mercoledì, Dicembre 3, 2025

Si ferma il riciclo della plastica. “A rischio paralisi la raccolta differenziata”

Assorimap, l’associazione che rappresenta la maggioranza dei riciclatori: “Le misure urgenti che abbiamo chiesto non sono arrivate. Siamo costretti a fermarci finché il Governo non interviene sulla crisi”. Tavolo sull'emergenza riconvocato per il 25 novembre prossimo.

Daniele Di Stefano
Daniele Di Stefano
Giornalista ambientale, redattore di EconomiaCircolare.com e socio della cooperativa Editrice Circolare

La crisi del riciclo della plastica arriva dove nessuno avrebbe voluto arrivasse: allo stop degli impianti. Che potrebbe mettere a rischio la stessa raccolta dei rifiuti. Mostrando con ogni evidenza ciò che era chiaro fin da subito. Il mutato scenario economico mette in grave difficoltà le imprese, ma questa difficoltà, se non affrontata, diventa una crisi nazionale che rischia di intaccare un’infrastruttura strategica: quella dei riciclo della plastica e della raccolta dei rifiuti.

A sancire il salto di scala della crisi, una nota stampa di Assorimap, l’Associazione nazionale riciclatori e rigeneratori di materie plastiche che rappresenta il 90% della filiera con una capacità installata di riciclo di 1,8 milioni di tonnellate l’anno. “Viste le mancate misure urgenti per salvare il comparto, l’industria privata del riciclo, dopo anni di sopravvivenza, si arrende: da oggi fermiamo gli impianti” afferma il presidente dall’associazione, Walter Regis: “Lo facciamo con senso di responsabilità, consapevoli delle ripercussioni sull’intero Paese, ma continuare a produrre con perdite insostenibili, è ormai impossibile”.

Walter Regis Assorimap riciclo plastica
Walter Regis, presidente Assorimap. Foto: Assorimap

Ma quando un anello della filiera si blocca, paralizza anche tutto il resto. “Il blocco degli impianti di riciclo privati – spiega la nota Assorimap – porterà a un effetto domino immediato, paralizzando il sistema nazionale dei rifiuti”. Chiarisce ancora Regis: “I piazzali dei centri di stoccaggio e di selezione sono già stracarichi e ai limiti autorizzativi previsti. Se noi riciclatori smettiamo del tutto di processare i lotti, il sistema di selezione si bloccherà nel giro di qualche settimana. A quel punto, non ci sarà più spazio per conferire la plastica raccolta in modo differenziato dai cittadini”.

 

A fronte dello stop degli impianti, poche ore dopo l’annuncio di Assorimap, il Ministero dell’ambiente riconvoca il tavolo sull’emergenza per il pomeriggio del 25 novembre prossimo.

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Gli avvertimenti

Le imprese, non solo italiane, inviano segnali da tempo. “È preoccupante il fatto che nel 2023 si sia registrata la crescita più lenta degli ultimi anni della capacità di riciclaggio e un‘impennata di chiusure di impianti negli Stati membri”, si legge in una lettera datata 4 settembre e indirizzata alla Commissione europea da 28 associazioni che rappresentano le imprese della filiera, dalla produzione di polimeri alla trasformazione al riciclo (da Plastics Europe a Fead a EuRIC a Vynil plus da Amaplast ad Assorimap). Che annunciavano uno scenario molto cupo, di cui oggi vediamo un assaggio: “Entro la fine dell’anno, si prevede la chiusura di impianti di riciclo per una capacità di quasi 1 milione di tonnellate” (che equivale a più della metà della capacità italiana).

 “L’industria italiana dei riciclo della plastica non è più in condizione di proseguire le attività”, scriveva il 17 settembre Assorimap al ministro dell’ambiente Gilberto Pichetto Fratin sottolineando la mancanza di sostegno in un periodo prolungato di crisi, “a differenza di quello che accade in altre Paesi – come Francia e Spagna”.

