I cambiamenti tecnologici, la frammentazione geopolitica, l’incertezza economica, i cambiamenti demografici e la transizione ecologica sono tra i principali fattori – sia singolarmente che in combinazione – che si prevede influenzeranno e trasformeranno il mercato del lavoro globale entro il 2030. A dirlo è il Future of Jobs Report 2025, redatto dal prestigioso World Economic Forum, la fondazione nota come “il pensatoio dei poteri forti” e di cui è celebre l’appuntamento annuale a Davos, in Svizzera.
In questo caso il rapporto sul futuro è un documento molto dettagliato di 290 pagine che, si legge nel comunicato stampa, “riunisce le prospettive di oltre 1.000 importanti datori di lavoro globali – che rappresentano collettivamente più di 14 milioni di lavoratori distribuiti in 22 settori industriali e 55 economie nel mondo – per analizzare come queste macro-tendenze influenzano i posti di lavoro, le competenze e le strategie di trasformazione della forza lavoro che i datori di lavoro intendono adottare nel periodo tra il 2025 e il 2030”.
Ecco la nostra sintesi del report e i punti chiave.
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Le tendenze che trasformeranno il lavoro
Secondo le previsioni del Future of Jobs Survey, il cambiamento strutturale del mercato del lavoro tra il 2025 e il 2030 comporterà la creazione e la distruzione di posti di lavoro pari al 22% dell’attuale occupazione totale. Si stima la creazione di 170 milioni di posti di lavoro (14% dell’occupazione odierna), compensata però dalla perdita di 92 milioni di posti (8%), con una crescita netta del 7%, pari a 78 milioni di posti di lavoro.
I ruoli di prima linea, come operai agricoli, autisti di consegne, lavoratori edili, venditori e operatori nell’industria alimentare, vedranno la maggiore crescita in termini assoluti. I lavori nell’economia della cura, come infermieri, assistenti sociali e operatori di assistenza personale, cresceranno significativamente, insieme ai ruoli nell’istruzione. I ruoli legati alla tecnologia saranno i più rapidi a crescere in termini percentuali, tra cui specialisti di big data, ingegneri specialisti di AI e apprendimento automatico e sviluppatori di software e applicazioni.
A subire invece il maggiore declino in termini assoluti, secondo le previsioni del report redatto dal World Economic Forum, saranno i ruoli amministrativi e di segreteria: cassieri, assistenti amministrativi e segretari esecutivi, insieme a operatori postali, addetti agli sportelli bancari e operatori di inserimento dati. Una tendenza che in Italia ad esempio è già in atto, come si può facilmente constatare anche a partire dalla propria esperienza personale.
In media si prevede che due quinti (39%) delle competenze attuali dei lavoratori saranno trasformate o superate entro il 2030, anche se questa misura di “instabilità delle competenze” è diminuita rispetto alle edizioni precedenti, passando dal 44% nel 2023 al 57% nel 2020. Questo miglioramento potrebbe essere attribuito al fatto che il 50% dei lavoratori ha completato corsi di formazione, rispetto al 41% nel 2023.
Il pensiero analitico rimane la competenza più richiesta dai datori di lavoro, seguita da resilienza, flessibilità, agilità, leadership e influenza sociale. Competenze legate alla tecnologia come AI, big data, reti e cybersecurity, insieme al pensiero creativo e alla curiosità, continueranno a crescere in importanza, mentre competenze manuali come destrezza e precisione sono in declino.
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Riqualificazione e green jobs
Nonostante si preveda una riduzione dell’inflazione globale, il rallentamento economico generale a livello europeo, è ciò che preoccupa maggiormente le imprese (il 42%) e gli esperti del Future of Jobs Report 2025. L’inflazione avrà effetti misti sulla creazione netta di posti di lavoro fino al 2030, mentre la crescita più lenta porterà alla perdita di 1,6 milioni di posti di lavoro a livello globale. Anche per questi motivi nei prossimi cinque anni, secondo le stime del WEF, le aziende si concentreranno su:
- upskilling e reskilling: l’85% dei datori di lavoro prevede di investire nella riqualificazione.
- benessere e inclusione: il 64% delle aziende punta sul supporto alla salute dei dipendenti, mentre il 47% promuove iniziative di diversità e inclusione, con un aumento rispetto al 10% di due anni fa.
Più in generale entro il 2030 il 59% dei lavoratori avrà necessità di un’adeguata formazione per adattarsi ai cambiamenti.
Inoltre nel contesto della transizione ecologica l’attenzione maggiore va alla mitigazione del cambiamento climatico, che a sua volta è al terzo posto in generale tra le tendenze trasformative, mentre l’adattamento al cambiamento climatico si posiziona al sesto posto con il 47% e il 41% dei datori di lavoro rispettivamente che prevedono un impatto sulle loro attività nei prossimi cinque anni.
“Questo sta aumentando la domanda di professioni come ingegneri di energie rinnovabili, ingegneri ambientali e specialisti di veicoli elettrici e autonomi – si legge nella sintesi del report – che figurano tra i 15 lavori in più rapida crescita. Le tendenze climatiche stanno anche aumentando l’attenzione alla gestione ambientale, che per la prima volta entra nella lista delle 10 competenze in più rapida crescita”.
Insomma: la direzione è tracciata. E in attesa che anche l’economia circolare rientri tra le priorità delle imprese e degli esperti, l’attenzione all’ambiente diventa sempre più (anche) una possibilità economica da non lasciarsi sfuggire.
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