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martedì, Maggio 21, 2024

Se tazze e bicchieri diventano un servizio. La rivoluzione dei sistemi di riuso

I sistemi di riuso potranno divenire una valida alternativa all'usa e getta. Closed Loop Partners ha portato avanti dei progetti pilota per valutare le potenzialità di un modello di riuso per le tazze che ormai comunemente utilizziamo per consumare le bevande da asporto. Il report racconta delle lezioni apprese

Caterina Ambrosini
Caterina Ambrosini
Laureata in Gestione dell’ambiente e delle risorse naturali presso la Vrije Universiteit di Amsterdam con specializzazione in Biodiversità e valutazione dei servizi forniti dall'ecosistema. Da inizio 2020, collabora con l’Atlante Italiano dell’Economia Circolare nel lavoro di mappatura delle realtà nazionali e nella creazione di contenuti.

Gli imballaggi monouso fanno parte della nostra quotidianità, soprattutto per ciò che riguarda gli alimenti. Nel 2019 il Parlamento Europeo ha approvato delle misure ambiziose per combattere i rifiuti da plastica monouso, nello specifico dieci tipologie di prodotti che da soli rappresentano il 70% dei rifiuti rinvenuti in mare. Tra le regole introdotte dalla direttiva Sup (sigla dell’inglese Single-use Plastics) c’è il divieto di prodotti monouso in plastica per i quali esistono delle alternative sul mercato: parliamo di cotton fioc, posate, ma anche contenitori per alimenti e bevande in polistirolo espanso e misure per la riduzione del consumo di contenitori in plastica per alimenti e bicchieri.

Secondo la non profit americana Plastic Oceans, dei 380 milioni di tonnellate di plastica prodotte ogni anno circa il 50% è utilizzato per prodotti monouso, che dopo il loro velocissimo utilizzo si aggiungono ai 10 milioni di tonnellate di plastica riversate negli oceani ogni anno. Ad aumentare la mole di dati negativi, il report dell’americana Smithers, fornitore multinazionale di servizi di consulenza, che racconta di un uso globale di imballaggi in plastica monouso in procinto di arrivare a 48 milioni di tonnellate nel 2025.

Una nuova esperienza per bere il caffè

In questo contesto Closed Loop Partners, società di investimenti con base a New York che punta sulla circolarità, ha deciso di mettersi in gioco nel campo degli imballaggi per alimenti. Il suo centro di innovazione dedicato all’economia circolare gestisce il NextGen Consortium che ha come obiettivo quello di contrastare la diffusione degli imballaggi alimentari monouso. La prima sfida è stata lanciata con l’iniziativa NextGen Cup volta a trovare soluzioni a rifiuti zero per il consumo di bibite da asporto: tramite progetti pilota si mettono alla prova possibili sistemi di riuso. Secondo il consorzio il miglior modo per permettere a modelli di riuso per imballaggi di essere replicabili in larga scala è testare le soluzioni innovative sul campo. Proprio quello che ha fatto e che viene raccontato nel report di Closed Loop Partners “Bringing Reusable Packaging Systems to Life: Lessons Learned from Testing Reusable Cups” (Dare vita ai sistemi di imballaggio riutilizzabili: Lezioni apprese dal test di tazze riutilizzabili).

In questa fase pandemica, noi italiani ci stiamo abituando a bere il caffè in bicchieri da asporto, cosa che invece generalmente facciamo comodamente sul bancone del bar in una tazzina, di porcellana, ceramica o vetro. Sono comunque anni che nel nostro paese è possibile gustare bevande calde o fredde nello stile ‘americano’: siamo partiti dalle bibite gassate dei fast food, fino ad arrivare alle bevande calde da caffetteria. Questa modalità di consumo di bevande che negli anni si è trasformata quasi in un moda è diffusa in tutto il mondo e secondo la rivista Science si stima che globalmente ogni anno si distribuiscano tra 250 e 300 miliardi di tazze monouso, pronte a essere gettate via in pochissimo tempo. Seppur le più comuni siano in carta, esse sono rivestite quasi sempre da una patina in plastica che rende difficile separare i materiali in fase di riciclo. Sono in circolazione però anche tazze in polistirolo o plastica. Il NextGen Consortium ha quindi deciso di partire da questa categoria di imballaggi monouso per studiare nel pratico le potenzialità di modelli di riuso con tazze in materiali alternativi che evitino l’usa e getta, quindi soluzioni dove il prodotto sia durevole e permetta numerosi utilizzi.