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I motivi della crisi

Quali sono le cause di questa crisi? Le associazioni europee additano “l’impennata dei costi energetici, l’incertezza giuridica, la frammentazione normativa e l’intensificarsi della concorrenza globale”. Col rischio sempre più realistico della “deindustrializzazione” e di “chiusure effettive e spesso irreversibili di siti e altre gravi implicazioni per la leadership europea nella circolarità e la creazione di posti di lavoro verdi”. Perché perdere capacità di riciclo vuol dire anche mancare gli obiettivi del Green Deal europeo.

I costi energetici sono una zavorra enorme, ma rappresentano solo un pezzo del problema. Per i materiali riciclati vale il discorso di sempre, quello che governa le transazioni economiche: i valori di mercato. Che però non tengono conto degli impatti ambientali. “Purtroppo i costi per fare un prodotto riciclato oggi sono superiori rispetto al vergine, sia nazionale che globale”, ha raccontato Regis a EconomiaCircolare.com. Con un esempio: il “PET clear”, Polietilene Tereftalato caratterizzato da elevata trasparenza, usato per imballaggi alimentari, applicazioni industriali e altri articoli.  “Oggi il pet clear, che è un materiale che va per la maggiore, lo troviamo in Italia a un costo di 7-800 euro a tonnellata. Anche 500 se lo importi dall’Asia. Il PET riciclato ne costa invece 1.400-1.500. Questo è forse il caso più clamoroso, ma lo stesso vale per tutti i polimeri”. A fronte di valori del genere, affermano le imprese, non ci sono alternative a mettere in campo iniziative di sostengo.

Secondo l’associazione, infatti, i dati sul tracollo del settore sono “incontrovertibili: utili di esercizio crollati dell’87% dal 2021, passando da 150 milioni di euro a soli 7 milioni nel 2023, con una proiezione verso lo zero per il 2025. Il fatturato delle aziende, dal 2022, ha perso il 30%. Una crisi condivisa da tutta la filiera, stretta tra i costi dell’energia – i più alti d’Europa – e la concorrenza insostenibile delle importazioni extra-Ue di plastica vergine e riciclata a prezzi stracciati”.

riciclo plastica 2

Ministeri in campo, ma senza successo

Di fronte agli appelli delle imprese, l’esecutivo si è mosso, con due incontri: uno al Ministero dell’ambiente (MASE), l’8 ottobre (in parallelo sempre al MASE era stato convocato anche un tavolo per la crisi della raccolta dei rifiuti tessili, per la quale c’è da augurarsi una soluzione diversa); l’altro al Ministero delle imprese e del made in Italy (MIMIT). Ma secondo Assorimap questi tavoli per l’emergenza non sono serviti ad attivare gli interventi necessari per salvare il comparto.

“Sono passati quasi due mesi dall’ultimo appello al ministro Pichetto Fratin e più di un mese dal tavolo convocato dal ministero dell’Ambiente con la promessa di una nuova convocazione operativa entro i primi di novembre, che ad oggi non è avvenuta – ricorda Regis –. Quello che denunciavamo a ottobre non era un vano avvertimento, come non lo è questo annuncio di stop degli impianti. Siamo di fronte a un’emergenza nazionale che non possiamo affrontare da soli”. 

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Le proposte di Assorimap

 Le soluzioni proposte da Assorimap al Ministero dell’ambiente per superare la crisi, partono dalla richiesta di anticipo al 2027 dell’obbligatorietà del contenuto di plastica riciclata negli imballaggi e spaziano dal riconoscimento dei crediti di carbonio per chi produce materia prima seconda sino ad arrivare all’estensione dei certificati bianchi, passando per maggiori controlli sulla tracciabilità delle importazioni fino ad arrivare a sanzioni efficaci. “Salvare la filiera del riciclo meccanico made in Italy è essenziale per la transizione ecologica e l’autonomia strategica del Paese – conclude Regis – Ma servono fatti, e servono subito, perché non possiamo assumerci l’onere della gestione dei rifiuti in plastica di un intero paese” (più dettagli anche qui).

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