giovedì, Novembre 6, 2025

Studio JRC: “L’inquinamento dei fondali nel Mediterraneo è tra i peggiori al mondo”

Ricerca condotta nel punto più profondo del Mar Mediterraneo: la plastica domina la scena, seguita da metallo, vetro e carta. Riconosciuti bottiglie, sacchetti, contenitori alimentari, cavi, lattine e persino cartoni del tipo Tetra Pak

Daniele Di Stefano
Daniele Di Stefano
Giornalista ambientale, redattore di EconomiaCircolare.com e socio della cooperativa Editrice Circolare

Ancora un campanello d’allarme suonato per l’inquinamento da plastica. Sul fondo del Mar Mediterraneo si accumulano così tanti rifiuti in plastica da farne tra i peggiori fondali marini di tutto il pianete. Sono questi i risultati dello studio “Marine litter in the deepest site of the Mediterranean Sea pubblicato da ricercatrici e ricercatori del Centro comune di ricerca europeo (JRC)  su Marine Pollution Bulletin. La ricerca documenta per la prima volta la presenza e la densità di rifiuti marini nel punto più profondo del Mar Mediterraneo: il Calypso Deep (5122 m), situato nel Mar Ionio orientale.

“In questo luogo, situato a più di 5 km di profondità nel Mar Ionio, sono stati trovati ben 26.715 rifiuti per chilometro quadrato. Si tratta di una delle più alte concentrazioni di detriti di plastica mai registrate in un ambiente marino profondo, superata solo dalle osservazioni in due canyon nelle profondità del Mar Cinese Meridionale”.  Lo studio, condotto da Caladan Oceanic con un veicolo sommergibile di profondità, ha rilevato che la plastica rappresenta l’88% dei rifiuti identificati. La maggior parte dei detriti di plastica nel Calypso Deep è costituita da oggetti come sacchi pesanti, borse della spesa e tazze.

Lo studio sottolinea l’urgenza di monitoraggi armonizzati che includano anche le profondità oceaniche. E di e politiche globali per contrastare l’inquinamento marino.

Plastica mare
Fonte: Marine Pollution Bulletin

Alla ricerca di rifiuti nel punto più profondo del Mediterraneo

Lo studio descrive l’esplorazione condotta nel Calypso Deep, il punto più profondo del Mar Mediterraneo (5122 m), situato nel bacino ionico orientale. Durante un’immersione di oltre 4 ore, sono stati osservati e documentati 148 oggetti di rifiuti marini, di cui l’88% in plastica, con una concentrazione stimata di 26.715 oggetti/km², tra le più alte mai registrate in ambienti abissali.

Spiegano i ricercatori: “Il veicolo era dotato di telecamere ad alta risoluzione che hanno registrato immagini, successivamente analizzate per identificare e contare i detriti di plastica. Inoltre, il team ha utilizzato tecniche di fotogrammetria per stimare l’area rilevata e la distanza percorsa dal sommergibile”. Questo metodo ha permesso di calcolare la densità dei detriti di plastica e di confrontare i risultati ottenuti con quelli di altri studi condotti in acque profonde. In totale, i ricercatori hanno analizzato 167 oggetti, di cui 148 sono stati confermati come rifiuti, mentre 19 erano sospetti ma non confermati.

Plastica mare
Fonte: Marine Pollution Bulletin

Leggi anche: Emissioni, biodiversità e plastica: l’UNEP chiede azioni concrete per il futuro del pianeta

Il Calypso Deep: geografia, sedimentologia e vulnerabilità ambientale

Il Calypso Deep si trova a circa 60 km dalla costa del Peloponneso e presenta una morfologia a imbuto, con una depressione interna lunga 18 km. La regione è caratterizzata da intensa attività tettonica, scarsa vegetazione produttività primaria, estrema scarsità di sostanze nutritive, alti livelli di salinità e temperature insolitamente elevate (13-14 °C) anche a profondità abissali.

I bassissimi tassi di sedimentazione (1.6–2 cm/1000 anni) rendono difficile la copertura dei rifiuti da parte del sedimento, spiega la ricerca, con conseguente persistenza dei detriti sul fondale. Le correnti profonde sono generalmente deboli, favorendo l’accumulo di materiali leggeri come la plastica. È stato osservato anche un sistema di canyon sottomarini lungo la costa greca, potenziale via di trasporto per i rifiuti dal litorale verso le profondità marine.

