il 2006 e il 2019, ben 841 chilometri di costa bassa sono già in erosione.

Non è solo “colpa” del cambiamento climatico

Questo processo non è causato solo dall’innalzamento delle acque, ma anche dall’antropizzazione selvaggia delle coste e dalla costruzione di dighe sui fiumi che intrappolano i sedimenti necessari a “ricostruire” naturalmente le spiagge dopo le mareggiate. Per i turisti, questo si tradurrà in arenili sempre più stretti, affollati e, in molti casi, nella scomparsa totale di piccole baie e lidi che oggi rappresentano un patrimonio inestimabile.

Un mare più caldo ed energico: tempeste e ondate di calore marine

Il Mediterraneo – che sostanzialmente ha la forma di un lago – si sta riscaldando ad un ritmo superiore del 20% rispetto alla media globale. Negli ultimi 25 anni, la temperatura media superficiale è aumentata di oltre 1°C, ma, come emerge dalle attività condotte da ENEA e INGV, il calore sta penetrando anche negli strati più profondi, fino a 800 metri. Questo accumulo di energia termica ha molteplici effetti. In primo luogo, l’aumento delle temperature atmosferiche, con l’anticiclone africano che sostituisce sempre più spesso quello delle Azzorre, porta ad ondate di calore più intense e prolungate, rendendo alcune destinazioni “troppo calde” per il turismo estivo tradizionale.

Un mare più caldo è anche un mare con più energia. Questo calore in eccesso, assorbito dall’acqua, funge da “carburante” per eventi meteorologici estremi. A tal riguardo da Copernicus ricordano che “gli uragani e altri eventi meteorologici estremi estraggono calore dalla superficie e dal sottosuolo dell’oceano; questo agisce come fonte di energia, rendendoli più forti e duraturi, e influenzandone il percorso”.

Insomma, anche le giornate al mare potranno essere rovinate dall’intensificarsi di tempeste e “bombe d’acqua”. Questi eventi – che peraltro contribuiscono anche all’erosione costiera – rappresentano anche un rischio concreto per le infrastrutture turistiche come stabilimenti balneari e porti. Pensiamo alle immagini di stabilimenti o camping spazzati via…

Ma non finisce qui: il riscaldamento favorisce la proliferazione di fioriture algali (bloom) e di meduse, un fenomeno già osservato in diverse aree del Mediterraneo (anche a causa della “tropicalizzazione” di cui vi parleremo a breve), creando notevoli disagi a bagnanti e pescatori. L’aumento delle temperature dell’acqua, infatti, prolunga la stagione riproduttiva di alcune specie di meduse e rende il nostro mare più ospitale per quelle tropicali invasive.

Leggi anche: Le contraddizione della plastica: in mare funzionano le regole ma se ne produce di più

Nuovi vicini d’ombrellone: l’invasione delle specie aliene

Il riscaldamento delle acque sta causando un fenomeno noto come tropicalizzazione” del Mediterraneo. Il nostro mare sta diventando un habitat ideale per specie animali e vegetali provenienti da aree tropicali, principalmente dal Mar Rosso attraverso il Canale di Suez, ma anche trasportate involontariamente dalle navi. L’ISPRA stima che siano già oltre 1.000 le specie aliene stabilmente presenti nelle nostre acque e il loro numero è in costante crescita.

Tutto ciò non è un semplice rinnovamento della fauna locale, non è come cambiare le piante in balcone per scegliere quelle più resistenti al nuovo clima: l’avanzata delle specie aliene è una vera minaccia per la biodiversità autoctona e in alcuni casi anche per la sicurezza dei bagnanti. Specie come il pesce coniglio, un erbivoro vorace, stanno desertificando alcuni fondali rocciosi, distruggendo le praterie di alghe che sono fondamentali per la vita di innumerevoli altri organismi. Altre specie invasive – come il velenoso pesce scorpione (chiamato anche pesce leone) e il pesce palla maculato – rappresentano un pericolo diretto per l’uomo. Anche il granchio blu, predatore aggressivo, sta avendo un impatto devastante su pesci e molluschi locali.

Per i turisti, l’incontro con specie potenzialmente pericolose o urticanti durante una nuotata diventerà un evento sempre più probabile, alterando la percezione di sicurezza e la fruibilità stessa del mare.

Nuotare tra i rifiuti: un futuro sommerso dalla plastica?

L’inquinamento da plastica è l’altra grande emergenza che affligge il Mediterraneo che, infatti, rischia di essere trasformato in una vera e propria “trappola di plastica”. Secondo il WWF, la plastica costituisce il 95% dei rifiuti presenti in mare aperto, sui fondali e sulle spiagge. Ogni anno, nei mari d’Europa, finiscono tra le 150.000 e le 500.000 tonnellate di macroplastiche e tra le 70.000 e le 130.000 tonnellate di microplastiche.

Le concentrazioni di microplastiche nel Mare Nostrum hanno raggiunto livelli record, quasi quattro volte superiori a quelli della famigerata “isola di plastica” del Pacifico. Queste insidiose particelle entrano nella catena alimentare, minacciando la fauna marina e la salute umana. Tra principali responsabili di questo disastro si annoverano la cattiva gestione dei rifiuti a terra e il turismo di massa. Si stima, infatti, che, durante l’estate, l’afflusso di turisti aumenti del 40% la quantità di rifiuti marini. L’Italia – sempre secondo i dati WWF – dopo Turchia e Spagna, è tra i maggiori produttori di rifiuti plastici che finiscono nel Mediterraneo. In assenza di un drastico intervento, la quantità di plastica dispersa potrebbe raddoppiare entro il 2040, con una perdita economica stimata per il settore turistico e della pesca di decine di milioni di euro ogni anno.

L’immagine idilliaca di un bagno in acque cristalline rischia di essere sostituita da quella, ben più desolante, di una nuotata tra buste, bottiglie e frammenti di plastica.

Se davvero si vuole investire nel turismo come asset, il suo futuro dipende dalle azioni che intraprenderemo oggi: governi, imprese e cittadini sono chiamati ad un’azione urgente e coordinata per ridurre le emissioni, combattere l’inquinamento e proteggere la straordinaria, ma fragile, bellezza del nostro mare.

La posta in gioco, a dire il vero, non è peraltro solo la qualità delle nostre vacanze, ma anche la salute di un ecosistema vitale per l’intero pianeta (ben oltre le settimane di ferie che possiamo concederci).

Leggi anche: Giornata Nazionale del Mare 2025: cos’è e cosa dobbiamo sapere

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