mercoledì, Dicembre 3, 2025

Le ondate di calore hanno preso il controllo dell’estate. ONU: “Un problema di salute pubblica”

Nessun Paese al mondo è stato finora immune dalle ondate di calore, che anzi diventano sempre più intense e frequenti,. A testimoniarlo sono diversi articoli e report. Che fare? Serve diffondere reali e ampie politiche di adattamento climatico, affrontando alla radice le disuguaglianze. Ma l'UE è ancora indietro

Andrea Turco
Andrea Turco
Giornalista glocal, ha collaborato per anni con diverse testate giornalistiche siciliane per poi specializzarsi su ambiente, energia ed economia circolare. Redattore di EconomiaCircolare.com. Per l'associazione A Sud cura l'Osservatorio Eni

Ricorderemo l’estate 2025 non solo come una delle più torride della storia ma anche, se non soprattutto, per le frequenti ondate di calore. Giusto il tempo di respirare tra un’ondata di calore e l’altra, tra l’altro con ondate sempre più lunghe, e poi via verso un nuovo e asfissiante stress termico. Se non bastassero le sensazioni dei nostri corpi ora una serie di studi lo certifica. Prima di analizzarli, tuttavia, è utile fare un passo indietro. Cosa sono le ondate di calore?

Secondo l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), “un effetto del cambiamento climatico è rappresentato dall’occorrenza delle ondate di calore, episodi di caldo intenso e prolungato, la cui frequenza nei mesi più caldi della stagione estiva rappresentano un rischio, di natura cardiaca e non solo, per la salute della popolazione, soprattutto anziana e fragile, a causa dello stress a cui viene sottoposto l’organismo. L’incidenza delle ondate di calore è crescente in particolare nelle aree urbane, dove la temperatura è superiore (fino a 3 °C) quella delle aree rurali circostanti (effetto isola di calore), accentuando gli episodi di caldo intenso”.

Come spiega ancora ISPRA, “le ondate di calore vengono individuate attraverso indici rappresentativi delle condizioni estreme, come il numero di giorni estivi, il numero di notti tropicali e l’indice WSDI (Warm Spell Duration Index), che identifica proprio episodi di caldo intenso e prolungato. In Italia si è riscontrato un aumento di tutti questi indici negli ultimi 50 anni”. Dunque le ondate di calore non sono solo un’esperienza epidemiologica ma una verità scientifica. E il loro aumento, nel tempo e nell’intensità, ha notevoli impatti sulla salute. A dirlo è anche il Dipartimento della Protezione Civile che, oltre ai soliti consigli (non uscite nelle ore più calde, bevete tanta acqua), sul proprio sito fornisce una spiegazione più ampia in merito alle conseguenze a breve e medio termine.

“Periodi prolungati di condizioni meteorologiche estreme hanno infatti un impatto sulla salute maggiore rispetto a giorni isolati con le stesse condizioni metereologiche – scrive il Dipartimento della Protezione Civile –  Il caldo causa problemi alla salute nel momento in cui altera il sistema di regolazione della temperatura corporea. Normalmente il corpo si raffredda sudando, ma in certe condizioni ambientali questo meccanismo non è sufficiente.  La capacità di termoregolazione di una persona è condizionata da fattori come l’età, le condizioni di salute, l’assunzione di farmaci. I soggetti a maggiore rischio sono: persone anziane; neonati e bambini: donne in gravidanza; persone con malattie croniche; persone con disturbi psichici; persone con ridotta mobilità e/o non autosufficienti; persone ospiti in residenze sanitarie assistenziali; persone che assumono regolarmente alcuni tipi di farmaci; persone che fanno uso di alcol e droghe; persone, anche giovani, che fanno esercizio fisico; persone che svolgono un lavoro intenso all’aria aperta; persone con condizioni socio-economiche disagiate”.

Insomma: nessuno o quasi è immune dalle ondate di calore. Ecco perché serve innanzitutto diffondere conoscenza e adottare soluzioni individuali e collettive.

