mercoledì, Novembre 5, 2025

Sospensione delle tariffe e Fondo transizione: al MASE le proposte delle imprese conto la crisi dei rifiuti tessili

ANIIU, Assoambiente, Cisambiente Confindustria, Confcooperative Federsolidarietà, Retessile e Unirau-Ariu e poi Corertrex, presenti al ministero dell’Ambiente per il tavolo sui rifiuti tessili dell’11 settembre scorso, presentano le proprie proposte

Daniele Di Stefano
Daniele Di Stefano
Giornalista ambientale, redattore di EconomiaCircolare.com e socio della cooperativa Editrice Circolare

La prima notizia è che il documento arrivato al ministero dell’Ambiente dalle associazioni coinvolte per trovare una soluzione alla crisi dei rifiuti tessili è un testo condiviso praticamente da tutti i presenti all’incontro dall’11 settembre scorso. Dentro ci sono le proposte fatte da ANIIU, Assoambiente, Cisambiente Confindustria, Confcooperative Federsolidarietà, Retessile e Unirau-Ariu che vanno dalla sospensione delle tariffe che i raccoglitori versano (ormai in perdita) ai Comuni per gestire la raccolta all’istituzione di un “Fondo per la transizione” all’obbligo per le stazioni appaltanti di indire nuove gare laddove non lo abbiamo già fatto. Il veicolo per queste iniziative, secondo i firmatari, dovrebbe essere la futura legge di Bilancio (oggi in Consiglio dei ministri). E poi, ma questa è la prima richiesta ad essere avanzata, arrivare prima possibile all’entrata in vigore del sistema di responsabilità estesa del produttore (EPR).

Questi i dettagli.

Introduzione tempestiva dell’EPR

Dei motivi della crisi che colpisce le imprese di raccolta e cernita dei rifiuti tessili abbiamo scritto (aumento dei volumi raccolti, drastico crollo del valore dell’usato legato a tensioni geopolitiche e, soprattutto, al super fast fashion asiatico). Al tavolo avviato al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE) su richiesta delle imprese i presenti hanno illustrato cause e conseguenze di questa crisi (“in assenza di un adeguato e tempestivo intervento, molte imprese rischiano di trovarsi a breve nella condizione di dover chiudere o cedere il ramo di attività”). E hanno fatto le loro proposte e richieste per venirne fuori, sintetizzate poi nel documento congiunto inviato al capo dipartimento per lo sviluppo sostenibile del MASE, Laura D’Aprile, e al direttore generale per l’economia circolare e le bonifiche, Luca Proietti.

La prima, come accennato, riguarda l’EPR. ANIIU, Assoambiente, Cisambiente Confindustria, Confcooperative Federsolidarietà, Retessile e Unirau-Ariu “ritengono determinante procedere tempestivamente con l’introduzione di un sistema obbligatorio di Responsabilità Estesa del Produttore (EPR) per i prodotti tessili”, si legge. Le associazioni ricordano come proprio l’EPR, laddove già in piedi (in Francia e in Olanda) abbia consentito forme tempestive di soccorso: nei due paesi infatti “sono state attivate misure di sostegno economico che consentono di garantire l’equilibrio finanziario della filiera”. Un bene per le imprese locali, un male per quelle di altri paesi del mercato comune, come già segnalavamo, visto che i fondi giustamente elargiti alle imprese francesi e olandesi stanno creando a quelle italiane “problemi di concorrenza asimmetrica”.

Perché parlare prima della responsabilità estesa del produttore invece di partire dalle soluzioni immediate? In parte perché queste soluzioni, come vedremo, guardano già all’EPR (per inciso, i firmatari “apprezzano il lavoro svolto dal MASE per la definizione di uno schema di Decreto che ne concretizza l’attuazione in Italia”). E poi perché i firmatari sono ben consapevoli che è “necessario adottare soluzioni che mirino non solo alla resilienza economica immediata della filiera, ma anche alla costruzione di un ecosistema circolare italiano robusto e autonomo”. Per questo ritengono “cruciale agire con tempestività, anticipando le dinamiche future e trasformando questa crisi in un’opportunità strategica per il Paese”.

