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martedì, Maggio 14, 2024

“Scusa, mi ricicli l’olio?”, il dossier sugli oli alimentari esausti. Tra criticità e potenzialità

Si può riciclare al 100% per produrre biocarburanti, cosmetici e saponi. Eppure oggi in Italia raccogliamo solo il 5% dell’olio di scarto delle nostre cucine. Le ragioni? Scarsa informazione ai cittadini e punti di raccolta decisamente insufficienti. Ecco cosa c'è da sapere su una filiera dalle potenzialità enormi

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Redazione EconomiaCircolare.com

Nelle cucine degli italiani c’è una miniera… d’olio, avanzato dopo la frittura o dai barattoli delle conserve. Sono i cosiddetti oli esausti, che in realtà hanno ancora una lunga vita davanti a sé. Mentre a essere davvero esausti sono i cittadini, che ricevono poche informazioni sul corretto conferimento e faticano a trovare punti di raccolta nel loro territorio. Fino a poco tempo fa le amministrazioni comunali neanche si ponevano il problema di raccogliere gli oli e i grassi alimentari di provenienza domestica.

E oggi, nonostante lo sforzo dei consorzi, che rigenerano tutto quanto si riesce a raccogliere, il sistema sconta ancora forti ritardi: siamo al 5% di raccolta dell’olio immesso sul mercato. Un vero peccato se si considera che si tratta di uno scarto che è riciclabile al 100%. Insieme all’app Junker, compagni e compagne di tante avventure, EconomiaCircolare.com ha fatto il punto della situazione sugli oli alimentari esausti in Italia nel dossier intitolatoScusa, mi ricicli l’olio?, che ha l’obiettivo di avviare una riflessione collettiva su un settore dalle grandi potenzialità ma ancora troppo “scivoloso”.

Il primo scoglio rilevato dal dossier riguarda la penuria di punti di raccolta e la scarsità di informazioni su quelli esistenti. Una mappatura ufficiale non esiste. La prima – e finora unica – l’ha condotta proprio Junker app, che, grazie anche alla collaborazione degli utenti, ha individuato 1.500 punti di raccolta di oli esausti in tutta Italia: appena 1 ogni 39mila abitanti. Come stupirsi quindi se questa risorsa potenzialmente molto preziosa, invece d’essere valorizzata, finisce letteralmente scaricata nel wc?

I danni per l’ambiente sono incalcolabili. E anche quello economico pesa non poco: almeno 16 milioni di euro persi per la mancata raccolta, riciclo e recupero, ad esempio sotto forma di biocarburanti. Una mancata opportunità che diventa ancora più grave in questa drammatica fase storica, in cui si cerca in ogni modo di superare la crisi energetica e ridurre la dipendenza del Paese dalle fonti fossili.

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“Giallo come l’oro”

A differenza di altre tipologie di rifiuti, gli oli esausti si possono riciclare completamente. E così avviene, in effetti, per la quota di rifiuto che attualmente viene avviata al riciclo. Opportunamente trattato, questo rifiuto speciale può infatti tornare a nuova vita sotto diverse forme: biodiesel, soprattutto, ma anche bio-lubrificanti per macchine agricole o nautiche, saponi, prodotti cosmetici e inchiostri. Sono solo alcuni degli usi circolari documentati dal dossier, che, riportando studi e dati dei consorzi CONOE e RenOils, sottolinea come, benché esausto, l’olio vegetale abbia ancora un grande valore. “Non a caso è giallo come l’oro” ripete spesso il presidente di Conoe Tommaso Campanile.

Eppure le potenzialità molteplici degli oli esausti non sono state ancora ben comprese dalle istituzioni, che poco fanno per incentivarne al massimo la raccolta. Basti pensare che secondo gli ultimi dati se ne riescono a raccogliere appena 80mila tonnellate, a fronte di oltre 200mila tonnellate riutilizzate (ma il fabbisogno per produrre biocarburanti è destinato ad aumentare sensibilmente nei prossimi anni). Ed è qui che, secondo il dossier di EconomiaCircolare.com e Junker app, cominciano a emergere le ombre di un settore: mentre il Paese importa oli esausti dall’estero per produrre biofuel, nelle cucine di tutta Italia l’olio avanzato continua a finire negli scarichi.

