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venerdì, Novembre 29, 2024

Agenzia europea ambiente su PFAS e prodotti tessili: alternative esistono per quasi tutti gli usi

Secondo un recente studio dell'AEA, “i prodotti tessili sono una delle maggiori fonti di inquinamento da PFAS in Europa”

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Redazione EconomiaCircolare.com

Checché ne dica l’ex premier italiano ed ex presidente della BCE Mario Draghi – che presentando il suo rapporto sulla competitività europea ha escluso esistano alternative praticabili ai PFAS – l’Agenzia europea per l’ambiente (AEA) sostiene invece che “l’uso dei PFAS nella maggior parte dei tipi di tessuti non è una necessità tecnica. Esiste l’opportunità di ridurre significativamente l’uso e il rischio dei PFAS in Europa, interrompendo l’uso non essenziale dei PFAS nei prodotti tessili, poiché esistono già alternative praticabili”.

Il documento pubblicato dall’agenzia si basa su una relazione più ampia commissionata per l’AEA e integra il lavoro svolto da altre agenzie dell’UE, tra cui l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA).

E segnala che proprio i prodotti tessili sono una delle maggiori fonti di inquinamento da PFAS in Europa, mettono a rischio la salute ma anche l’economia circolare dei beni tessili: “L’uso dei PFAS nei prodotti tessili costituisce un ostacolo all’uso prolungato, al riutilizzo, al riciclaggio e ad altri sforzi di economia circolare per evitare che i prodotti tessili finiscano nelle discariche o nell’incenerimento in Europa o all’estero”.

Arrivando ad ipotizzare  che per alcuni prodotti tessili professionali e tecnici per i quali non sono ancora disponibili alternative (i dispositivi di protezione individuale per i vigili del fuoco, i prodotti per uso medico o i filtri ad alte prestazioni) “si dovrebbero prendere in considerazione procedure di raccolta e distruzione separate”.

PFAS, salute ed e economia circolare

Le sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate, “possono avere effetti negativi sulla salute come danni al fegato, malattie della tiroide, obesità, problemi di fertilità e cancro” ricorda l’AEA in un altro documento. Sono molto resistenti (vengono infatti chiamate forever chemicals, sostanze chimiche per sempre) e possono accumularsi nell’uomo, negli animali e nell’ambiente, aumentando il rischio.

PFAS tessile
Fonte: AEA

Proprio i prodotti tessili sono una delle maggiori fonti di inquinamento da PFAS in Europa. I tessuti rappresentano circa il 35% della domanda globale di PFAS, e nell’Unione Europea si stima che tra le 41.000 e le 143.000 tonnellate di PFAS vengano utilizzate nel settore tessile, che include abbigliamento, tessuti per la casa, pelle e applicazioni tecniche. Questa famiglia di sostanze (se ne contano oltre 4000) è infatti ampiamente utilizzata in molti prodotti a base tessile, tra cui abiti, tappeti e altri articoli per la casa, per garantire l’impermeabilità, la protezione da olio, sporco e calore e una maggiore durata. E, sottolinea l’Agenzia, i PFAS possono essere rilasciati nell’ambiente durante il ciclo di vita dei tessuti, incluso il lavaggio.

Nonostante alcune di queste sostanze siano già state vietate nell’Unione Europea, molti altri continuano a essere utilizzati, soprattutto nei tessuti tecnici e nei dispositivi di protezione individuale. La presenza di PFAS in alcuni prodotti tessili “potrebbe avere un impatto sulla possibilità di utilizzare, riutilizzare e riciclare alcuni prodotti tessili per gli anni a venire, agendo come un ostacolo all’obiettivo dell’UE di raggiungere una maggiore economia circolare per i prodotti tessili”, spiega l’AEA. Secondo i ricercatori e le ricercatrici, infatti, e pratiche attuali non sono sufficienti per rintracciare il contenuto di PFAS nelle fasi successive all’uso e nei rifiuti. Inoltre, l’UE non dispone attualmente di tecnologie per l’identificazione e la selezione su larga scala, efficiente ed economica dei rifiuti tessili contenenti questi prodotti chimici.

La mancanza di trasparenza sulla presenza di PFAS nei tessuti, soprattutto quelli importati da Paesi con normative chimiche meno rigorose, rappresenta “un problema crescente”. Una grande parte dei tessuti consumati in Europa viene infatti importata da Paesi asiatici, dove la legislazione sui prodotti chimici è meno rigorosa rispetto all’UE, rendendo difficile tracciare il contenuto di PFAS.

