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giovedì, Novembre 14, 2024

Plenitude è davvero la versione green di Eni? Intervista al professore Alberto Clô

Negli scorsi giorni i media e i festival musicali sono stati inondati dalla campagna pubblicitaria di Plenitude e dal cane a sei zampe di colore verde. Come leggere la nuova società di Eni? Ne abbiamo parlato con il professore Alberto Clô, esperto delle politiche energetiche italiane

Andrea Turco
Andrea Turco
Giornalista freelance. Ha collaborato per anni con diverse testate giornalistiche siciliane - I Quaderni de L’Ora, radio100passi, Palermo Repubblica, MeridioNews - e nazionali. Nel 2014 ha pubblicato il libro inchiesta “Fate il loro gioco, la Sicilia dell’azzardo” e nel 2018 l'ibrido narrativo “La città a sei zampe”, che racconta la chiusura della raffineria di Gela da parte dell’Eni. Si occupa prevalentemente di ambiente e temi sociali.

Plenitude è ovunque. Dal lancio della campagna pubblicitaria della nuova creatura di Eni, sorta dalle ceneri di Eni gas e luce, è appena passato un mese. Eppure la presenza del cane a sei zampe, ritinteggiato di verde per l’occasione a simboleggiare le intenzioni green, resta pervasiva sui media. Lo spot magniloquente di Eni, che addirittura cita il quadro La primavera di Botticelli, ha inondato tv e giornali e social.

Allo stesso modo il cane a sei zampe in versione verde ha finanziato alcuni dei maggiori festival musicali in tutta Europa, parlando di sostenibilità ed energie rinnovabili – da Sanremo al Primavera Sound di Barcellona fino al prossimo Firenze Rocks. Mentre il 9 giugno la società ha annunciato che a breve lancerà un’offerta pubblica iniziale (tecnicamente si chiama “IPO) per la quotazione delle proprie azioni ordinarie su Euronext Milan, il mercato regolamentato organizzato e gestito dalla Borsa. Plenitude, insomma, entra sul mercato, con l’obiettivo di intercettare soprattutto la crescente attenzione verso la finanza sostenibile e i fondi ESG.

Ma cos’è esattamente Plenitude? È una società controllata al 100% da Eni, che integra la generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili, la vendita di energia elettrica, gas e soluzioni energetiche a famiglie e imprese e un network europeo di punti di ricarica per veicoli elettrici. In un periodo storico in cui le fonti fossili non accennano a diminuire la loro centralità nei sistemi energetici (si veda il caso del REPowerEU), come interpretare la scelta della maggiore azienda fossile italiana? Lungimirante o strumentale? Greenwashing o cambio di paradigma?

Per capire il senso dell’operazione abbiamo chiesto una mano ad Alberto Clô: economista e accademico, direttore responsabile dal 1984 di Rivista Energia, ex consigliere indipendente di Eni ed ex ministro dell’industria nel governo Dini, il professore Clô è uno dei più attenti e preparati osservatori delle politiche energetiche italiane.

Leggi anche: Le pressioni di Eni e delle altre aziende fossili sul REPowerEU

A leggere gli annunci e le comunicazioni interne di Eni, la nuova società Plenitude rappresenta “uno dei passi strategici verso l’azzeramento delle emissioni di gas serra Scope 3 associate ai nostri clienti retail”. Pare dunque che più aprirsi realmente alle rinnovabili si punterà a offrire prodotti decarbonizzati. Lei come giudica questa operazione?

Eni deve rispondere delle sue strategie e del suo operato agli azionisti, ad iniziare da quelli che ne detengono il controllo, come a una pluralità di altri stakeholder: investitori istituzionali, territori, organismi internazionali, ad iniziare dall’Unione Europea col suo European Green Deal. Mentre la regolazione ambientale sulla sua attività si fa sempre più stringente. A Eni, come alle altre compagnie petrolifere, è richiesto da questi soggetti di accrescere il suo impegno nell’energia green destinandovi parte degli investimenti scegliendoli in modo selettivo cercando di non penalizzare il tasso di redditività del gruppo. Ritengo che Eni abbia scelto quelli che meglio rispettano questi criteri. Lo sviluppo degli investimenti nelle rinnovabili ha conosciuto nell’ultimo triennio una forte crescita: con una potenza elettrica aumentata di 6,5 volte e 1,1 GW nel 2021 e della produzione elettrica addirittura di 16 volte a circa 1 miliardo di Kwh.

Sempre dai documenti Eni, si apprende che l’azienda punta a installare 15 gigawatt di rinnovabili al 2030 e 45 gw al 2050. Se facciamo il confronto con Enel, che al 2021 ha installato già 54 gw di rinnovabili, il cane a sei zampe ne esce con le ossa rotte, dimostrando di essere molto più “indietro” rispetto alla “sorella”. Oppure, in un’ottica di sinergia e di diversificazione energetica, è comprensibile che Eni continui a restare una compagnia di petrolio e gas?

Il confronto tra le due aziende è assolutamente improprio; perché il loro core business è totalmente diverso. L’obiettivo di Eni di aumentare di poco meno di 15 volte la sua potenza rinnovabile mi sembra di gran rilievo; mentre non so se possa dirsi altrettanto per Enel. Quanto al fatto se Eni debba restare una compagnia petrolifera la risposta sta nei fatti drammatici di questi giorni. Se Eni non avesse le disponibilità di gas che può vantare e non avesse mantenuto e sviluppato rapporti privilegiati con diversi paesi esportatori (Algeria, Egitto, Congo, Angola) non vi sarebbe nessuna possibilità di svincolarci del gas russo. Anzi, Eni deve semmai crescere nel suo business tradizionale.

In questi mesi lei non ha fatto mistero di essere piuttosto scettico sulla strategia del governo, che si è appoggiata a Eni, di provare ad avere nell’immediato nuovo gas da altri fornitori, così da sostituire quello russo. Questa rinnovata sinergia tra governo e cane a sei zampe, secondo lei, avvantaggerà allora l’azienda nel medio e lungo termine?

Non sono scettico sulla strategia del governo ma sulla narrazione e le conclusioni che se ne traggono. Chiunque segua le vicende energetiche sa perfettamente che di capacità inutilizzata di gas (anche liquefatto) e di petrolio in giro per il mondo non ve ne è. Le possibilità di sostituire il gas russo – cosa assolutamente doverosa – sono nel breve termine assolutamente esigue. Mentre i metri cubi provenienti dal Congo e dall’Angola richiederanno diversi anni per giungere nel nostro Paese. Ho sempre sostenuto che Eni è un’impresa strategica per il nostro paese e il ruolo che oggi va svolgendo lo riconosce ampiamente. Le rinnovabili elettriche sono e saranno sempre più importanti ma gas e petrolio lo sono e lo saranno molto di più.

Leggi anche: “Se l’Europa vuole derussificare il gas serve una politica energetica comune”. Intervista all’esperto Massimo Nicolazzi

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