Riconoscere i costi efficienti del servizio di gestione dei rifiuti e determinare le tariffe alla luce del paradigma dell’economia circolare: con questo proposito Arera ha lanciato un’indagine conoscitiva che durerà fino al 30 settembre 2024. Con la delibera del 6 febbraio l’Autorità per l’Energia, le Reti e l’Ambiente ha comunicato il chiaro intento di voler fare ordine tra le varie tariffe per il servizio di gestione dei rifiuti urbani.
Dai primi elementi raccolti da Arera, infatti, emerge una eterogeneità potenzialmente ampia delle regole di articolazione seguite e dei corrispettivi applicati da parte di Comuni e Regioni. La nuova disciplina tariffaria, varata nell’agosto 2021 allo scopo di creare le condizioni per il raggiungimento dei nuovi target nazionali ed europei, verrà messa sotto la lente dell’autorità che dal 2017 svolge funzioni di regolazione e controllo del ciclo dei rifiuti, anche differenziati.
“Peraltro – scrive Arera – con riferimento alla definizione della domanda dei servizi pubblici di raccolta, trasporto e trattamento, o, sotto un profilo giuridico diverso ma con effetti in termini economici e finanziari analoghi, con riferimento alla definizione di rifiuto, l’appartenenza o meno al perimetro delle attività regolate e, conseguentemente, soggette al relativo recupero dei costi, secondo le modalità di prelievo all’utenza finale, appare un tema di grande rilevanza, che richiede all’Autorità di individuare, in esito ad una costante analisi evidence based, le misure più idonee a graduarne gli effetti in un orizzonte temporale congruo”.
Leggi anche: Decreto sulle comunità energetiche, Arera definisce le modalità dell’autoconsumo
Le quattro linee di intervento dell’indagine di Arera
Sono quattro le linee di intervento previste dall’indagine conoscitiva promossa da Arera:
- Aggiornamento e integrazione del metodo tariffario rifiuti. Per l’autorità di regolazione bisognerà mantenere “un limite alla crescita annuale delle entrate tariffarie e dei corrispettivi per l’accesso agli impianti”, con la possibilità di definire “criteri di prossimità a beneficio delle comunità ricadenti in aree limitrofe agli impianti medesimi”, allo scopo di mantenere “un’ottica di sostenibilità delle condizioni economiche applicate agli utenti”;
- Revisione dell’attuale disciplina in materia di corrispettivi applicati agli utenti. In questo caso Arera intende esaminare i criteri di ripartizione delle entrate tariffarie tra utenze domestiche e non domestiche, favorendo possibilmente il passaggio graduale alla tariffazione puntuale (con la finalità di introdurre sistemi di tariffazione che forniscano adeguati segnali di prezzo agli utenti, puntando a prevenire la produzione di rifiuti a monte);
- Determinazione e aggiornamento dei costi efficienti per la gestione della raccolta differenziata, del trasporto, nonché delle operazioni di cernita o di altre operazioni preliminari. Qui il perno è il noto principio della Responsabilità Estesa del Produttore (EPR), la cui applicazione corretta potrebbe configurare delle filiere più efficace. A tal fine, scrive ancora Arera, “a seguito dell’acquisizione di informazioni e dati da imprese e pubbliche amministrazioni, verranno condotte analisi ed elaborazioni volte a identificare gli opportuni indicatori di costo, quali benchmark di efficienza a cui tendere”;
- Disciplina dei criteri e delle modalità per la definizione della componente a copertura dei costi di gestione dei rifiuti accidentalmente pescati. In questo ultimo caso l’autorità di regolazione suggerisce che potrebbero essere ridefinite anche le relative modalità di indicazione negli avvisi di pagamento. Servirà inoltre vigilare sul corretto utilizzo delle risorse che ne derivano, in coerenza con quanto previsto dalla cosiddetta legge Salvamare.
Leggi anche: Imprese e ong europee chiedono la selezione obbligatoria dei rifiuti misti
Troppi ambiti tariffari?
