L’11 febbraio si celebra la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, un momento per dar voce e risonanza ad un problema annoso: quella di carenza di donne nel campo scientifico-tecnologico, nelle cosiddette STEM, dall’inglese Science, technology, engineering and mathematics. La mancanza di un’adeguata rappresentazione genera un circolo vizioso: risulta difficile per molte ragazze immaginarsi in una carriera scientifica ma le difficoltà non sono solo di partenza. Il Rapporto dall’Agenzia di valutazione Anvur conferma infatti un fenomeno diffuso nel mondo del lavoro, in questo caso nelle università d’Italia: ai vertici le donne diminuiscono magicamente.
Il rapporto si concentra su un’analisi di genere del mondo accademico in Italia: dalle immatricolazioni fino a rettori e rettrici, passando per ricercatori e ricercatrici, dottorandi e dottorande, docenti, e fornisce dati aggiornati e sul lungo periodo.
Studentesse e studenti
Per arrivare a considerare chi e come si occupa di scienza negli atenei del nostro Paese bisogna partire dalle immatricolazioni: la scelta del percorso accademico porta infatti con sé conseguenze evidenti sulle opportunità di carriera. In questo senso, il noto gender gap che interessa le discipline STEM, come scrivono nel report, “porta con sé rilevanti effetti sull’occupazione femminile in settori considerati emergenti”.
I dati su immatricolati e iscritti ci dicono che gli ambiti di studio Economico, Giuridico e Sociale, Artistico, Letterario e dell’Educazione, e Sanitario e Agro-Veterinario sono caratterizzati da una popolazione studentesca in maggioranza femminile, diversamente da quanto si osserva nell’ambito delle discipline STEM (come si può osservare nel grafico) dove la percentuale di studenti è invece prevalente e si mantiene stabile negli anni considerati. Nell’anno accademico 2021/2022 la percentuale di uomini immatricolati ad università facenti parte dell’area STEM era del 60,7%, le donne solo il 39,9%.
Anche per quanto riguarda gli studenti iscritti ad anni successivi al primo e in riferimento alle diverse aree disciplinari, emerge come la componente femminile sia predominante nell’ambito delle discipline umanistiche, quelle sociali e quelle sanitarie, mentre la componente maschile nelle aree STEM: nell’anno accademico 2021/2022 negli atenei STEM gli iscritti ad anni successivi al primo erano il 63% contro il 37% delle iscritte.
Un altro fattore da prendere in considerazione è quello dell’area geografica degli atenei: si è tenuto conto anche di questo nell’analisi della variazione delle immatricolazioni (triennali e a ciclo unico) per genere, dall’anno accademico 2011/12 a quello del 2021/22, con risultati interessanti.
Guardando alle aree STEM, c’è un incremento piuttosto significativo nelle immatricolazioni delle donne nell’anno accademico 2021/22 rispetto all’anno 2011/12 al Nord Ovest (+32% donne rispetto al +25% degli uomini), al Nord-Est (+29% donne rispetto al +25% degli uomini), una situazione omogenea al Centro (+18% sia per le donne che per gli uomini), un incremento delle sole immatricolazioni maschili al Sud, che è pari al 16%, e infine si osserva un andamento di maggiore equilibrio di genere nelle aree STEM nelle Isole (+30% per le donne; +33% per gli uomini).
Laureate e laureati
Rispetto ai dati sulle lauree per ambito di studio per i dieci anni considerati non sorprende che il numero dei laureati in discipline STEM sia significativamente superiore a quello delle donne, confermando il gap di genere già osservato rispetto alle immatricolazioni ed iscrizioni: nell’anno accademico 2021/2022, 45.502 laureati contro 28.706 laureate.
Dottorati di ricerca
Fortunatamente, secondo i dati di Anvur, non vi è una grande differenza in generale tra la componente maschile e quella femminile per gli studenti di dottorato e gli assegnisti di ricerca, con una quota, ad esempio, di dottorande pari al 47,8% e dottorandi pari al 52,2% nell’anno accademico 2021/22.