“Siamo all’apice di una rivoluzione del riutilizzo – spiega Bridget Croke, managing director di Closed Loop Partners – Il riutilizzo costituirà una parte crescente del portafoglio di soluzioni alla plastica utilizzate da marchi e rivenditori”. L’ambiente potrà usufruire di vantaggi dall’implementazione su scala di modelli di riuso, ma secondo la Fondazione Ellen MacArthur questo sistema sarà positivo anche per il portafoglio: un’opportunità da 10 miliardi di dollari con la conversione del 20% degli imballaggi in plastica in modelli di riuso.

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Adattarci al cambiamento, il viaggio delle tazze riutilizzabili

“Per rendere reali questi sistemi, abbiamo bisogno di progetti pilota. È importante che la comunità veda il sistema in azione, questo ci aiuta a avere un’interlocuzione migliore con i nostri stakeholder” spiega Chuck Muir, manager dei programmi di controllo ambientale (Zero Waste) della città di Palo Alto (California). Il consorzio ha selezionato tre sistemi di tazze riutilizzabili (uno tedesco, uno indonesiano, uno britannico) che tra il 2019 e 2020 sono stati testati sul mercato in alcune zone degli Stati Uniti. Tutto il sistema è basato su un percorso che la tazza riutilizzabile deve seguire affinché questo modello circolare trovi pieno compimento, a partire dal promuovere consapevolezza tra i consumatori, passando per la consegna della bevanda, fino al posizionamento delle tazze nei punti vendita dopo la sanificazione. I sistemi di riuso messi in piedi dal NextGen Consortium possono essere presi come esempio dell’implementazione di strategie product as a service, dove il consumatore della bevanda prende in prestito la tazza (sotto cauzione o deposito) per poi restituirla. Infatti, un anello importante nella catena del riuso che differenzia il sistema da quello standard dell’usa e getta è la creazione di cosiddetti ‘punti di ritorno’ dove poter conferire la tazza a fine consumazione. Il posizionamento dei ‘punti di ritorno’ deve però essere strategico: questo vuol dire che dare indietro una tazza riutilizzabile deve essere reso tanto facile e comodo quanto lo è gettare via una monouso. Per questo motivo il consorzio consiglia fortemente una distribuzione capillare di punti di restituzione su strada o nei negozi affiliati al sistema che rendano questa fase del processo conveniente per i consumatori. Per permettere una facilità nella restituzione, la riconoscibilità dei punti di ritorno è cruciale per il successo del sistema (quindi attenzione al design), ma sarà altrettanto importante assicurare il massimo dell’igiene e dell’accessibilità per il  conferimento da parte dei consumatori e per il ritiro degli addetti alla logistica.

Successivamente alla restituzione è la fase di lavaggio e sanificazione, che mai come ora durante una pandemia globale è fondamentale. Infatti, è probabilmente la tappa più critica del sistema anche in situazioni normali: molti consumatori tendono ad etichettare negativamente e quindi a non adottare modelli di riuso o altre strategie circolari (come l’acquisto di beni usati) per la percezione della poca igiene. “Il mantenimento dei più elevati standard di lavaggio, igiene e pulizia è una componente essenziale del sistema di riutilizzo” racconta Closed Loop Partners nel suo report. Seguire le norme ISO per garantire il massimo degli standard di sanificazione e lavaggio può essere un elemento di rassicurazione per i consumatori. È importante però che anche a primo impatto si percepiscano pulite le tazze, i punti di ritorno e tutte le apparecchiature legate alla restituzione, così come anche gli spazi di esposizione nei negozi. Il NextGen Consortium considera infatti l’apparenza importante tanto quanto il reale livello di pulizia, e scegliere partner affidabili può rafforzare la reputazione dell’intero sistema di riuso.

