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lunedì, Dicembre 16, 2024

Amazon, quanta plastica! L’ong Oceana: “In mare 10 mila tonnellate di imballaggi”

Un report dell’associazione ambientalista che difende gli oceani accusa il colosso dell’e-commerce di usare nei sui pacchi 270 mila tonnellate di plastica, parte dei quali finirebbero nei mari e nei fiumi. Amazon smentisce le cifre: “Lavoriamo per ridurre gli imballaggi”. Ma, ad esempio, non parla di riuso

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Redazione EconomiaCircolare.com

Al di là dello stigma, a volte immotivato, nei confronti della plastica, 270mila tonnellate non sono bazzecole. Sarebbero tanti, secondo la ong Oceana, i rifiuti di imballaggi in plastica che Amazon avrebbe generato nel 2020. Con un aumento del 29% rispetto al 2019. Soprattutto, il 5% di questi rifiuti sarebbe finito in mare. Sono le stime di un recente report dell’associazione ambientalista che difende gli oceani (parliamo di stime perché Amazon non fornisce né dati di vendita né altro). Oceana calcola che questa plastica, sotto forma dei cuscinetti protettivi usati per le spedizioni, “farebbe il giro della Terra più di 600 volte”.

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Nei fiumi e nei mari

Potremmo pensare: “270mila tonnellate sono una bella cifra, ma questa plastica poi viene riciclata!”. Errore. In Italia ad esempio viene riciclata meno della metà degli imballaggi in plastica in circolazione. Gli imballaggi in plastica di Amazon, spiega Oceana, rientrano nella categoria dei film plastici: “Un materiale estremamente difficile da riciclare e non accettato nella maggior parte dei programmi di riciclaggio porta a porta negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in altri grandi mercati serviti da Amazon”. Nel nostro Paese si ricicla (dati 2018) solo il 7,8% dei film plastici. Proviamo a immaginare allora cosa può accadere in Paesi dove non esiste un sistema di raccolta e riciclo strutturato come il nostro (e più che immaginare, basta guardare i tantissimi video del mare trasformato in discarica). Non a caso Greenpeace definisce il riciclo della plastica un “mito”, e non una realtà.

Combinando le stime su Amazon con i risultati di un uno studio pubblicato su Science, Oceana ha calcolato che fino a 10 mila tonnellate di quella plastica sarebbero finite nei mari e nei fiumi di tutto il mondo: “Come scaricare negli oceani il carico di un furgone per le consegne pieno di plastica ogni 67 minuti”.

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Meno plastica, lo chiedono i clienti

Ridurre la quantità di plastica farebbe bene non solo al Pianeta ma anche ad Amazon. Oceana, infatti, ha intervistato 1.400 clienti Amazon Prime negli Stati Uniti e nel Regno Unito: il 94,8% si è detto preoccupato per l’impatto dell’inquinamento da plastica sugli oceani. Il 91% vorrebbe che l’azienda di Seattle offrisse anche imballaggi che facciano a meno dalla plastica (per questo, oltre 740.000 clienti hanno firmato una petizione al riguardo).

La risposta di Amazon

Secondo il colosso dell’e-commerce, però, le stime di Oceana “hanno sopravvalutato il nostro utilizzo di plastiche di oltre il 300% e utilizzato ipotesi obsolete sui nostri rifiuti di plastica entrati negli oceani. Le ultime ricerche scientifiche rilevano che la maggior parte dei i rifiuti di plastica che finiscono nell’oceano provengono principalmente da cibo e bevande da asporto e attività di pesca”.

Il colosso di Jeff Bezos precisa poi i propri impegni per l’ambiente e in particolare sugli imballaggi. Rispetto al 2015, “è stato ridotto il peso degli imballaggi per la spedizione di più del 36%”. In India, nel 2020, Amazon “ha eliminato le pellicole di plastica sottile monouso dagli imballaggi, sostituendo i materiali plastici come il pluriball o i cuscini d’aria con cuscini di carta e introducendo il nastro adesivo senza plastica e biodegradabile”. Sempre più spesso la carta sostituirà la plastica, e sempre maggiore è il numero di prodotti venduti senza l’imballaggio per la spedizione: “I prodotti che ottengono la qualifica ‘pronto da spedire’ prevista dal programma Frustration-Free Packaging vengono consegnati senza alcun imballaggio aggiuntivo”.

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Efficienti, ma poi?

Le iniziative di Amazon su questo fonte, dunque, non mancano e rispondono anche (soprattutto?) alla ricerca di maggiore efficienza produttiva. Ci sarebbe anche un brevetto sul riutilizzo dei cartoni, che tuttavia non sembra avere avuto impieghi nemmeno sperimentali. Quella che manca, viene da pensare, è una visione: voler essere best-in-class non solo nell’e-commerce ma anche nella sostenibilità. Basti ricordare, come EconomiaCircolare.com fa spesso, che il miglior rifiuto è quello non prodotto. Che nella gerarchia dei rifiuti, prima del riciclo c’è la riduzione e il riutilizzo. E gli esempi di riutilizzo non mancano, come il nostro magazine ha mostrato in più occasioni. Tanto da aver dedicando al riutilizzo degli imballaggi per spedizioni e asporto uno speciale. Cosa succederebbe se Amazon seguisse il buon esempio?

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