Siamo in periodi di vacanza e tra i temi che riemergono (purtroppo sempre troppo temporalmente circostanziati) vi sono quelli del turismo eccessivo, o dell’overtourism, e della depredazione dei luoghi di villeggiatura. Tutto ciò mette in evidenza il fatto che il turismo sostenibile si affermi come una necessità di scelta sempre più diffusa, ampliando il proprio raggio di azione. L’attenzione del viaggiatore consapevole si deve infatti estendere oltre i classici temi dei trasporti e degli alloggi, per arrivare, ad esempio, al cuore dell’esperienza culturale: la tavola.
Le scelte alimentari che facciamo in viaggio sono infatti un tassello fondamentale di un’esperienza turistica autentica e responsabile, un punto d’incontro dove le decisioni del viaggiatore e l’impegno del ristoratore si fondono per generare un impatto positivo e duraturo.
L’ecoturismo e l’economia circolare condividono un obiettivo comune: creare valore rigenerando i sistemi naturali e sociali. Quando questi principi si applicano alla ristorazione, il cibo diventa il protagonista di un ciclo virtuoso che lega agricoltori, allevatori, ristoratori, turisti e comunità locali.
Ma come si costruisce, concretamente, questo ciclo virtuoso? La responsabilità è condivisa e l’efficacia del sistema dipende da un impegno complementare. Da una parte c’è il ristoratore, che ha il potere e l’opportunità di plasmare un’offerta gastronomica sostenibile. Dall’altra c’è il turista, che con le sue scelte può premiare le pratiche virtuose e diventare un alleato attivo del territorio.
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Il punto di vista del turista: un viaggio nel gusto che nutre il territorio
Il turista consapevole detiene il potere più grande: quello della scelta. Ogni pasto consumato in viaggio può diventare un’occasione per “votare con la forchetta”, supportando un modello di sviluppo che arricchisce il territorio invece di consumarlo. Allo stesso tempo, può essere un’opportunità per entrare in contatto autentico con la destinazione, vivendo esperienze culinarie che riflettono la cultura e le tradizioni del luogo. Questa ricerca di autenticità va oltre il semplice sapore.
Come riconoscere un ristorante virtuoso
Il primo passo è informarsi. Prima di prenotare, vale la pena dedicare qualche minuto a una piccola ricerca. Un ristorante impegnato nella sostenibilità spesso lo comunica con orgoglio sul proprio sito web o sui social media, menzionando i propri fornitori o la filosofia a “chilometro zero”. Durante il viaggio, è utile prediligere agriturismi, osterie a conduzione familiare e mercati contadini. Leggere il menù con occhio critico è fondamentale: la presenza di prodotti palesemente fuori stagione (come i pomodori a dicembre) è un campanello d’allarme. La vera eccellenza si nasconde nella semplicità e nella coerenza con il calendario della natura.
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Il valore dei sapori autentici e stagionali
Una volta seduti a tavola, il modo migliore per nutrire il territorio è “assaggiarlo”. Ordinare piatti della tradizione locale, preparati con ingredienti di stagione, è un atto culturale che premia la sapienza agricola del luogo e contribuisce a preservarla.
È un’occasione per scoprire la ricchezza delle cucine regionali, spesso basate su legumi, cereali e verdure, che hanno un impatto ambientale inferiore. Chiedere al personale la storia di un piatto o l’origine di un ingrediente non è invadenza, ma un gesto di interesse che valorizza il loro lavoro e arricchisce la propria esperienza.
Sostegno all’economia locale
Quando un turista sceglie di consumare prodotti locali, il suo denaro va a sostenere direttamente agricoltori, allevatori, artigiani e piccole imprese del territorio. Questo contribuisce a creare e mantenere posti di lavoro, contrastando lo spopolamento delle aree rurali e rafforzando il tessuto sociale della comunità che lo ospita. Acquistare locale significa investire nella prosperità del luogo che si visita.
Piccole abitudini, grande impatto positivo
La sostenibilità si costruisce anche con piccoli gesti quotidiani. Al ristorante, è importante ordinare in modo consapevole, commisurando le quantità al proprio appetito per evitare sprechi. E se qualcosa avanza, non bisogna avere alcuna esitazione a chiedere di portarlo via: approfittare della cosiddetta “doggy bag” è un segno di intelligenza e di rispetto per il cibo e per chi lo ha prodotto. Preferire, poi, l’acqua in caraffa a quella in bottiglia aiuta a ridurre il consumo di plastica. Questi comportamenti, apparentemente minori, se adottati collettivamente, possono generare un impatto molto positivo.
Il punto di vista del ristoratore: ambasciatore del territorio e dell’innovazione
Il ristoratore moderno non è più “solo” un cuoco o un imprenditore, ma un vero e proprio ambasciatore, anello di congiunzione tra la terra che lo ospita e la tavola del proprio locale, che diventa un palcoscenico su cui il territorio si racconta e l’innovazione prende forma: dalla scelta dei produttori che definisce l’identità del menù, alla creatività che nobilita ogni ingrediente per combattere lo spreco, fino alla gestione sostenibile di ogni risorsa correlata al proprio locale.

La filiera corta come manifesto
Essere un ambasciatore significa innanzitutto scegliere da chi farsi rappresentare. Per un ristoratore, questo si traduce nella costruzione di una rete solida con i produttori locali: agricoltori, allevatori, casari e vignaioli che lavorano nel rispetto della terra e delle tradizioni. Privilegiare il “chilometro zero” e la stagionalità non è solo una garanzia di freschezza e qualità organolettica, ma una dichiarazione d’intenti. Significa sostenere l’economia della propria comunità, custodire la biodiversità agricola e offrire al turista un’esperienza gastronomica che ha radici profonde.
La creatività contro lo spreco
L’innovazione più grande in cucina nasce spesso da una necessità: quella di non sprecare nulla. Un ristoratore lungimirante trasforma questo principio in un’opportunità creativa. Adotta filosofie come “dal naso alla coda” (nose-to-tail) per le carni e “dalla radice alla foglia” (root-to-leaf) per le verdure, trasformando le parti meno nobili in ingredienti sorprendenti. Un menù dinamico, che cambia in base alla disponibilità del giorno, permette di valorizzare ogni prodotto al massimo del suo potenziale. Inoltre, azioni concrete come offrire porzioni di diverse dimensioni, monitorare attentamente il cibo non consumato e promuovere attivamente l’asporto degli avanzi educano la clientela a un consumo più giusto e rispettoso.
Un ecosistema sostenibile, dalla cantina al tetto
L’impegno di un ristoratore non si esaurisce in cucina. L’attenzione alle tematiche ambientali si manifesta in un approccio olistico che abbraccia ogni aspetto del locale. Questo include l’eliminazione della plastica monouso, la scelta di fonti di energia rinnovabile, l’installazione di sistemi per il risparmio idrico, l’utilizzo di arredi realizzati con materiali riciclati o di recupero e una gestione impeccabile della raccolta differenziata e del compostaggio. Comunicare queste scelte in modo trasparente non è solo marketing, ma un modo per costruire un rapporto di fiducia con il cliente, rendendolo partecipe di un progetto coerente e autenticamente sostenibile.

Un futuro condiviso
L’enogastronomia circolare è il punto d’incontro dove le buone pratiche dei ristoratori si fondono con le scelte consapevoli dei turisti. In questo dialogo, il cibo smette di essere solo un prodotto e diventa il simbolo di un’alleanza per un futuro più sano, un’esperienza di viaggio più autentica e un pianeta più rispettato.
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