Lo scorso 6 ottobre Felici da matti, una cooperativa che opera in Calabria, precisamente a Roccella Jonica (Reggio Calabria), ha festeggiato 19 anni. Nasce infatti nel 2003 dal desiderio di sei donne di un gruppo di preghiera della diocesi di Locri-Gerace di creare occupazione lavorativa, includendo soggetti con disagi fisici, psichici e persone inoccupate o disoccupate. Nel 2013 prende il via da parte della cooperativa la produzione artigianale di sapone da bucato solido utilizzando per una parte dell’agente lavante olio alimentare post-consumo raccolto nel proprio comune: si è arrivati poi a realizzare una linea di detergenti liquidi per la pulizia della casa e del bucato e a estendere la raccolta in tutta la Locride.
“Sono 19 anni che resistiamo, – racconta a EconomiaCircolare.com Maria Teresa Nesci, presidente di Felici da matti – prima eravamo in tanti, ad oggi siamo rimasti in 8, tra cui abbiamo soci svantaggiati, persone con disabilità, giovani ed ultracinquantenni. In questi anni abbiamo portato avanti tirocini formativi e percorsi di inserimento, indirizzate anche a persone con disagi psichici. Inizialmente nessuno pensava che si potesse realizzare quello che noi oggi facciamo, ci guardavano un po’ come matti ma durante questi anni, davanti a quello che siamo riusciti a costruire, pezzettino dopo pezzettino, si sono dovuto ricredere”.
La raccolta degli abiti usati
Fino a dicembre 2019 la cooperativa si è occupata anche della raccolta di abiti usati grazie a dei cassonetti dislocati sui vari comuni della zona: i tessuti recuperati venivano poi utilizzati per realizzare pezze e stracci per la pulizia, rivenduti ad officine meccaniche, al porto di Gioia Tauro (Reggio Calabria), per un periodo persino a Trenitalia. Una selezione degli abiti migliori era invece rivenduta in un punto vendita di abbigliamento usato.
Ad un certo punto però, le cose si sono complicate: le aziende richiedevano sempre meno stracci ed era difficile recuperare abiti usati da poter reimpiegare come capi di abbigliamento in quanto, in generale, molto usurati. Inoltre, l’arrivo di punti vendita di vestiti molto economici rendeva poco conveniente per molti scegliere il capo usato perché, a parità di prezzo, aveva facile accesso al nuovo.
Aver cessato questa attività poco prima della pandemia è stata però, in un certo senso, una fortuna per la cooperativa: “Generalmente – spiega Nesci – avevamo in deposito oltre 200 chili di abiti usati, a volte anche di più, in quella situazione avremmo dovuto igienizzarli prima di poterli riusare e rivendere, e questo per noi sarebbe stato impossibile perché siamo una piccola realtà, ed era tutto a titolo volontario”.
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Olio esausto: la raccolta
Un’altra attività che contraddistingue la cooperativa e che è invece tutt’ora attiva è quella della raccolta dell’olio alimentare post-consumo, sia quello domestico che quello proveniente dalle attività di ristorazione: avviata nel 2013 proprio nel Comune di Roccella Jonica attraverso il progetto “Non buttarlo nel lavandino…o siamo fritti!”, è stata poi estesa a molti altri Comuni del circondario.
“Nel nostro Comune – spiega ancora Nesci – esisteva già un sistema di raccolta differenziata che stava funzionando bene per cui abbiamo proposto alla nostra amministrazione di portare avanti un progetto di raccolta di oli vegetali esausti, (che fino ad allora non veniva effettuata nel Comune, ndr) che restituisse però subito una gratificazione, un premio per chi mette in atto questa buona pratica”.
Il Comune di Roccella Jonica fornisce quindi i piccoli bidoni, e la cooperativa inizia la sua raccolta: ogni 5 litri di olio da frittura viene regalato un sapone artigianale di Felici da matti. Una gratificazione sì, ma anche un modo per recuperare e tramandare un’antica tradizione delle nonne, cioè quella di fare il sapone con gli scarti, che allora potevano essere del maiale, le rimanenze dell’olio d’oliva e i fondi dell’olio fritto. In questo caso naturalmente il sapone da bucato che viene realizzato non ha origine animale ma viene ottenuto da riciclo dell’olio che viene filtrato e purificato e, in seguito, aromatizzato con olio essenziale di bergamotto e di limone.
Vengono avviati quindi una serie di progetti di sensibilizzazione ambientale, tra cui alcuni nelle scuole e altri dove vengono premiati i comuni virtuosi dove viene raccolto più olio. L’intento è quello di porre l’accento sui danni che l’olio vegetale esausto causa se viene sversato nell’ambiente, che i lettori di EconomiaCircolare.com sanno essere gravi: un litro di olio, infatti, disperso nell’ambiente inquina fino a 10mila litri di acqua.