 Ma in attesa dell’EPR (il documento cita anche il regolamento ecodesign) servono norme-ponte. Solo “intervenendo ora con un supporto mirato e temporaneo, il Ministero può garantire la sopravvivenza di una filiera vitale e la continuità di un servizio pubblico fondamentale”. Servono misure urgenti da attivare già nella prossima Legge di Bilancio.

Le racconto nell’ordine proposto dai firmatari.

Leggi anche: Nuove norme UE per ridurre i rifiuti tessili e alimentari

Sospensione delle tariffe comunali

Chi raccoglie i rifiuti tessili nei comuni italiani spesso si aggiudica il bando di gara in cambio di un contributo che affianca i servizi offerti. Se in tempi ordinari il costo di questo contributo viene compensato dalla vendita dei beni raccolti, oggi non è più così. E allora le associazioni chiedono “la sospensione del versamento dei contributi o delle tariffe che gli operatori della raccolta del tessile devono attualmente versare per la gestione del servizio di raccolta dei rifiuti tessili urbani”.

Un fondo nazionale per la transizione

Bisogna evitare che l’infrastruttura nazionale della raccolta e selezione dei rifiuti tessili – perfettibile ma capillare ed operativa – perda pezzi, con conseguenze negative per i cittadini, per le imprese (raccoglitori, selezionatori e riciclatori, ma anche per i distretti industriali nazionali che di tessuto riciclato hanno e avranno sempre più bisogno) e quindi per il Paese. Per farlo i firmatari del documento propongono l’istituzione di un “Fondo Nazionale per la transizione della gestione dei rifiuti tessili” gestito dal ministero dell’Ambiente.

Quanti soldi dovrebbero andare in questo fondo? Il calcolo, fatto dalle imprese partendo dall’esempio della Francia e dai dati ISPRA (contributo di 228 €/tonnellata per 180.000 tonnellate/anno di raccolta differenziata della frazione tessile dei rifiuti urbani) porta a 40,5 milioni di euro per il 2026.

Chi metterebbe questi soldi? Due le ipotesi. La prima, che dà il titolo al paragrafo del documento dedicato a questo argomento, è l’anticipo in via transitoria degli eco-contributi legati alla responsabilità estesa del produttore: “Un contributo ambientale minimo applicabile dai sistemi EPR già costituiti su base volontaria, per alimentare un fondo per il sostegno degli operatori della raccolta e della selezione”. La seconda opzione prevede che ad anticipare siano non le aziende produttrici ma lo stato, tramite credito d’imposta a raccoglitori e selezionatori. Si tratterebbe di un anticipo “da recuperare pro quota dai consorzi di produttori nelle annualità successive all’entrata in vigore del regime EPR”.  

Leggi anche: Crisi rifiuti tessili, Coretex: “Dal tavolo al MASE attendiamo soluzioni, o rischiamo lo sciopero”

Nuove gare per il servizio di raccolta

Sempre la legge di Bilancio potrebbe accogliere una norma per fare un reset dei contratti di raccolta. Un reset obbligatorio. In tutti i casi in cui l’affidamento del servizio non abbia tenuto conto delle nuove condizioni di mercato, comuni o stazioni appaltanti entro 60 giorni “devono esperire nuove gare per l’affidamento del servizio che tengano conto della mutata situazione”.