Leggi anche: Nell’era della crisi climatica quale sarà il futuro del turismo in Italia? Ecco quel che c’è da sapere

Dalle ondate di calore non si sfugge, da nessuna parte

Come spesso accade, la cartina di tornasole del cambiamento climatico è ciò che avviene in Europa. Il Vecchio Continente, infatti, per via delle sue condizioni geografiche e sociali è tra i luoghi più esposti. Dopo una primavera che era sembrata tutto sommato fresca – in Italia addirittura maggio era stato un mese particolarmente piovoso – a giugno si è avuta un’immediata e intensa accelerata. Il caldo torrido è proseguito praticamente senza soste per tutto il mese di luglio e si sta prolungando anche ad agosto. Già a inizio luglio, ammoniva il Bollettino climatico del Copernicus Climate Change Service, “l’Europa occidentale nel suo complesso ha registrato il suo giugno più caldo mai registrato, con una temperatura media di 20,49 gradi centigradi, superando il precedente record per il mese dal 2003 di 0,06 gradi centigradi. Due grandi ondate di calore hanno portato a stress termico molto forte in gran parte dell’Europa occidentale e meridionale, con stress termico estremo e temperature vicine ai 48 gradi in alcune parti del Portogallo. La Spagna ha sperimentato il suo giugno più caldo in 64 anni, mentre l’Inghilterra ha riportato le temperature più alte per giugno da quando sono iniziate le rilevazioni nel 1884”.

ondate 2

Negli stessi giorni un articolo scientifico pubblicato su Nature sosteneva, attraverso l’analisi statistica dei dati storici globali,  che “le ondate di calore aumenteranno sia la frequenza che la durata per via del riscaldamento globale”. Oltre all’Europa un’altra parte del mondo sotto frequente attacco delle ondate di calore, come dimostra un altro articolo pubblicato su Nature, è l’Africa, dove “le ondate di calore minacciano sempre più popolazioni ed ecosistemi” e in cui “l’intensificazione è principalmente modulata da una maggiore radiazione a onde lunghe a cielo aperto, dalla circolazione anticiclonica e dall’aumento dell’umidità atmosferica”.

In realtà nessuna parte del mondo è stata immune dalle ondate di calore in questa torrida estate 2025. Secondo un rapporto dell’Organizzazione meteorologica mondiale, “le temperature estreme hanno causato circa 489mila decessi legati al calore all’anno tra il 2000 e il 2019, con il 36% in Europa e il 45% in Asia”. Il luglio 2025 è stato il terzo luglio più caldo mai registrato, dietro a quelli del 2023 e del 2024. Non solo Paesi come Svezia e Finlandia hanno dovuto convivere nel mese trascorso con temperature per loro inusuali di 30 gradi ma anche “in Asia e temperature sono salite al di sopra della media di più in Himalaya, Cina e Giappone a luglio, con un caldo estremo che continua ad agosto”. Lo scorso 5 agosto, ad esempio, il Giappone ha fatto registrare una temperatura record di 41,8 gradi Celsius, battendo il precedente record di 41,2 gradi Celsius che era stato stabilito appena una settimana prima.

Leggi anche: L’isola che non ci sarà: Tuvalu e i visti climatici per l’Australia

Come proteggersi dalle ondate di calore

L’Organizzazione Mondiale della Meteorologia (OMM) è la massima agenzia mondiale per quel che riguarda meteo e clima, e ha sede a Ginevra. Dal 1951 è diventata l’agenzia delle Nazioni Unite in questi campi. Se anche l’OMM lancia segnali di allarmi sulle ondate di calore vuol dire che c’è davvero da preoccuparsi. “Il calore estremo a volte è chiamato killer silenzioso, ma con la scienza, i dati e le tecnologie di oggi il silenzio non è più una scusa. Ogni singola morte per calore estremo è prevenibile”, ha dichiarato il vice segretario generale dell’OMM Ko Barrett. “Questo non è solo un problema climatico, è un’emergenza di salute pubblica”.