Rifiuti in fondo al mare: classificazione, densità e implicazioni

L’analisi dei video ad alta risoluzione ha permesso di classificare i rifiuti secondo la Joint List of Litter Categories (JLLC). Sono stati individuati oggetti riconducibili a bottiglie, sacchetti, contenitori alimentari, cavi, lattine e persino cartoni del tipo Tetra Pak. La plastica domina la scena, seguita da metallo, vetro e carta.

“Le leggere correnti all’interno del Calypso Deep sono sufficienti a far muovere i rifiuti più leggeri, che in questo modo verrebbero ridistribuiti sul fondale prima di essere parzialmente o totalmente sepolti o disintegrati in pezzi più piccoli”. A restituire plasticamente questo movimento, il fatto che durante l’immersione è stato persino osservato un sacchetto di plastica rotolare sul fondo: un’immagine simbolo della pervasività della plastica marina anche a grandi profondità.

Quali rifiuti sono stati riconosciuti?

Rifiuti in plastica, l’88% del totale di quelli classificati:

  • Sacchetti di plastica
  • Sacchi pesanti in plastica
  • Fogli di plastica
  • Contenitori alimentari rigidi
  • Tappi e coperchi in plastica dura
  • Bottiglie in plastica ≤ 0.5L
  • Corde in plastica > 1 cm di diametro

Carta:

  • Cartoni tipo Tetrapak (non per latte)

Metallo:

  • Lattine per bevande

Vetro:

  • Bottiglie di vetro
Plastica mare
Fonte: JRC

 

Meccanismi di accumulo: come la plastica arriva a 5000 metri di profondità

Per spiegare una presenza così accentuata di rifiuti, lo studio ricorda che il 30% del traffico marittimo globale passa attraverso il Mediterraneo lungo il percorso dal Canale di Suez a Gibilterra e viceversa. E “la rotta principale passa vicino al Calypso Deep, mentre la rotta verso il Mare Adriatico passa direttamente sopra il Calypso Deep”.

Le correnti superficiali e subsuperficiali del Mar Ionio, insieme alla conformazione morfologica del Calypso Deep, favoriscono la convergenza e il successivo affondamento dei rifiuti marini. I materiali galleggianti, come la plastica, vengono trasportati da vaste aree del Mediterraneo orientale e del Mar Adriatico.

Studi modellistici confermano che la regione sopra il Calypso Deep funge da “trappola” per i detriti galleggianti. Il loro affondamento è favorito dall’aggregazione con sedimenti e dalla degradazione fisica. Una volta raggiunto il fondo, i materiali rimangono visibili per anni o decenni a causa delle condizioni ambientali statiche.

Plastica mare
Fonte: Marine Pollution Bulletin

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Un appello all’azione

“I risultati di questo studio ci ricordano l’urgente necessità di ridurre l’inquinamento da plastica nei nostri oceani, suggerendo l’importanza di aumentare gli sforzi di riciclaggio, migliorare i sistemi di gestione dei rifiuti e ridurre l’uso di plastica monouso per affrontare questa crisi crescente”.

Nonostante la scarsità di fauna, la presenza di rifiuti sta modificando la morfologia del fondale, secondo lo studio, creando microambienti artificiali. Sebbene non siano state osservate interazioni dirette tra fauna e rifiuti, l’impatto potenziale sugli ecosistemi abissali è “considerevole”, specie se si considera che questi ambienti ospitano specie rare e fragili.

Lo studio “rappresenta un campanello d’allarme per un’azione più incisiva nella protezione dei nostri oceani e della vita marina, invita a una maggiore cooperazione internazionale per affrontare l’inquinamento da plastica alla fonte”. Per questo si conclude con un appello urgente alla comunità scientifica, ai decisori politici e alla società civile per intensificare il monitoraggio degli ambienti profondi e promuovere politiche efficaci di riduzione dei rifiuti marini. Il prossimo trattato globale sull’inquinamento da plastica e l’Accordo delle Nazioni Unite sulla conservazione e l’uso sostenibile della diversità biologica marina nelle aree al di fuori della giurisdizione nazionale “sono nuovi e forti strumenti politici globali, che dovrebbero essere attuati in modo da proteggere anche l’ambiente oceanico delle profondità marine”.

Plastica mare
Fonte: Marine Pollution Bulletin

© Riproduzione riservata

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