Porte chiuse per i lobbisti del fossile. Questa è la richiesta di Clean the Cop! – Fuori le lobby fossili dalle COP sul clima, campagna promossa dal magazine EconomiaCircolare.com, dall’associazione ecologista A Sud e da Fondazione Openpolis, e presentata a Palazzo Montecitorio oggi, 11 novembre, giorno d’inizio della Cop29 a Baku in Azerbaijan. Presenti anche le deputate Ilaria Fontana (Movimento 5stelle) ed Eleonora Evi (PD), e il deputato Filiberto Zaratti (Alleanza Verdi e Sinistra).
L’iniziativa chiede al governo italiano di lavorare per ripulire le negoziazioni climatiche internazionali dagli interessi delle industrie dell’Oil&gas, di essere coerente con gli obiettivi di decarbonizzazione nazionali ed europei, e di garantire trasparenza in merito ai criteri coi quali concede accrediti governativi per partecipare alle Cop. “In un momento cruciale per la sfida climatica, in cui è necessario moltiplicare gli sforzi di riduzione delle emissioni, è fondamentale svincolare gli obiettivi delle Cop da quelli delle imprese del gas e del petrolio e di chi queste imprese le finanzia. Partendo dall’esclusione da quelle stanze di chi ne difende gli interessi”, dichiara Laura Greco, presidente di A Sud.
La campagna ha raccolto inoltre l’adesione di Greenpeace Italia, Energia per l’Italia, ISDE – Medici per l’ambiente, Rinascimento Green e Coordinamento Nazionale No Triv.
Ma non è solo il mondo dell’associazionismo a chiedere che gli interessi delle imprese fossili non siano portati alle Cop con gli accrediti del governo. Infatti, corso della Conferenza stampa, è stato presentato l’Appello al governo firmato da oltre 30 appartenenti alla comunità scientifica nazionale e rappresentanti del mondo accademico. L’Appello chiede al Governo di smettere di facilitare la presenza di rappresentanti di grandi inquinatori alle Cop sul clima e di promuovere a livello internazionale e nazionale scelte finalmente in linea con le indicazioni della scienza, non con i piani industriali delle imprese petrolifere. A firmarlo climatologi, meteorologici, fisici, chimici, ecologi appartenenti a importanti centri di ricerca e atenei italiani ma anche medici, epidemiologi e giuristi esperti di diritto climatico. Tra i nomi: Vincenzo Balzani e Nicola Armaroli assieme a molti esponenti del gruppo Energia per l’Italia, Luca Mercalli, Mario Tozzi, Paolo Lauriola e Maria Grazia Petronio di ISDE, Michele Carducci, Serena Baldin e Silvia Bagni tra i giuristi.
Anche la politica si mobilita per questa battaglia: con la presenza di deputate e deputati alla conferenza stampa di presentazione, e con interrogazioni parlamentari che di questa follia chiedono spiegazioni al governo e ai ministri competenti.
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Quel badge governativo inquina i negoziati sul clima
Nel 2023 per la Cop28 di Dubai il badge d’ingresso ai lobbisti è arrivato direttamente dal governo italiano. Una contraddizione in termini: come può un governo porsi l’obiettivo della decarbonizzazione e allo stesso tempo portare con sé in delegazione gli alfieri nazionali delle fonti fossili? Secondo i dati delle Nazioni Unite (UNFCC), alla scorsa conferenza sul clima proprio l’esecutivo è stato il principale “sponsor” del mondo oil&gas nazionale. Calcolando solo i rappresentanti di enti con interessi esclusivi o parziali nel mondo fossile – Eni, Snam, Saipem, Enel, A2A, Edison, limitandosi ai soggetti con interessi più evidenti -, si contano 40 accrediti dall’esecutivo su un totale di 47 lobbisti italiani del fossile presenti. Le due organizzazioni col più alto numero di delegati accreditati dall’Italia sono state Saipem (16 accrediti) e Eni (14) i cui affari, legati alla sempre maggiore diffusione delle fonti fossili, vanno in direzione ostinatamente contraria agli obiettivi delle Cop e a quelli che dovrebbero essere gli obiettivi del governo italiano, anche in coerenza con i target europei di riduzione del 55% almeno delle emissioni al 2030 e di neutralità climatica al 2050.
