Nel 2021 Danone-Aqua, sussidiaria di Danone International, apre a Bali un impianto di recupero di plastica e materiali di scarto in collaborazione con l’azienda di gestione rifiuti Reciki Solusi Indonesia. Il colosso dell’alimentare rivendica per questo sito “crediti di plastica”, certificati digitali negoziabili che rappresentano la riduzione dei rifiuti plastici nella produzione, in accordo col Plastic Waste Reduction Programme di Verra, leader mondiale degli enti certificatori che stabilisce i principali standard per l’azione sul clima e lo sviluppo sostenibile.
Le proteste
Dopo tre anni il progetto naufraga grazie alle proteste dei residenti di Angga Swara a Jimbaran, luogo in cui opera la multinazionale, che chiedono a gran voce di smettere di usare la loro comunità come discarica di plastica tossica, preoccupati per la posizione dell’impianto costruito a pochi metri dalle abitazioni e per i rischi per la salute legati alla produzione di combustibile derivato dai rifiuti (RDF), composto in gran parte da plastica. Questo combustibile è destinato a caldaie per lavanderie e barbecue di street food, generando fumi tossici. Yuyun Ismawati, co-presidente della rete IPEN (rete globale di attivisti che lotta contro la produzione, l’uso e lo smaltimento di sostanze chimiche tossiche), denuncia che la combustione della plastica causa ricoveri tra i residenti, sottolineando che l’RDF è altamente tossico e non sostenibile.
Le proteste hanno eco a livello internazionale e Danone, messa alle strette, dichiara di prendere sul serio le accuse di IPEN e avvia colloqui con tutte le parti coinvolte, compresi i governi locali. L’azienda sostiene progetti in altre aree dell’Indonesia, ma il fallimento di Bali mette in discussione l’efficacia delle sue iniziative.
Secondo la Ellen MacArthur Foundation, l’uso di plastica vergine da parte di Danone diminuisce del 13% tra il 2019 e il 2023, ben al di sotto dell’obiettivo del 33% previsto per il 2025. Una diminuzione sì, ma non quella necessaria. Il marchio Danone AQUA, leader nel settore dell’acqua in bottiglia, è identificato da ONG come Sungai Watch come il maggiore inquinatore in Indonesia.
Dopo una causa legale promossa da ClientEarth, Danone accetta di pubblicare maggiori informazioni sui rischi legati all’uso della plastica, inclusi i dati annuali sul plastic footprint. Anche Verra finisce sotto accusa per aver ignorato le emissioni tossiche dell’RDF, ma specifica in seguito che i crediti di plastica sono stati attribuiti solo a plastica riciclata meccanicamente.
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Il trattato globale sulla plastica
Il caso di Bali evidenzia le difficoltà legate alla gestione dei rifiuti plastici e la crisi globale della produzione della plastica. Il prossimo agosto, l’Intergovernmental Negotiating Committee (INC) si riunirà a Ginevra per quello che potrebbe essere un ultimo tentativo di raggiungere un accordo su un Trattato Globale sulla Plastica. Lo scorso anno, a Busan, i negoziati per limitare la produzione di nuova plastica vergine si sono arenati, bloccati da Paesi produttori di petrolio. La plastica, derivata per il 99% da petrolio, rappresenta il 12% della domanda globale di questo combustibile, fungendo da “piano B” per l’industria petrolchimica.

Trump e le cannucce di plastica
Le possibilità di un accordo peggiorano dopo che Donald Trump riapre il dibattito sulle cannucce di plastica firmando un ordine esecutivo che ne promuove il ritorno, ironizzando su quelle in carta riciclabile. Senza limiti alla produzione, l’inquinamento da plastica continuerà a crescere, soffocando fiumi e oceani. Anche le aziende che si impegnano a gestire i rifiuti faticano a trovare soluzioni praticabili.
Tra i 275 membri della Business Coalition for a Global Plastic Treaty, promossa dalla Ellen MacArthur Foundation, si chiede un trattato “ambizioso ed efficace” che affronti l’inquinamento plastico e rafforzi la responsabilità estesa del produttore (EPR). Tuttavia, il fallimento del progetto di Danone a Bali ha sollevato interrogativi sulla sua strategia globale.

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Business as usual
Verra sta preparando un documento sul potenziale ruolo dei crediti plastici nei Paesi in via di sviluppo, ma molte ONG avvertono che questi crediti rischiano di diventare una scusa per continuare con il business della plastica. Un recente studio di Eunomia evidenzia che i sistemi di crediti plastici non coprono i veri costi della gestione dei rifiuti.
Intanto, a Bali, l’impianto RDF è stato distrutto da un incendio misterioso e l’area rimane contaminata. Il fallimento della gestione Danone in Indonesia è rappresentativo e rafforza la necessità di un’azione collettiva e un trattato globale.
AGGIORNAMENTO DEL 30 OTTOBRE 2025
In Indonesia si intensifica il dibattito sull’economia circolare
In Indonesia, il dibattito sull’economia circolare si sta intensificando come risposta necessaria alla crisi ecologica e all’insostenibilità del modello economico lineare. Come riportato in una notizia pubblicata sul portale dell’IPB University, con una produzione di rifiuti domestici che nel 2023 ha raggiunto i 68,5 milioni di tonnellate, di cui solo il 7,8% è stato riciclato con successo, il Paese si trova di fronte a una sfida ambientale di enormi proporzioni, con molte discariche ormai prossime al collasso. In questo scenario, l’economia circolare viene proposta come una soluzione strategica per trasformare la crisi in un’opportunità, promuovendo l’estensione della vita dei prodotti e la valorizzazione dei materiali di scarto.
Tuttavia, come sottolineato dalla professoressa Eka Intan Kumala Putri dell’Università IPB, l’implementazione di questo modello in Indonesia incontra ostacoli significativi. Le principali difficoltà includono una limitata preparazione delle risorse umane, la carenza di infrastrutture adeguate per il riciclo, un mercato ancora sottosviluppato per i prodotti riciclati e una debole coordinazione tra i diversi settori coinvolti. Per superare queste barriere, è fondamentale un approccio integrato e deciso. Le soluzioni suggerite all’interno dell’approfondimento, non si limitano alla creazione di “banche dei rifiuti” o a incentivi per l’industria del riciclo, ma richiedono un intervento normativo più forte In particolare, viene evidenziata la necessità di stabilire regolamenti regionali che rendano la raccolta differenziata obbligatoria per famiglie, uffici e attività commerciali, superando l’approccio basato sulla sola volontarietà. L’obiettivo è implementare una gestione dei rifiuti che copra l’intera filiera, trasformando i rifiuti in una risorsa strategica per uno sviluppo nazionale inclusivo e sostenibile.
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