Lezioni dai progetti pilota: punto di partenza per future applicazioni

Dalla messa in opera dei servizi di riuso selezionati all’interno dell’iniziativa NextGen Cup, il consorzio gestito da Closed Loop Partners ha potuto delineare degli aspetti interessanti per la replicabilità del modello circolare. Un elemento importante che in realtà caratterizza l’economia circolare in generale è la potenza della collaborazione: coinvolgere tutti gli attori interessati è cruciale per il successo della strategia. Oltre agli ideatori delle tazze riutilizzabili e delle piattaforme digitali collegate, risulta fondamentale mappare tutti gli stakeholder, quindi aziende, lavoratori, clienti, operatori della logistica, ma soprattutto i governi locali che possono potenziare e promuovere la chiusura del cerchio. A racchiudere l’intero ciclo l’aspetto legato all’impatto ambientale del sistema di riuso: mettiamo in circolo prodotti che prevengono la creazione di rifiuti ma è altrettanto necessario tenere sotto controllo le altre risorse utilizzate (acqua, energia, emissioni) per un modello sostenibile di business.

Altro elemento emerso dai progetti pilota è una riflessione sulla durevolezza delle tazze messe in circolazione. Il sistema di riutilizzo deve guardare alla circolarità sin dal tavolo di progettazione, scegliendo materiali che siano adatti alla finalità richiesta (numerosi utilizzi), recuperabili a fine vita (impatto) e a buon prezzo. Tutte le aziende coinvolte nell’iniziativa NextGen Cup hanno sperimentato tazze riutilizzabili in plastica (polipropilene), acciaio inossidabile, vetro e ceramica, ognuna con caratteristiche che possono influenzare il funzionamento del sistema di riuso, ma anche con diversi livelli di costo e recupero del materiale da prendere in considerazione nella scelta in fase di progettazione.

Anche la modalità di fruizione del servizio è un elemento chiave per il successo del sistema di riuso: i metodi dell’abbonamento e del pay-per-use (paga per l’utilizzo) sono i più comuni e possono incoraggiare o meno i consumatori a aderire al servizio, così come anche gli incentivi finanziari e i metodi per definire le quote di smarrimento delle tazze riutilizzabili. Il NextGen Consortium ha voluto anche misurare il successo e l’impatto dei suoi progetti pilota considerando quattro elementi: la fattibilità tecnica, la redditività aziendale, la desiderabilità dell’utente e la circolarità sistemica. Quindi per pensare alla scalabilità e replicabilità del modello è importante sviluppare metodi di valutazione standardizzati che il settore può utilizzare per tenere sotto controllo il proprio impatto ambientale, ma anche per informare sulle opportunità di investimento e sull’andamento del mercato. Dai progetti pilota il consorzio ha potuto riscontrare come i sistemi di riutilizzo rappresentino un’opportunità valida e interessante per migliorare l’esperienza dei consumatori, possano portare benefici alle aziende e ridurre l’impatto sull’ambiente. Su quest’ultimo aspetto, è stata analizzata la circolarità sistemica dei progetti di riuso per capire quanto il sistema sia circolare e capace di portare degli impatti ambientali positivi, considerando il contributo della tazza riutilizzabile stessa al modello, quindi la sua durabilità, il materiale, i dati generati e i tassi di smarrimento delle tazze.

Considerazioni per la replicabilità del sistema di riuso

Dalla sua esperienza nel mondo dei sistemi di riuso, il NextGen Consortium ha potuto fare delle prime valutazioni che potranno essere utili per chi vorrà mettersi in gioco con questo tipo di modello circolare. Per prima cosa i modelli di riuso devono avere un impatto positivo sull’ambiente e offrire una soluzione valida alla grande problematica dei rifiuti da imballaggi monouso. È fondamentale che in ogni fase del processo sia garantita la massima igiene, mai come prima in questo periodo di pandemia, e che il modello di riuso non solo sia sicuro per tutti gli attori coinvolti ma fornisca anche un’esperienza senza interruzioni, quindi che sia facile prenderne parte tanto quando consumare bevande in imballaggi usa e getta. Infine, la scalabilità del modello gira intorno all’elemento della collaborazione: dare priorità alla creazione di partnership tra tutti gli attori interessati, dai clienti ai governi locali, per costituire un sistema solido e di successo dove diversi stakeholder lavorano per risolvere lo stesso problema.

© Riproduzione riservata

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