Cosa sono le Cop sul clima e perché affrancarle della lobby fossile
Le Cop – Conferenza delle Parti dell’UNFCCC, Convenzione quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite – sono il luogo dove annualmente si discute e si decide – o si dovrebbe decidere – sui passi da compiere per porre un freno alla crisi climatica che impazza e, come stabilito nel corso dell’ultimo controverso round di negoziati, implementare “la transizione dai combustibili fossili”. Una terminologia decisamente poco ambiziosa per un obiettivo – quello di abbandonare al più presto le fonti energetiche più inquinanti – da tempo fissato con grande urgenza e preoccupazione dalla comunità scientifica. I report dell’IPCC, massimo foro scientifico per competenza e autorevolezza in materia, formato da centinaia di scienziate e scienziati provenienti da tutto il mondo, parlano chiaro: l’unico modo per centrare l’obiettivo dell’Accordo di Parigi, ovvero contenere l’aumento della temperatura media del Pianeta a fine secolo entro il grado e mezzo rispetto al periodo preindustriale, è rinunciare quanto prima a bruciare petrolio, gas e carbone. In altre parole: non ci possiamo permettere di mettere in produzione nuovi giacimenti e dobbiamo rallentare significativamente le estrazioni già in corso. Questa è la strada che dovrebbero seguire i governi che si riuniscono annualmente e che si ritroveranno a breve nella Cop29 in Azerbaijan. Ma se sono gli stessi governi a portare “i grandi emettitori” al tavolo delle trattative come si potrà ottenere il risultato auspicato e cristallizzato negli impegni internazionali assunti?
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La “pulizia” dal business fossile
Nel 2023 è diventato finalmente obbligatorio per i delegati accreditati alla Cop28 dichiarare chi rappresentano. Questo importantissimo dato, ottenuto grazie alle pressioni della società civile e in particolare alla campagna Kick Big Polluters Out, ha rivelato la presenza di molti lobbisti dei combustibili fossili che fino ad allora si erano mossi “in incognito”.
Prima di questo obbligo, infatti, si stimava la presenza di 503 lobbisti (alla Cop26) e di 636 (alla Cop27), cifre che non si avvicinano minimamente a quella – non più stimata ma certificata – dell’ultima Cop. A quella di Dubai, passata alla storia come la Cop presieduta da un petroliere, i lobbisti dei combustibili fossili registrati sono stati ben 2.456, superando in numero quasi tutte le singole delegazioni nazionali, e di gran lunga le delegazioni delle dieci nazioni più vulnerabili ai cambiamenti climatici messe insieme: Mali, Sudan, Eritrea, Tonga, Somalia, Guinea-Bissau, Micronesia, Niger, Isole Salomone, Chad, che contavano 1.509 esponenti in tutto.
“Il governo ha titolo a invitare chi ritiene più appropriato alle Cop ma è anche tenuto a rendere conto ai cittadini delle proprie scelte. Per questo sarebbe opportuno che l’esecutivo presenti in parlamento l’elenco delle persone a cui ha fornito un accredito spiegando, nel caso, qual è il senso di invitare portatori di interessi del mondo del fossile a una conferenza sul cambiamento climatico” ha dichiarato Michele Vannucchi della Fondazione Openpolis.
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Le azioni della campagna Clean the Cop
“Il peso dell’industria fossile è un macigno che comprime anche la libertà d’informazione – spiega il direttore di EconomiaCircolare.com, Raffaele Lupoli -. Dal nostro osservatorio vediamo quotidianamente come queste lobby influenzano pesantemente le scelte della politica e in molti casi anche la formazione del libero pensiero in ambito accademico o nei contesti culturali. Come giornale abbiamo scelto di rinunciare a ogni forma di finanziamento dall’industria fossile e recentemente abbiamo raccolto in un articolo tutti i casi noti di governi e città che hanno vietato la pubblicità per le aziende di questo settore. Così abbiamo sentito l’urgenza di lanciare questa campagna rivolta al governo. Questa battaglia culturale richiede il segnale concreto di una scelta di campo: governi, società civile, media e mondo accademico sono dalla parte del futuro pulito o di un’industria del passato che quel futuro ce lo sta rubando?”.
Per togliere l’accredito governativo ai lobbisti del fossile, le realtà promotrici di “Clean the Cop!” hanno lanciato una serie di iniziative con l’obiettivo di raccogliere il sostegno alla campagna da parte di chi siede in Parlamento, dalle istituzioni in generale, dal mondo scientifico e da quello della cultura. Con approfondimenti, inchieste e iniziative pubbliche, la campagna monitorerà la prossima Conferenza sul clima, quella di Baku, dove i petrolieri e i lobbisti del fossile sono di casa, a partire da chi coordinerà i lavori: Mukhtar Babayev, ex vice-presidente della State Oil Company of Azerbaijan Republic.
Per seguire gli sviluppi della campagna, visita il sito web dedicato: cleanthecop.org
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