La Commissione europea sta lavorando ad una proposta di regolamento che modifica la disciplina del meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM), per estenderlo ad alcuni prodotti a valle, così da ridurre il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, soprattutto nel caso in cui i produttori a valle si trasferiscono all’estero o gli acquirenti dell’UE passano a importazioni da Paesi terzi.
Ulteriori misure antielusione riguardano pratiche volte a evitare gli obblighi finanziari derivanti dal CBAM senza sufficiente motivazione o giustificazione economica. Dopo la conclusione del trilogo (il confronto a tre tra Consiglio, Commissione e Parlamento) sul tema è attualmente aperta una consultazione pubblica: la scadenza per l’invio di contributi è il 26 agosto 2025.

Nel momento in cui scriviamo sono più di 100 i commenti validi giunti alla Commissione sin dall’1 luglio, data di apertura della consultazione pubblica, segno di un notevole interesse da parte degli stakeholders. I principali destinatari della consultazione pubblica sono i portatori di interessi nell’UE e al di fuori dell’UE, in particolare:
- le imprese attive nella produzione, nel commercio e nel magazzinaggio di merci di base CBAM (compresa l’energia elettrica) e di merci a valle;
- le associazioni di produttori di merci di base CBAM (compresa l’energia elettrica) e di merci a valle;
- le organizzazioni non governative;
- le istituzioni accademiche – in questo caso è la stessa Commissione ad invitare “i ricercatori e le organizzazioni accademiche a presentare ricerche, analisi e dati pubblicati e in fase di prestampa”;
- autorità pubbliche, comprese le autorità doganali
- i sindacati.
Leggi anche: Le strane teorie dell’UE per difendere i dazi imposti dagli USA
L’importanza del CBAM per il “nuovo” corso della Commissione
L’adozione definitiva del nuovo regolamento sul CBAM è attesa entro il quarto trimestre del 2025. Si tratta di uno dei risultati a cui più ambisce la Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen, anche perché la riforma del meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere fa parte del pacchetto legislativo “Omnibus I”, che punta a semplificare gli obblighi normativi e ridurre i costi di conformità, soprattutto per le piccole e medie imprese (PMI), senza compromettere (almeno in teoria) gli obiettivi climatici dell’Unione.
La riforma del CBAM rientra dunque nella strada della semplificazione o, a seconda dei punti di vista, della deregolamentazione intrapresa dalla Commissione da un paio di anni. A essere interessati dal CBAM sono in particolare alcuni settori industriali – tra cui acciaio, cemento, fertilizzanti e altri beni ad alta intensità di emissioni – che allo stesso tempo sono sottoposti all’aumento dei dazi al 15%, imposti dagli USA di Donald Trump.

Facile prevedere che sul meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere le istituzioni europee vorranno concedere maggiori sgravi, in maniera tale da provare a riequilibrare il rincaro sulle merci esportate negli Stati Uniti. Quel che è certo è che il cuore della riforma del CBAM punta soprattutto ad alleggerire gli oneri per le piccole e medie imprese, che rappresentano il 96% del mercato europeo.
Oltre all’esenzione per le piccole importazioni, il nuovo CBAM semplificato include:
- una procedura di autorizzazione più snella per gli importatori;
- regole semplificate per la raccolta dati e il calcolo delle emissioni incorporate;
- linee guida più chiare per la verifica delle emissioni;
- possibilità di ottenere riconoscimento dei prezzi del carbonio già pagati nei Paesi terzi;
- norme più trasparenti su responsabilità finanziarie e sanzioni.
Importante anche la previsione transitoria per il 2026: durante il periodo iniziale di attuazione, gli importatori potranno continuare le proprie attività mentre attendono la registrazione CBAM, evitando blocchi o interruzioni commerciali.
Resta da capire se nelle proposte giunte alla Commissione, che potrebbero modificare in parte la bozza sottoposta alla consultazione pubblica, prevarrà la paura per gli esiti dei dazi statunitensi, che potrebbero modificare (ancora una volta, verrebbe da dire) anche l’autonomia dell’Unione Europea.
Leggi anche: Circular Economy Act, la consultazione pubblica e l’appello delle ONG
© Riproduzione riservata



