Siamo oneste: chi legge EconomiaCircolare.com sa già che la carta regalo patinata non va nel macero e che le luci LED sono d’obbligo. I “fondamentali” – salvo che non siate finiti sul nostro sito per una pura casualità – li abbiamo acquisiti. Mentre il mondo corre verso la transizione ecologica, il Natale rischia di rimanere ancorato ad un consumismo lineare, solo leggermente “verdiato” (greenwashed).
Per fare un vero salto di qualità, dobbiamo smettere di pensare al Natale come ad una parentesi di consumo sfrenato ed iniziare a considerarlo un acceleratore di pratiche circolari. Non si tratta più solo di cosa compriamo, ma di come ci relazioniamo agli oggetti, al tempo e alle persone. Ecco 5 trend e pratiche radicali per un Natale ecosistemico.
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Il regalo come “accesso”: la fine della proprietà e la servitizzazione
Il concetto di possesso è profondamente radicato nella tradizione natalizia: l’atto di scartare un oggetto trasforma l’oggetto in “cosa mia”. Tuttavia, l’economia circolare ci insegna che il valore risiede nell’utilizzo, non nella proprietà: regalare un oggetto che verrà utilizzato sporadicamente (il famoso trapano usato in media poche decine di minuti nella sua intera vita utile) è uno spreco di risorse, spazio e denaro.

La vera innovazione quest’anno potrebbe essere spostarsi verso la servitizzazione (Product-as-a-Service). Dobbiamo quindi regalare la funzione dell’oggetto e non il bene stesso, meglio ancora (laddove possibile) se si riesce a supportare realtà locali (sfida difficile ma non impossibile). Questo approccio riduce drasticamente l’estrazione di materie prime, incentiva la produzione di beni durevoli e riparabili da parte delle aziende e libera i nostri spazi domestici dall’accumulo seriale. Regalare “accesso” significa regalare libertà dal peso materiale delle cose, offrendo esperienze di alta qualità senza l’onere della manutenzione e dello smaltimento finale.
Qualche esempio pratico?
- Abbonamento alla “Library of Things”: iscrivete amici e parenti a una Biblioteca degli Oggetti (realtà come Leila a Bologna, ATiPCO di Conegliano). È un passepartout per prendere in prestito centinaia di strumenti (trapani, macchine per la pasta, proiettori, tende da campeggio) solo quando servono, promuovendo la condivisione di quartiere;
- Noleggio di lusso (fashion renting): per chi ama la moda o per chi ha in programma qualche cerimonia durante l’anno, regalate gift card presso negozi che affittano abiti o per piattaforme di noleggio (come DressYouCan, Drexcode o Hervé). Un’idea del genere permette di indossare capi di alta sartoria per le feste senza l’impatto ambientale della produzione del nuovo;
- Voucher per la riparazione: un regalo provocatorio, ma utilissimo, è una gift card prepagata presso la sartoria locale, il calzolaio o un centro di riparazione elettronica. State regalando una “seconda vita” all’oggetto preferito del destinatario (quello stivale comodo ma rotto lasciato in soffitta, quella giacca con la cerniera guasta che il vostro amico o amica per pigrizia non ha ancora portato a riparare);
- mobilità in sharing: credito prepagato per servizi di car sharing elettrico o bike sharing. È un regalo che dice “muoviti liberamente senza possedere un’auto”, perfetto per i nipoti neopatentati o gli amici urbani.
La tavola rigenerativa e l’upcycling “invisibile”
Il dibattito sul cibo natalizio si ferma spesso alla gestione degli avanzi del 26 dicembre o alla scelta tra onnivoro e vegetariano. Sebbene cruciali, questi aspetti non coprono l’intera filiera e spesso abbiamo dato consigli su come ridurre l’impronta di pranzi e cenoni. La frontiera dell’alimentazione circolare potrebbe essere l’Upcycling Food ovverosia la progettazione di menu basati su ingredienti che sono già soluzioni ad uno spreco industriale o agricolo. Non si tratta (solo) di cucinare con gli scarti della propria cucina (che è buon senso domestico), ma di acquistare prodotti che nascono per valorizzare sottoprodotti di altre filiere che altrimenti finirebbero in discarica o negli inceneritori. Inoltre, la scelta deve premiare l’agricoltura rigenerativa che non si limita a non inquinare (come il biologico base), ma lavora attivamente per ripristinare la fertilità del suolo e sequestrare carbonio. Il cenone diventa così un atto ecologico attivo, dove ogni portata “salva” risorse.
Cosa mettere quindi sulle nostre tavole?
