“Indipendentemente dai singoli settori e dalle filiere dei singoli materiali che trattiamo, siamo un reale comparto industriale, non un settore al servizio dell’industria ma una vera e propria industria che può fornire, soprattutto in un momento di crisi energetica e di approvvigionamento di materia come questo, nuova materia e nuova energia alle nostre aziende. Siamo un anello indispensabile affinché l’Italia possa raggiungere un buon grado resilienza”. Quando Paolo Barberi, vice presidente di Assoambiente, prende la parola durante la presentazione del rapporto annuale “L’Italia che Ricicla” realizzato da REF ricerche per l’associazione, sembra di percepire una transizione nella considerazione di sé che hanno le imprese che operano nel settore dell’igiene urbana, riciclo, recupero, economia circolare, smaltimento di rifiuti, bonifiche (riunite appunto in Assoambiente): non più un settore ancillare, non più gli operai che fanno il lavoro sporco perché si occupano di rifiuti ma i protagonisti, in questa fase storica di transizione ecologica, di un nuovo paradigma economico.
All’incontro, che si è tenuto a Roma giovedì scorso, hanno partecipato, oltre a Barberi, il presidente Assoambiente Chicco Testa, Rosario Barone del Centro di Studi Economici e Internazionali dell’Università di Roma Tor Vergata, che ha presentato uno studio che ha pesato la rappresentatività dell’associazione nella filiera che rappresenta, Donato Berardi, del Laboratorio REF, Laura D’Aprile, capo dipartimento Sviluppo sostenibile del Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica e, da remoto, Mauro Rotelli, presidente della commissione Ambiente della Camera.
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I primati nazionali nell’economia circolare
Proprio il report “L’Italia che Ricicla” realizzato per Assoambiente da Laboratorio REF ricerche, contiene i motivi, e i primai, alla base di questa nuova consapevolezza. L’Italia, infatti, spiega il documento, si colloca al primo posto a livello europeo per tasso di avvio al riciclo dei rifiuti (sia urbani che speciali), rispetto al totale gestito. Il dato italiano, pari all’83,2% (riferito al 2020, ultimi dati disponibili), è decisamente superiore non soltanto alla media UE (39,2%), ma anche rispetto ai maggiori Paesi dell’Unione: Spagna (60,5%), Francia (54,4%) e Germania (44%).
Guardando poi al tasso di circolarità dei materiali, che misura la quota di materiale riciclato e reimmesso nell’economia nell’uso complessivo dei materiali, l’Italia, con il 21,6%, si colloca poco sotto il primato della Francia (22,2%) e comunque sopra la Germania (13,4%) e la Spagna (11,2%) e, più in generale al di sopra della media UE (12,8%). Un trend in decisa crescita, se si tiene conto che tale indicatore si attestava al 12,6% solo 9 anni fa.
Un primato che si conferma anche con riferimento al tasso di utilizzo di metalli provenienti dal riciclo, che, ricorda Assoambiente, denota il contributo offerto dai metalli riciclati al soddisfacimento della domanda complessiva: qui l’Italia costituisce addirittura il benchmark di riferimento tra i principali Stati europei con un 47,2%, con Francia (39,3%), Germania (27,3%) e Spagna (18,5%) decisamente più indietro.
Donato Berardi, REF Ricerche, presentando i report, ha spiegato quale è stato il principio che ne ha guidato la stesura; “Siamo partiti da un punto di vista diverso rispetto è quello a cui siamo stati abituati: del riciclo non come corollario della manifattura, ma piuttosto come industria che ha tutti gli ingredienti per traguardare gli obiettivi della transizione ecologica ed energetica d le nuove scarsità emergenti; per permettere all’Italia di guardare ai prossimi anni con serenità maggiore, pensando anche alla competitività delle nostra manifattura”.
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Luci, ma anche ombre
Fin qui le note positive. Ma, sottolinea Assoambiente, “molto resta da fare su diversi fronti per far divenire l’industria del riciclo il fulcro di una nuova strategia di sviluppo del Paese, basata sull’economa circolare”. Oltre alle questioni aperte del sistema Paese – “come la lunghezza delle procedure autorizzative, la complessità del panorama normativo-regolatorio e la farraginosità del sistema dei controlli, cui si aggiunge in questi mesi la grave minaccia derivante dall’incremento dei costi energetici” – i principali nodi da sciogliere hanno a che fare, secondo imprese, con la questione impiantistica e con un export crescente che sottrae potenziali risorse.
Se la Germania con ben 10.497 impianti attivi è leader a livello europeo, leggiamo nel report, l’Italia si colloca al secondo posto, con 6.456 impianti di recupero di materia, seguita dalla Spagna con 4.007 impianti. “Un dato all’apparenza positivo – leggiamo nel report – ma caratterizzato da un elevato numero di impianti di medio-piccola dimensione e per lo più collocati nel Centro-Nord del Paese, nello specifico nelle Regioni in cui il comparto manifatturiero risulta particolarmente attivo e in cui i materiali recuperati possono facilmente essere reintegrati: nella sola Lombardia è presente il 22% dell’impiantistica nazionale dedicata al recupero di materia”.
Altro neo di questo sistema industriale è l’export eccessivo. Nel 2020 dall’Italia sono state esportate oltre 3,6 milioni di tonnellate di rifiuti industriali e poco più di 581mila tonnellate di rifiuti urbani, per un totale di 4,2 milioni di tonnellate di rifiuti, inviati oltre confine dove per lo più vengono recuperati: “Un paradosso che, nel medio-lungo termine, andrà colmato, attivando le opportune leve incentivanti e di investimento impiantistico, affinché maggiori volumi di rifiuti riciclabili vengano recuperati nel nostro Paese, contribuendo ad accrescere la capacità del sistema produttivo di ovviare alla cronica mancanza di materie prime, così come a creare sbocchi occupazionali verso la transizione ecologica”.
I contenuti del report
Lo studio realizzato da REF Ricerche per Assoambiente traccia un quadro sul contesto normativo e sui risultati nazionali e continentali delle industrie del riciclo. Inquadra l’industria del riciclo nelle politiche europee, identifica le strategie, le politiche e gli strumenti economici a sostegno del riciclo (dal PNRR alla Strategia Nazionale per l’Economia Circolare al Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti). Inquadra la posizione dell’industria italiana del riciclo nel contesto europeo, dal punto di vista delle performance, dell’impiantistica e delle sue carenze. Infine offre una fotografa del mercato dei prodotti da riciclo, con focus sulle diverse filiere, e delle dinamiche di mercato delle materie prime seconde.
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