Per questo, secondo l’AEA, “ridurre l’uso dei PFAS nell’abbigliamento, nei mobili e in altri prodotti tessili è importante per aumentare la riciclabilità e la transizione verso un’economia più circolare”.

Secondo la ricerca è essenziale “concentrare gli sforzi di prevenzione a monte della catena di fornitura dei prodotti tessili, piuttosto che nella fase successiva all’uso, dove sarebbe piuttosto costoso o non fattibile”.

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Lacune conoscitive

Il documento evidenzia che la conoscenza sui PFAS, in particolare per quanto riguarda i loro effetti sulla salute umana e sull’ambiente, è ancora limitata. Mentre alcune delle sostanze più studiate, come il PFOS, il PFOA, il PFNA e il PFHxS, sono state oggetto di ricerche approfondite, la maggior parte dei PFAS presenti nei tessuti e in altri prodotti è poco conosciuta. Di conseguenza, i rischi associati a molti di questi composti sono ancora poco compresi.

Un’iniziativa di biomonitoraggio umano in Europa ha rilevato che una parte significativa degli adolescenti testati presentava livelli di PFAS nel sangue, e per il 14,3% di questi giovani non si poteva escludere il rischio di effetti avversi sulla salute. “Nonostante questi risultati preoccupanti, la comprensione degli effetti dei PFAS è principalmente limitata a pochi composti”. Le autorità di regolamentazione si sono finora concentrate soprattutto sui PFAS non polimerici, poiché questi possono essere assorbiti più facilmente dagli organismi viventi. Tuttavia, anche i PFAS polimerici, che hanno dimensioni molecolari maggiori e quindi sono meno facilmente assorbiti, rappresentano una minaccia poiché possono degradarsi in composti più piccoli e persistenti.

PFAS tessile
Fonte: AEA

Le alternative ci sono, salvo poche eccezioni

“Le informazioni disponibili indicano che sono disponibili alternative per sostituire i PFAS nella maggior parte delle categorie tessili”, si legge nel documento. L’innovazione tecnologica ha portato a una buona gamma di alternative adatte al settore tessile: “Ciò consente di eliminare gradualmente queste sostanze, da un punto di vista tecnico, per la maggior parte dei prodotti tessili”.

Fanno eccezione alcuni prodotti tessili speciali, come alcuni tipi di dispositivi di protezione individuale (ad esempio, per i vigili del fuoco) e i tessuti tecnici. In questi casi “le alternative mancano o non ci sono prove conclusive per valutarne la fattibilità tecnica ed economica”.

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“Assicurare che i prodotti tessili contenenti PFAS non vengano riciclati”

Oltre a passare ad alternative sostenibili nei nuovi prodotti tessili, secondo l’Agenzia europea per l’ambiente “è necessario identificare e separare i PFAS alla fine del ciclo di vita dei prodotti tessili già in uso”. Ma questo viene fatto raramente nella pratica: “La maggior parte dei rifiuti tessili nell’UE viene attualmente incenerita, ma non è certo che ciò elimini adeguatamente i PFAS”. Per questo “è necessario sviluppare la capacità di distruggere adeguatamente i PFAS su scala europea, mentre la gestione non regolamentata dei rifiuti, con il conseguente smaltimento incontrollato in discarica e l’incenerimento a cielo aperto, dovrebbe essere evitata in Europa e altrove”, conclude il documento dell’AEA.

Se per una gestione più sostenibile dei tessili trattati con sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate è fondamentale l’obbligo dell’UE di raccogliere separatamente i rifiuti tessili a partire dal 1° gennaio 2025, secondo l’agenzia altrettanto importante è “l’investimento in maggiori e migliori meccanismi di differenziazione, compresa la differenziazione automatica in grado di individuare e separare i prodotti tessili con diversi potenziali o problemi di riciclabilità, e nel miglioramento e nella scalabilità della tecnologia di riciclaggio, assicurando che i prodotti tessili contenenti PFAS non vengano riciclati”. Migliori sistemi di tracciabilità e l’attuazione della regolamentazione e della tecnologia di differenziazione possono aiutare a identificare i prodotti contaminati da PFAS alla fine del ciclo di vita.

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