- Ingredienti upcycled: birre artigianali fatte con il pane o la pasta invenduti (es. Biova Project), cracker realizzati con le trebbie della birra, snack fatti con la buccia del cacao o salse prodotte con verdure esteticamente imperfette scartate dalla GDO (es. Bella Dentro o Babaco Market);
- Specie aliene invasive nel menu: una scelta coraggiosa ed educativa. Inserire nel menù il granchio blu o altre specie invasive locali. Mangiarli significa aiutare a trasformare un problema ecologico (come cercare di ridurre la specie invasiva grazie alla pesca) in una risorsa alimentare;
- Acqua “a Km 0” gasata in casa: abolendo le casse di plastica o di vetro a perdere e investendo in un gasatore domestico di alta qualità con cilindri di CO2 ricaricabili eliminerete per sempre i problemi legati alla logistica dell’acqua per le feste (e non solo). Similmente potreste fare bevande di vari gusti mixando tisane e acqua frizzante risparmiando così diverse bottiglie di plastica e il relativo trasporto.
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Decorazioni 3.0: bio-design e coltivazione
L’estetica natalizia è tradizionalmente dominata da polimeri plastici, glitter in microplastica e materiali compositi non riciclabili. Anche le alternative “naturali” spesso implicano il taglio di alberi o l’uso di risorse vergini. In questo ambito l’atto rivoluzionario consiste nel passaggio dalla “produzione” alla “coltivazione” del design (Bio-fabrication). Stiamo entrando nell’era in cui gli oggetti non vengono fabbricati, ma fatti crescere. Utilizzare organismi viventi come funghi (micelio), alghe o batteri per creare strutture solide permette di avere decorazioni totalmente compostabili che, a fine vita, nutrono il terreno invece di inquinarlo. È il concetto di Cradle to Cradle applicato all’ornamento: la decorazione è temporanea mentre la materia è nutriente. Questo approccio trasforma l’addobbo da rifiuto differito a fertilizzante futuro.
Potrebbe essere anche l’occasione per tornare alla tradizione nordica di decorare l’albero con biscotti speziati, fette di arancia essiccata e popcorn. Alla fine delle feste, l’albero si “smonta” mangiando o compostando, e con zero residui.
La “Gamification” del riutilizzo: swap party e tombola circolare
Il Natale è spesso fonte di stress finanziario e psicologico correlato all’obbligo sociale del dono e all’accumulo di oggetti indesiderati. Possiamo ribaltare questo paradigma trasformando lo scambio e il riuso in un gioco sociale sfruttando la cosiddetta gamification. L’obiettivo è sdoganare il second-hand e il regifting togliendo l’imbarazzo e sostituendolo con il divertimento e la narrazione. Creare eventi di scambio prima e dopo le feste trasforma la circolarità in un rito collettivo, rafforzando i legami comunitari. Non si tratta di “svuotare la cantina”, ma di curare una selezione di oggetti che meritano una nuova vita, valorizzandoli attraverso lo storytelling. È arrivato il momento di demolire l’idea che il regalo debba essere “nuovo di fabbrica” per avere valore affettivo! Come fare? Ecco alcuni esempi alla portata di chiunque.
Che ne dite di pianificare un “Pre-Christmas decluttering swap” ovverosia un aperitivo a inizio dicembre dove gli amici portano oggetti (libri, sciarpe, tecnologia, ma anche decorazioni e chi più ne ha più ne metta) in ottimo stato? Lo scopo è trovare i regali di Natale per terzi a costo zero. Quello che per me è un libro già letto, per altre persone può essere il regalo perfetto.

E poi c’è lei, l’amata tombola del “regifting palese”: i premi della tombola non si comprano. Ogni partecipante porta da casa un oggetto “sbagliato” ricevuto in passato o qualcosa che non usa più, impacchettato in modo anonimo o creativo (usando vecchi giornali). La regola? Quando si vince e si scarta, il donatore deve raccontare la storia dell’oggetto (“Mai usato perché odio il colore giallo, ma è lana merino!”). Vince l’oggetto e la storia.
Non è finita qui! Magari, con un altro gruppo di amici e parenti, lanciate lo Swap Party della Befana: il 6 gennaio ci si ritrova per scambiare i regali “sbagliati” ricevuti a Natale e, invece di lasciarli in un cassetto o di fare il reso (con relativi costi ambientali di logistica), si scambiano subito con chi li apprezza. Questa versione può anche essere leggermente diversa con la “Mystery Box” dell’usato: preparare pacchi regalo con oggetti usati ma di alta qualità (es. una collezione di vinili, un set di tazzine vintage), senza dire cosa c’è dentro. L’effetto sorpresa e la cura nel packaging (furoshiki) superano il pregiudizio dell’usato.
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