Negli ultimi quattro anni si evidenzia però un sorpasso del numero di dottorandi e di assegnisti rispetto alle colleghe che non sembra arrestarsi anche negli anni accademici più recenti: nel 2021/22 la quota di dottorande si è ridotta del 4% rispetto al 2011/12.
Anche per gli assegnisti di ricerca, l’andamento delle componenti maschile e femminile segue le medesime dinamiche dei dottorandi.
Rispetto all’ambito di studio, per chi gode di un assegno di ricerca si può osservare, confermando il dato già evidenziato, una composizione di genere diversa nelle varie aree scientifiche. La maggiore differenza di genere si ha nell’area di Ingegneria Industriale e dell’informazione e nelle Scienze Matematiche e Informatiche dove al 2022 la percentuale di assegniste è di circa il 30% del totale, e nelle Scienze Fisiche dove le donne sono il 32,5%.
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Le docenti ed i docenti
Come purtroppo sappiamo e come abbiamo avuto già modo di constatare, il gender gap non è un problema che attiene solo alle discipline STEM. Per quel che concerne il personale docente lo studio conferma una generale disparità, con prevalenza degli uomini rispetto alle donne, nei dieci anni di riferimento, cioè tra il 2012 e il 2022.
“Appare particolarmente evidente – sottolineano nel report – la disparità nella composizione di genere, a favore della componente maschile, se si osservano i dati relativi ai Professori Ordinari (PO) e ai Professori Associati (PA)”.
Le donne che fanno parte della categoria dei Professori Ordinari passano dal 20,9% del 2012 al 27% nel 2022, mentre le donne della categoria dei Professori Associati passano dal 34,9% nel 2012 al 42,3% del 2022.
Si registra dunque una presenza crescente delle donne nei ruoli accademici più elevati, pur conservando una notevole differenza di genere in particolare tra i Professori Ordinari.
Tenendo presente poi la suddivisione in ambito scientifico è possibile notare, nel decennio di riferimento, un aumento delle donne appartenenti alla qualifica dei Professori Ordinari: culminando con l’area delle Scienze Chimiche dove si osserva un incremento del 15,4%.
Per la categoria dei Professori Associati, le aree in cui c’è un maggior incremento delle donne nel 2022 rispetto al 2012 sono l’Area di Ingegneria Civile ed Architettura con il +14,3%, l’Area delle Scienze Mediche con il + 12,5% e l’Area delle Scienze Chimiche, con il +11,7%.
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Personale docente in ruoli di rilievo e in livelli apicali di carriera
Come annunciato, più si sale ai piani alti, non solo tra le mura delle università, meno donne si incontrano. È effetto del famoso soffitto di cristallo, in inglese glass ceiling, il fenomeno che fa sì che le donne incontrino nel corso della loro carriera degli ostacoli che non gli consentono le stesse opportunità di avanzamento di carriera dei loro colleghi.
Basta pensare che dei 99 Rettori e Rettrici in carica nell’anno 2022, solo il 12 di questi (12,1%) sono donne. Un valore basso, che ha subito un incremento ma certo non significativo con il passare degli anni, se si conta nel 2012 la percentuale era al 7,5%, quando erano in carica 93 Rettori e Rettrici.
La situazione degli atenei in un grafico a forbice
Il seguente grafico, sempre con riferimento al decennio 2012-2022, presenta un andamento a forbice, utile forse più di tante parole a illustrare la tendenza della presenza delle donne negli atenei italiani.
“La struttura a forbice – spiegano nello studio – illustra la situazione italiana con una maggioranza delle donne fino al momento del dottorato di ricerca, a cui segue un classico collo di bottiglia proprio nella giunzione della posizione propedeutica al ruolo (tenure track), collocata in una classe di età cruciale per lo sviluppo della carriera. Dalla figura si osserva che il numero di uomini e di donne è quasi coincidente per i Ricercatori a tempo indeterminato (RU), mentre la divaricazione inizia dai ricercatori a tempo determinato (RTD) per proseguire in modo abbastanza contenuto per i Professori Associati (PA) e diventare più ampia per i Professori Ordinari (PO), e per i Rettori e Rettrici in carica”.
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