fbpx
mercoledì, Gennaio 22, 2025

Quanti sono? Dove sono? Cosa fanno? Il primo censimento dei centri del riuso e riparazione

Lanciato da Danilo Boni con Maurizio Bertinelli e supportato dal Centro di Ricerca Rifiuti Zero di Capannori e da Zero Waste Italy, il censimento, ancora in corso, mira a costruire una rete e a condividere le pratiche migliori

Daniele Di Stefano
Daniele Di Stefano
Giornalista ambientale, un passato nell’associazionismo e nella ricerca non profit, collabora con diverse testate

I rifiuti meno problematici sono quelli che non generiamo. Un’evidenza messa nero su bianco dalla direttiva quadro sui rifiuti (la 2008/98/CE) e dalla gerarchia europea che a monte di tutte le opzioni mette il riuso e quindi la prevenzione del rifiuto. Se lo guardiamo con gli occhi dei produttori e dell’industria, il riuso non è che un diletto per anime belle. E così è stato considerato anche dalle istituzioni, prova ne sia il grandissimo ritardo nella pubblicazione dei decreti attuativi per la preparazione al riutilizzo attesi da oltre 10 anni.

Immagine fornita da Danilo Boni e Maurizio Bertinelli

Nonostante l’inerzia delle istituzioni e l’ostracismo del mondo produttivo, qualcosa si muove. Nel nostro Paese ci sono infatti centri del riuso come Triciclo a Torino, Daccapo a Capannori, Cauto a Brescia o Cooperativa insieme a Vicenza e, oltre a questi più noti, molti altri. Quanti? Dove? Cosa fanno? Per rispondere a queste domande Danilo Boni – con l’aiuto tecnico informatico di Maurizio Bertinelli, e con il supporto del Centro di Ricerca Rifiuti Zero di Capannori e della rete di Zero Waste Italy – ha avviato un censimento nazionale dei centri del riuso e/o riparazione.

Il censimento – che riguarda i centri del riuso (comunali, intercomunali, privati) ma anche le diverse esperienze di centri di riparazione come Repair Cafè e Restarters mutuate dall’estero – ad oggi ha avuto risposta da 85 centri ed è ancora in corso (qui il modulo ).

 

I risultati (provvisori) del censimento sui centri del riuso

Quasi la metà degli 85 dei centri del riuso che, ad oggi, hanno risposto si trovano in Lombardia (26%) ed Emilia Romagna (20,8%), mentre le altre regioni più rappresentate sono Marche, Veneto e Toscana.

Immagine fornita da Danilo Boni e Maurizio Bertinelli

La gran parte dei centri è nata dopo il 2010. “Di sicuro – spiega Danilo Boni – ciò è dipeso dalla spinta istituzionale di Comuni e Regioni ma anche dalla risposta dei cittadini e delle realtà associative sensibili a queste tematiche”.

A dare il via a queste strutture c’è un forte legame tra motivazioni ambientali e sociali. Per oltre la metà dei centri la motivazione è prettamente ambientale: quindi ridurre i rifiuti promuovendo il riutilizzo in antitesi alla crescente diffusione, in moltissimi i settori, dell’usa e getta. Per un altro 32% alla nascita dei centri si collegano motivi ambientali e insieme sociali (l’impiego di persone svantaggiate o la cessione di beni a persone bisognose). Il 10% dei centri ha motivazioni prevalentemente sociali, e per la restante e marginale quota la motivazione è il finanziamento. Il legame tra finalità ambientali e sociali trova conferma anche nella natura del gestore dei centri, di solito affidata a cooperative sociali (32%), associazioni del territorio (30%), volontari (20%).

Censimento centri riuso_Motivazione nascita
Immagine fornita da Danilo Boni e Maurizio Bertinelli

Le strutture si dividono equamente tra centri di proprietà comunale (50%) e centri privati (50%). Circa i due terzi dei centri ad oggi censiti ha un ricavo annuo inferiore ai 10 mila euro, non mancano però esperienze più strutturate che superano i 20 mila euro.

Dove sono, cosa fanno, cosa pensano i cittadini dei centri del riuso

Solo il 40% dei centri di riuso e riparazione che hanno risposto al censimento ha la propria sede accanto alla piattaforma ecologica. Quindi solo 4 centri su 10 si trovano nella posizione migliore per raccogliere i beni prima che diventino rifiuti. “Questa è la collocazione ideale – sottolinea Danilo Boni – per intercettare subito il bene e ridurre costi di logistica”.

Si occupano prevalentemente di abiti, mobili, biciclette, elettrodomestici ed apparecchi elettronici, giochi e libri. In sei centri su 10 si offrono anche servizi di riparazione: soprattutto restauro di mobili (26%), ciclofficine (18%), riparazione di elettrodomestici (11%), piccoli lavori di sartoria (5%).

Nel 70% dei casi, raccontano i gestori dei centri di riuso e riparazione, i cittadini hanno mostrato nei confronti della struttura una risposta positiva: buona (36%), molto buona (20%) o ottima (14%).

Mentre il conferimento è sempre gratuito, le modalità di prelievo cambiano. “Di solito – spiega ancora Boni – i soggetti deboli che i Comuni raccolgono nelle loro liste possono andare al centro e prendere i beni di cui hanno bisogno senza pagare nulla. Tutti gli altri invece contribuiscono con cifre modiche”. Dal censimento risulta che il 23% dei centri cede i beni usati gratuitamente, il 34% chiede una donazione, il 20% circa tiene insieme le due formule. Il restante 10% circa prevede modalità con contributi economici.

Censimento centri riuso_Modalità cessione
Immagine fornita da Danilo Boni e Maurizio Bertinelli

Leggi anche: Se tazze e bicchieri diventano un servizio. La rivoluzione dei sistemi di riuso

Gli obiettivi del censimento

“Abbiamo iniziato a censire queste realtà – racconta Danilo Boni – per mappare i centri italiani, censirne le caratteristiche e le attività, evidenziare la loro importanza a livello locale, per farli diventare ancora di più dei punti di riferimento, ma anche per farne nascere di nuovi ed infine creare un network per unire le forze sia a livello nazionale che internazionale. Adesso speriamo che le adesioni continuino ad aumentare”.

Un modo “per far emergere un ‘comparto’ che non solo contribuisce a ridurre i rifiuti ma anche a promuovere occupazione e piccola impresa oltre che buone pratiche sul riuso e il riutilizzo di oggetti e anche le esperienze di riparazioni di apparecchiature elettriche ed elettroniche”, aggiunge ancora il promotore dell’iniziativa.

Tra le sinergie obiettivo del censimento, anche la diffusione delle best practices: “Le esperienze più interessati sono quelle che si sostengono economicamente al di là delle sovvenzioni pubbliche, che riescono a creare delle attività di riutilizzo, riparazioni oppure laboratori”. Ideale, insomma, sarebbe che queste esperienze facessero scuola per rendere gli altri centri sostenibili economicamente, senza ovviamente eclissare la vocazione sociale e ambientale che abbiamo visto.

Comunicare e coinvolgere

Altro aspetto importante è la comunicazione. “La comunicazione è fondamentale – ci tiene a sottolineare Boni – bisogna spiegarlo bene ai cittadini, far sapere loro che alcune cose si possono riutilizzare, è che c’è un mercato di seconda mano che fa risparmiare e che fa bene all’ambiente. Se questo si spiega bene, se i cittadini vengono coinvolti, si ridurrebbero e di molto i rifiuti”.

© Riproduzione riservata

spot_img

POTREBBE INTERESSARTI

Ultime notizie