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giovedì, Gennaio 9, 2025

L’auto elettrica low-cost della Cina e le prospettive UE

Si prevede che entro il 2025 il colosso cinese BYD lancerà in Europa la prima utilitaria elettrica, che potrebbe scuotere il mercato europeo dell’automotive. Un settore in difficoltà da anni, preso dal falso problema dello stop alla produzione delle auto a combustione. Per uscirne serve perseguire un modello circolare

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Redazione EconomiaCircolare.com

Sta per arrivare l’auto elettrica utilitaria. Però è a marca cinese e le prospettive per l’Unione Europea sono preoccupanti. Il 2025 si apre con una novità sul mercato dell’automotive UE che potrebbe incidere sugli equilibri di uno dei settori industriali più in difficoltà in questi anni. E che, allo stesso tempo, è un segnale della lungimiranza delle politiche ambientali della scorsa Commissione. A patto, ovviamente, di sapere e di voler interpretare i segnali nel modo più consono per il futuro ambientale, sociale ed economico del Vecchio Continente.

Ma andiamo con ordine. In questi giorni i titoli delle riviste specializzate sui motori si somigliano tutti. Il fatto è presto detto: il colosso cinese BYD, che a fine ottobre 2024 aveva superato la statunitense Tesla nel fatturato trimestrale (fonte Financial Times), lancerà entro quest’anno il modello Seagull, vale a dire la prima “auto elettrica a basso costo”. Un’utilitaria, per dirla in altri termini, che potrebbe essere venduta sul mercato europeo a meno di 20mila euro

“Visto il prezzo competitivo con cui viene già venduta in diversi Paesi fuori dall’Unione (l’equivalente di circa 12.000 euro) – scrive Quattroruote – per lei si ipotizza comunque un listino estremamente accattivante, destinato a farne il punto di forza per lanciare il guanto nel suo segmento a vetture come la Dacia Spring, oppure la prossima Renault Twingo”. Si tratta di una novità dal portato simbolico e concreto notevolissimo. Andiamo a vedere perché.

Leggi anche: Cosa c’è da sapere sui dazi europei alle auto elettriche cinesi

Se l’utilitaria arriva dalla Cina

L’auto per tutti o, se volete, l’auto per le famiglie è stato il modello che ha contrassegnato la produzione dell’automotive del Novecento e, più in generale, il capitalismo europeo. Sulla scorta del fordismo statunitense le utilitarie create in Europa dopo la seconda guerra mondiale hanno contrassegnato il trionfo del motore a combustione – benzina, diesel, metano, gpl. Ogni Paese ha le proprie utilitarie di riferimento: in Italia la 500 e la Panda della Fiat, in Germania la Golf della Volkswagen e la Corsa della Opel, in Francia la C3 della Citroen e la 206 della Peugeot. E tante altre potremmo citarne, ciascuno ha le proprie preferenze. 

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Era solo questione di tempo, come preconizzano già da tempo esperti come Nicola Armaroli, dirigente di ricerca del CNR (leggi qui la sua intervista), prima che le case automobilistiche elettriche cominciassero a creare le utilitarie. Diventando in questo modo concorrenziali rispetto alle auto termiche su uno dei fattori che più ne ostacolava la diffusione a livello popolare, cioè i prezzi più alti. Non sorprende poi che ad arrivare per prima a tale traguardo sia la Cina. Non solo è il Paese che più di tutti ha investito in questi decenni sulle auto elettriche ma è anche quello che ha maggiormente foraggiato le industrie nazionali, attraverso enormi aiuti di Stato, al contrario di quel che è accaduto nell’Unione Europea, dove invece ha prevalso la logica concorrenziale. 

Inoltre il lancio della BYD arriva in un momento drammatico per l’automotive dell’Unione Europea. Tutti i colossi europei registrano da anni una diminuzione costante delle vendite, da Stellantis a Volkswagen, e invece di interrogarsi sulle ragioni strutturali di tale declino il dibattito europeo è invischiato nelle false accuse allo stop alla produzione di nuove auto col motore a combustione, deciso dalla scorsa Commissione europea. A dieci anni di distanza da quell’obiettivo le energie della politica e dell’industria sono concentrate sulla cancellazione di tale stop invece che approfittare di questo lungo arco temporale per tornare a essere innovativi e sostenibili. Magari mettendo a sistema un modello circolare di auto, come abbiamo raccontato in questo Speciale

Leggi anche: Stop alle auto termiche dal 2035: mantenerlo o rinviarlo? Ecco le posizioni in campo

L’auto è cinese ma la produzione è ungherese?

Per un Continente come l’Europa che va invecchiando e che dovrà affrontare un importante calo demografico, è utopistico pensare che si possano ancora perseguire i dati di vendite di 20-30 anni fa. Piuttosto sarebbe più auspicabile pensare a una sostituzione delle auto termiche con quelle elettriche, dove si può, e specialmente a un minor ricorso all’auto privata, soprattutto per quegli spostamenti insostenibili di pochi metri o dove è possibile ricorrere ad alternative più sostenibili (pensiamo ai treni). 

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Se però questi sono scenari a medio e lungo termine ce n’è uno molto più immediato che bisogna affrontare. Dall’1 novembre 2024 sono attivi i dazi europei sulle auto elettriche cinesi, in aggiunta a quelli già in vigore da luglio del 10%, con tassazioni molto alte che vanno da un ulteriore 17% a un ulteriore 35% delle importazioni. Dazi che però la cinese BYD potrebbe evitare, e in special modo proprio la produzione di Seagull. Come? Lo spiega ancora Quattroruote. “Potrebbe essere la prima auto del costruttore di Pechino prodotta in Europa, all’interno dello stabilimento di  Szeged in Ungheria, non soggetta quindi ai dazi imposti da Bruxelles” scrive il portale di riferimento per gli appassionati delle quattro ruote.

Una beffa che conferma come di fronte alle sfide epocali che attendono il Vecchio Continente non si può più proseguire in ordine sparso ma serve unità. Il rischio maggiore, per l’Unione Europea e per il settore dell’automotive, è una lenta e progressiva implosione. Per scongiurarla, a nostro avviso, è vitale ricorrere all’economia circolare.

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