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La raccolta itinerante dell’olio alimentare usato
Ad oggi la raccolta viene effettuata in diversi Comuni [consultabili al calendario]: in alcuni si è provveduto a installare dei piccoli bidoni, mentre in altri, dove non si sono riusciti ad ottenere i fondi necessari per acquistarne, vengono organizzate raccolte itineranti. Un operatore con il furgone si posiziona nella piazza del Comune, in modo da incontrare anche le esigenze dei più anziani e di chi non ha un’auto, l’utente conferisce l’olio e viene consegnato il sapone. Una procedura che ha richiesto e richiede un dialogo constante con i cittadini: oltra alla distribuzione del calendario con le date e i luoghi della raccolta, si è provveduto ad aprire una mailing list ma anche ad inviare messaggi e a tenere aggiornati gli utenti tramite i gruppi Facebook.
Infine, i punti di raccolta sono arrivati sino a Reggio Calabria e Cosenza dove è nata una collaborazione con Coldiretti e con i mercati di Campagna Amica: una volta al mese la cooperativa è presente al mercato, dove è possibile conferire l’olio e, in cambio, ricevere uno sconto sull’acquisto dei loro prodotti.
L’olio vegetale esausto raccolto da luglio 2013 a dicembre 2019 è stato di 203,5 tonnellate. Nel 2021 la raccolta annua totale è stata di circa 65 tonnellate, di queste 33,5 circa da attività commerciali e 32 tonnellate da utenze domestiche. Di queste ultime, sono state trasformate in sapone circa una tonnellata.
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Il processo di trasformazione
Una volta raccolto l’olio questo viene stoccato presso l’isola comunale di Roccella Jonica, dove è presente una cisterna di quasi 10mila litri, una parte dell’olio proveniente dall’uso domestico viene filtrato, purificato e trasformato in tensioattivo per il sapone, subisce poi due procedimenti diversi: un metodo a freddo e uno un metodo a caldo, a seconda della formula e della tipologia di prodotto che si vuole ottenere. Per una questione di pulizia, per creare il tensioattivo si è scelto di impiegare solo l’olio delle utenze domestiche, perché in genere viene sfruttato meno rispetto all’olio da ristorazione.
Una parte dell’olio che non viene utilizzata per la trasformazione in sapone, compreso quello della ristorazione, viene invece rivenduta ad un intermediario che a sua volta lo indirizza ad aziende autorizzate che ne fanno biodisel; anche se, come specifica Nesci, è difficile per la cooperativa avere contezza di quest’ultima filiera.
I prodotti, acquistabili sul sito e su una piattaforma online, sono formulati con diverse percentuali (dal 30% al 50%) della materia attiva lavante da olio vegetale esausto chiarificato e saponificato: nello specifico si tratta di un sapone solido, un detersivo per bucato, un detersivo per pavimenti ed uno sgrassatore.
“Ad oggi – prosegue Nesci – i nostri saponi hanno una certificazione vegan ok. Le materie prime che utilizziamo per produrre i prodotti avrebbero tutti i requisiti per avere anche le altre certificazioni ambientali ma è una questione di costi, non possiamo permettercele”.
Anche nella scelta delle materie prime e dei fornitori si cerca di privilegiare le piccole realtà, vicine ai valori della cooperativa: “Le materie prime che utilizziamo le acquistiamo da un’azienda che si occupa di biocosmesi e di detergenza ecologica e inseriscono anche loro soggetti e fasce deboli e curano moltissimo l’eticità e la trasparenza. L’olio essenziale di limone e bergamotto preferiamo che provenga da una piccola azienda a tenore familiare, invece che da grandi aziende”.
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C’è ancora tanto da fare
“Quando abbiamo iniziato – ricorda – nessuno conosceva i danni che l’olio causa. Certo è molto più facile gettare l’olio nel lavandino che raccoglierlo, ed ecco perché è giusto che la mia buona pratica venga premiata. C’è ancora tanto da fare: stiamo programmando di ripartire con una campagna di sensibilizzazione nelle scuole. Quest’anno di chiusura ci ha un po’ bloccati, perché è arrivata anche la concorrenza mentre all’inizio eravamo solo noi sul territorio. Ci sono ristoratori però che si sono fidelizzati, con cui riusciti a costituire anche una rete”.
Nesci sottolinea infine come negli ultimi tempi abbia riscontrato una maggiore sensibilità, sia nel sociale che nell’acquisto consapevole e sostenibile. Un piccolo traguardo, cui forse hanno contribuito con la loro stessa attività. A primavera la cooperativa si è trasferita in una zona più centrale del loro Comune, dopo essere riuscita ad acquistare un piccolo lotto di terreno nell’area industriale con la speranza, conclude, di “costruire qualcosa di nostro”.
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