Che fare, quindi, di fronte a ondate di calore sempre più intense e sempre più frequenti? Certamente bisogna far riferimento a ogni accorgimento individuale che, soprattutto in tv, sono frequentissimi. Ma c’è bisogno soprattutto di una prospettiva più ampia. Fondamentale in questo senso è il report del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC). Soprattutto le grandi città, specie se particolarmente cementificate come Roma e Milano, diventano invivibili nei mesi estivi.  

ondate 1

“Le ondate di calore causano un aumento del rischio di disagio, limitazioni delle funzioni e delle capacità fisiche e, in ultima analisi, anche infortuni e malattie legate al calore, come crampi da calore, colpi di calore e colpi di calore potenzialmente fatali – scrive il CMCC – Tuttavia molti Paesi, tra cui Italia, Regno Unito e Bangladesh, non hanno ancora una temperatura massima di lavoro stabilita per legge, non hanno soglie di calore applicabili e non hanno implementato politiche che proteggano i lavoratori dallo stress da calore durante le estati calde e le ondate di calore. Si prevede che i settori ad alta esposizione come l’agricoltura e l’edilizia subiranno le perdite maggiori a causa dei futuri cambiamenti climatici, con i cali previsti più elevati in Africa, Asia e Oceania. Si prevedono perdite di manodopera anche in settori a bassa esposizione, come l’industria manifatturiera e i servizi di pubblica utilità. L’aumento dei costi per le aziende in termini di mancata produzione, maggiore spesa sanitaria o copertura assicurativa sono gli impatti economici che si associano solitamente allo stress da calore sulla forza lavoro. Gli sforzi di mitigazione possono apportare benefici collaterali alla salute e all’economia globale in tutti i settori e in tutte le regioni, ma l’adattamento sarà fondamentale per proteggere le lavoratrici e i lavoratori dall’aumento dello stress da calore”.

Resta il fatto che l’adattamento climatico è, prima ancora che una pratica da implementare, un modo diverso di concepire la produzione, persino il nostro stare al mondo. Con le ondate di calore sempre più evidenti, ad esempio, prima o poi bisognerà cominciare a ragionare sul senso del lavoro nei mesi estivi, e ciò vorrà dire immaginare strumenti diversi per vivere in assenza di lavoro, come il reddito universale. Oppure, come osserva ancora il Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, si dovranno affrontare alla radice le varie disuguaglianze esistenti. Disuguaglianze che le ondate di calore accelerano, perché di fronte al caldo non tutte e tutti possono permettersi un condizionatore o un rifugio in montagna. “Partendo dalle definizioni consolidate di povertà energetica, tradizionalmente incentrate sul fabbisogno di riscaldamento, la povertà da raffreddamento estende il suo ambito di applicazione per affrontare la sfida emergente di rimanere freschi in un mondo sempre più caldo – spiega il CMCC –  Delineata per la prima volta dalla ricercatrice del CMCC Antonella Mazzone, la povertà da raffreddamento sistemica comprende lo stato della fornitura di raffreddamento disponibile per  lavori all’aperto, istruzione, salute e refrigerazione”.

Quel che è certo è che bisogna agire immediatamente. “Si prevede che i tassi di urbanizzazione in Europa aumenteranno all’84% entro il 2050, rispetto al 75% del 2020 –  si legge ancora nello studio del CMCC – Allo stesso tempo, il cambiamento climatico porterà a un aumento dello stress termico nelle aree urbane dell’UE, con ondate di calore – ora considerate il disastro naturale più mortale a livello globale, che causa centinaia di migliaia di vittime ogni anno – destinate a diventare più frequenti e gravi, in particolare negli ambienti urbani (…) Nonostante la crescente esposizione a fenomeni meteorologici estremi, in particolare alle ondate di calore nell’Europa meridionale, l’attuazione delle misure di adattamento nell’UE rimane disomogenea. Pochi Paesi dispongono di misure o meccanismi giuridicamente vincolanti per la revisione periodica delle politiche. Con l’accelerazione dei rischi climatici, è necessario intervenire per rafforzare le politiche, migliorare il coordinamento e proteggere i gruppi vulnerabili. Un’attuazione più rapida è essenziale per rafforzare la resilienza nelle città, negli ecosistemi e nella salute pubblica”.

E, forse, specie in Italia bisognerà immaginare una decongestione delle città, attraverso una pianificazione programmata nelle migliaia di paesi sparsi tra le colline e le montagne. Per fare in modo che non si tratti di un assalto alla ricerca di un po’ di refrigerio ma di una vera e propria rinascita. Servirebbe però lungimiranza, un fattore che in uno degli Stati con la popolazione più anziana appare un’utopia. La speranza è di essere smentiti, prima o poi. 

Leggi anche: Planetary boundaries, le politiche climatiche da sole non bastano

© Riproduzione riservata

spot_img

POTREBBE INTERESSARTI

Ultime notizie