Nelle 12 pagine con le quali Arera lancia l’indagine conoscitiva sui criteri di articolazione dei corrispettivi applicati nel servizio di gestione dei rifiuti urbani emergono alcuni elementi interessanti. Come era già emerso nella relazione annuale 2023, con riferimento al secondo periodo regolatorio 2022-2025, l’Autorità “ha ricevuto alla data del 13 aprile 2023 le predisposizioni tariffarie relative a quasi 6.000 ambiti tariffari, per un totale di circa 52 milioni di abitanti serviti (pari a circa il 90% della popolazione nazionale), coincidenti nella quasi totalità dei casi con singoli Comuni (99,6%), con soli 26 ambiti di estensione pluri-comunale”.
Un vero e proprio ginepraio normativo, che l’autorità definisce “un’estrema e pervasiva parcellizzazione tariffaria”, specie perché l’eterogeneità riguarda non solo le diverse categorie di utenza ma anche territori contigui che in teoria hanno lo stesso bacino di affidamento e un unico operatore responsabile delle principali fasi di servizio, che però dovrà applicare a seconda dei Comuni diversi trattamenti.
Soprattutto le tariffe sono molto diverse tra loro per i costi del servizio integrato che si riversano sugli utenti: si va da un minimo di 227 euro a tonnellate per rifiuti urbano prodotto a 568 euro, a fronte di una media per l’Italia di 406 euro/t.
Inoltre, fa notare Arera, “si riscontrano prevalentemente ambiti tariffari comunali di dimensione contenuta in termini di popolazione ma caratterizzati da elevati flussi turistici, osservando come, in molti di tali casi, la quota prevalente delle entrate alla base del gettito tariffario sia attribuita alle utenze non domestiche”.
Leggi anche: Vi raccontiamo il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti. Al via la fase delle osservazioni
Puntare sulla tariffazione puntuale
In più la documentazione dei Comuni esaminata da Arera è spesso lacunosa, con l’autorità che si ritrova costretta a constatare come “non sempre sia possibile rinvenire nelle delibere di approvazione dei corrispettivi la percentuale di ripartizione delle entrate tariffarie tra le categorie di utenza domestica e di utenza non domestica, con una quota attribuita alle utenze domestiche, qualora esplicitata, generalmente superiore (in media circa il 54% delle entrate tariffarie grava su tale categoria nel campione considerato); laddove tale ripartizione sia rinvenibile, spesso non si trovi riscontro, nella medesima delibera, del criterio di ripartizione utilizzato; qualora tale criterio sia indicato, risulti essere basato prevalentemente su stime di produzione presuntiva della quantità di rifiuti prodotti dalle utenze non domestiche, da rapportare all’effettiva quantità di rifiuti prodotta complessivamente nell’ambito, per ottenere la relativa percentuale di ripartizione; solo in alcuni casi si fondi su misurazioni effettive, ancorché a campione, relative alla quantità di rifiuti prodotta dall’una o dall’altra delle due categorie di utenza”.
C’è infine l’annoso caso dei Piani regionali di gestione dei rifiuti, ormai un vero e proprio esercizio di potere, in cui Arera fa notare però come emerga “una crescente attenzione da parte delle Regioni all’implementazione di sistemi di tariffazione puntuale, quale strumento da promuovere esplicitamente per sostenere e accompagnare l’attuazione della gerarchia di gestione dei rifiuti, con riferimento per esempio a Valle d’Aosta, Toscana, Abruzzo ed Emilia-Romagna”. Un merito che va ricondotto agli interventi finanziati dal PNRR, in particolare l’investimento 1.1 “Realizzazione nuovi impianti di gestione rifiuti e ammodernamento di impianti esistenti”,rivolto proprio alla selezione e al successivo finanziamento di proposte finalizzate al miglioramento e meccanizzazione della rete di raccolta differenziata dei rifiuti urbani.
Non sono pochi i Comuni, racconta ancora Arera, che hanno scelto di provare a farsi finanziare isole ecologiche interrate o cassonetti stradali “intelligenti”, cioè i contenitori ad accesso controllato, e le varie applicazioni digitali per veder riconosciuto sul proprio smartphone la tariffazione puntuale dei rifiuti, sulla base del principio europeo “chi inquina paghi”. E, aggiungiamo noi, “paghi solo ciò che produci”. Perché il sistema delle previsioni, confluito nelle note TARI, ha da tempo mostrato i propri limiti.
Leggi anche: Come funziona la Tariffazione puntuale dei rifiuti e perché conviene
© Riproduzione riservata