Questa è un’obiezione geopolitica ed economica. È vero che la Cina domina oggi la filiera produttiva del fotovoltaico, ma paragonare questa situazione alla dipendenza dai combustibili fossili è un errore concettuale profondo.
La dipendenza dai combustibili fossili (gas, petrolio) è una dipendenza perpetua e di flusso. Per avere energia, bisogna continuamente importare e bruciare la materia prima. Se il rubinetto si chiude, l’energia si ferma. La dipendenza dai pannelli solari è una dipendenza di stock e tecnologica. Una volta acquistato e installato, un pannello produce energia per 30 anni usando una risorsa gratuita, locale e inesauribile: il sole. L’investimento iniziale si trasforma in indipendenza energetica per decenni.
Inoltre, la concentrazione produttiva in Cina è una situazione congiunturale, non un destino inevitabile (non esistono i “pozzi” di fotovoltaico). Consapevoli di questo rischio strategico, Europa e Stati Uniti hanno già lanciato imponenti piani per ricostruire una filiera produttiva locale (reshoring). L’EU Solar Energy Strategy, parte del piano REPowerEU, mira a raggiungere 30 GW di capacità produttiva europea lungo tutta la catena del valore entro il 2030. Stanno nascendo nuove fabbriche (le “Gigafactory” del solare) anche in Italia. Diversificare la produzione è una priorità politica ed economica globale.
Leggi anche: Perché per l’Unione Europea è così difficile uscire dalla dipendenza dal gas russo
© Riproduzione riservata