Sarà necessario inoltre “ricorrere a un nuovo modello per le gare d’appalto a livello locale”. A guidare l’assegnazione dovrebbe essere non più il “massimo rialzo” dell’offerta economica fatta dalle imprese per aggiudicarsi il servizio, bensì un “ribasso ritenuto congruo” (al netto, ovviamente, della qualità e tracciabilità)

Agevolazioni sulla gestione dei rifiuti

Gli scarti della selezione tessile, una quota sempre maggiore a causa dell’aumento della raccolta e del peso crescente di fast e ultra fast fashion, finiscono in discarica o inceneritore, a costi divenuti troppo alti nell’economia del servizio. Gli operatori chiedono quindi tariffe analoghe a quelle applicate agli enti pubblici (“la raccolta differenziata è, dopo tutto, un servizio pubblico”) per alleggerire il peso economico della frazione non valorizzabile.

Leggi anche lo Speciale EPR per i rifiuti tessili

Endorsement istituzionale

Al ministero viene chiesto anche di spalleggiare le imprese in crisi attraverso “una comunicazione ufficiale rivolta a tutte le stazioni appaltanti, comuni e utilities” per illustrare lo stato dell’arte e “le difficoltà oggettive” degli operatori. Obiettivo della comunicazione dovrebbe essere la sensibilizzazione degli enti locali, l’apertura di tavoli di confronto in vista delle nuove gare d’appalto,

Informazione sul corretto conferimento dei rifiuti

“Istruzioni chiare sulle corrette modalità di raccolta differenziata dei tessili possono avere il potenziale di ridurre direttamente i costi e migliorare le prestazioni del sistema”. Anche per questo motivo è necessario, secondo le associazioni, “ottimizzare la raccolta differenziata attraverso la sensibilizzazione dei cittadini”. Che andrebbero informati meglio sul corretto conferimento “al fine di ridurre i rischi di contaminazione”.

Una pausa all’aumento della raccolta

Spingere ora l’acceleratore sulla raccolta differenziata dei tessili avrebbe un perverso effetto paradosso, nuova benzina sul fuoco della crisi che non farebbe che allontanare gli obiettivi di circolarità. Ecco allora che secondo le imprese “è essenziale stabilire innanzitutto schemi EPR che forniscano il necessario supporto finanziario e operativo, prima di applicare obiettivi di raccolta troppo ambiziosi”.

Un tavolo permanente che accompagni verso l’EPR

Oltre alle misure economiche, le associazioni propongono l’istituzione di un “Tavolo tecnico-istituzionale permanente”, con riunioni trimestrali e presenza di tutti gli attori della filiera. Scopo: monitorare gli strumenti, condividere dati, risolvere criticità in tempo reale e accompagnare l’avvio dell’EPR evitando “interruzioni del servizio”.

Leggi anche: Crisi del riciclo della plastica, ieri al MASE incontro interlocutorio di coordinamento

Le proposte Corertex

Accanto alle proposte di ANIIU, Assoambiente, Cisambiente Confindustria, Confcooperative Federsolidarietà, Retessile e Unirau-Ariu anche Corertex, il Consorzio pratese per il riciclo e riuso del tessile, presente al tavolo dell’11 settembre scorso, ha presentato un proprio documento con possibili soluzioni. Che in parte coincidono con quelle illustrate su: dal contributo temporaneo (35 centesimi/kg da spalmare tra raccolta, cernita, riciclo) alla riduzione dei costi di gestione degli scarti alle campagna di sensibilizzazione. In parte arricchiscono la proposta delle associazioni. Proponendo ad esempio un regima IVA agevolato al 5%, come quello oggi applicato a servizi sociali ed educativi. E poi, seguendo il rinculo del libero mercato globale, dazi: “Sarebbe auspicabile introdurre dazi significativi per arginare il problema delle importazioni del super fast fashion, utili a scoraggiare il consumo non sostenibile e non riciclabile di questa tipologia di prodotti”, scriva Corertex. Che ipotizza la reintroduzione della tassazione europea sui piccoli pacchetti in arrivo dalle piattaforme on line.

Dal ministero, intanto, non ci sono ancora notizie sulla prossima convocazione del tavolo.

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