Col paradosso che, nonostante il grande sforzo dei consorzi, la filiera pubblica degli oli e grassi alimentari esausti è ancora un colabrodo e ogni goccia d’olio fatta sparire nello scarico rappresenta una minaccia per gli ecosistemi: 1 chilogrammo di olio vegetale esausto può infatti inquinare una superficie d’acqua di 1.000 metri quadrati, per non parlare dei danni alla rete fognaria e al sistema di depurazione.

Di questo e di altro parleremo martedì 28 giugno alle 18, al nostro consueto Circular Talk  in streaming sulle nostre pagine Facebook, Linkedin e Youtube. Gli ospiti che hanno confermato la presenza al dibattito coordinato dal nostro Andrea Turco sono:

Ennio Fano – presidente di RenOils;

Carmelo Drago – ricercatore presso il CNR – Istituto di Chimica Biomolecolare

Noemi De Santis – founder, pr & communication manager Junker App

Tommaso Campanile – Presidente di Conoe

Leggi anche: Cibo o biocarburanti? La guerra in Ucraina e un dilemma che non esiste

Cittadini consapevoli ma esausti di una raccolta insufficiente

Ma che cosa ne pensano gli italiani? E soprattutto quanti di loro sanno come conferire correttamente gli oli esausti? A queste domande risponde un questionario realizzato da Junker app in collaborazione con la campagna Generazione SPREKO di Cittadinanzattiva: l’84% degli oltre 6.800 rispondenti è ben informato su che fine dovrebbe fare l’olio di scarto della cucina. Trattandosi di utenti della app Junker, che aiuta ad effettuare una corretta raccolta differenziata, è probabile che si tratti di un campione particolarmente attento e sensibile, dunque la percentuale dei “consapevoli” potrebbe essere leggermente sovrastimata.

Lo stesso vale per l’opinione sull’adeguatezza del servizio, in termini di diffusione sul territorio e accessibilità dei punti di raccolta. Il questionario di Junker evidenzia che solo 1 italiano su 4 (il 26%) è pienamente soddisfatto della loro diffusione, il 35% la giudica sufficiente, mentre il 26% ritiene che il numero di punti non sia sufficiente. Un altro 13% non sa. E in effetti, come rilevato da EconomiaCircolare.com e da Junker, i punti di raccolta sono ancora pochi, sia nelle aree periferiche e di provincia sia nelle affollatissime aree metropolitane. Va meglio sul fronte dell’accessibilità: oltre il 68% dei rispondenti giudica buona o sufficiente l’accessibilità sia fisica (distanza, distribuzione dei punti) sia oraria.

La sfida digitale su greenApes

La pubblicazione del dossier sarà infine accompagnata dal lancio di una sfida digitale dal titolo “Anche l’olio fa la sua parte”, che resterà online da oggi fino a fine luglio su greenApes, la popolare piattaforma per azioni sostenibili.

Tutti gli utenti sono invitati a partecipare, mettendo alla prova le proprie conoscenze in materia attraverso i sei step della sfida, che prevedono, tra l’altro, di rispondere a tre quiz a tema su Junker app, fare un check in presso un punto di raccolta di oli esausti e segnalarne uno mancante, per contribuire così alla mappatura avviata dal team di Junker.

Per saperne di più su questo e altri aspetti vi invitiamo in ogni caso a scaricare gratuitamente il dossier “Scusi mi ricicli l’olio?” e a seguire il webinar di martedì.

Leggi anche: Capi d’abbigliamento da oli di scarto? La sfida (vinta) del Progetto Ulisse

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