mercoledì, Novembre 5, 2025

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I driver dell’economia circolare: la situazione nelle città dell’UE nel report OECD

Un report dell’OECD (l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) analizza il percorso dell’Unione Europea verso la circolarità. Emergono tre driver principali: strategia, innovazione e partnership. I risultati ci sono ma il modello lineare resta quello predominante se non si rimuovono gli ostacoli

Tiziano Rugi
Tiziano Rugi
Giornalista, collaboratore di EconomiaCircolare.com, si è occupato per anni di cronaca locale per il quotidiano Il Tirreno Ha collaborato con La Repubblica, l’agenzia stampa Adnkronos e la rivista musicale Il Mucchio Selvaggio. Attualmente scrive per il blog minima&moralia, dove si occupa di recensioni di libri. Ha collaborato con la casa editrice il Saggiatore e con Round Robin editrice, per la quale ha scritto il libro "Bergamo anno zero"

Nell’ultimo decennio l’Unione Europea ha dimostrato l’intenzione di impegnarsi nel promuovere l’economia circolare, sostenendo azioni a livello nazionale, regionale e locale. Tuttavia la maggior parte delle economie rimane prevalentemente lineare. Un recente report dell’OECD (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) fotografa quanto è stato fatto finora nella transizione verso la circolarità e fornisce un’analisi completa delle pratiche, dei driver, delle sfide e delle opportunità dell’economia circolare, basandosi su un’indagine condotta su 64 città e regioni dell’Unione Europea.

I principali risultati mostrano che, nel 2023, 24 dei 27 Stati membri dell’Unione Europea avevano adottato strategie, tabelle di marcia o piani d’azione nazionali per l’economia circolare. Inoltre nel 2024, tre quarti delle città e delle regioni che hanno contribuito all’indagine OCSE “The Circular Economy in Cities and Regions in the European Union” hanno dichiarato di aver previsto strategie di economia circolare. 

Ad esempio, la Strategia per l’economia circolare 2030 dei Paesi Baschi in Spagna mira a un aumento del 30% della produttività dei materiali e a una riduzione del 30% della produzione di rifiuti entro il 2030. La Tabella di marcia per l’economia circolare di Oulu, in Finlandia, ha l’obiettivo della neutralità delle emissioni di carbonio entro il 2035; e la Tabella di marcia per l’economia circolare 2020 di Glasgow, nel Regno Unito, si concentra sulla localizzazione dell’economia per garantire che sia basata sull’inclusione sociale, sulla giustizia e sul benessere delle comunità. 

Inoltre, il 47% dei partecipanti all’indagine ha un budget dedicato all’economia circolare. Il 61% promuove strumenti finanziari (sgravi, incentivi, tariffe) per favorirne la diffusione. Il 59% adotta criteri circolari nel public procurement, soprattutto in edilizia, gestione rifiuti e ristorazione. Tuttavia, solo l’11% delle città e regioni intervistate si considera “avanzata” nella transizione verso l’economia circolare. 

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Il ruolo delle città nell’economia circolare

Le città europee giocano un ruolo di primo piano nella transizione verso l’economia circolare. Attualmente le città consumano il 70% della produzione alimentare mondiale, sono responsabili di circa il 75% del consumo energetico globale e generano il 70% delle emissioni di gas serra. Con oltre l’80% del prodotto interno lordo globale riconducibile alle città, esse possono contribuire a una crescita sostenibile attraverso una maggiore produttività e innovazione. In Europa, l’84% della popolazione sarà urbana entro il 2050, pari a circa 600 milioni di persone, con implicazioni per i modelli di produzione e consumo.

Eppure, nonostante i progressi fatti, l’economia circolare rimane un approccio marginale in molte nazioni. Nell’Unione Europea, per esempio, rappresenta solo circa il 2% del Pil totale e dell’occupazione, e il tasso di utilizzo di materiali circolari del 12% nel 2023 era ancora molto lontano dall’obiettivo del 24% fissato per il 2030 nel Piano d’Azione per l’Economia Circolare dell’UE del 2020. Diversi Paesi europei non riescono a rispettare gli obiettivi vincolanti di gestione dei rifiuti. A livello subnazionale, solo il 13% delle grandi regioni OCSE ha attualmente raggiunto l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile (SDG) 12 sulla produzione e il consumo responsabili.

Ocse città circolariQuali sono i driver della transazione verso l’economia circolare

Dopo avere analizzato i benefici ambientali, sociali ed economici dell’economia circolare, il report focalizza l’attenzione su quali possono essere i driver della transizione, cioè quei fattori trainanti in grado di stimolare e orientare il cambiamento. Analizzando i risultati dell’indagine OCSE condotta in 64 città e regioni dell’UE, emergono tre tipologie di città e regioni con caratteristiche simili nel loro approccio alla transizione verso un’economia circolare: orientate dalla strategia (strategy-driven), dall’innovazione (innovation-driven) e dalla collaborazione (partnership-driven). Strategia istituzionale, innovazione e collaborazione sono altrettanti driver che possono permettere all’economia circolare di attecchire più rapidamente.

I risultati relativi al primo cluster (strategy-driven) sono i dati esposti all’inizio dell’articolo su budget, finanziamenti, documenti e includono, appunto, le strategie istituzionali e i fondi pubblici destinati all’economia circolare. Un driver estremamente importante, vista la mole di risorse che può muovere. Il secondo cluster si concentra invece sull’innovazione: il 42% delle città e regioni intervistate sono classificate come orientate all’innovazione e mirano a promuovere progetti pilota e sperimentazioni con l’idea di renderli di scala e includono criteri dell’economia circolare nel processo di acquisizione e sviluppo di nuove capacità e competenze. 

L’innovazione circolare nelle città e regioni intervistate (secondo cluster) può essere classificata come innovazione prima di tutto tecnologica, come nel caso Urban Mining Hub di Berlino, in cui si impiegano tecnologie avanzate di selezione e trattamento per recuperare metalli, plastiche e altri materiali dai rifiuti urbani, rendendoli riutilizzabili. Altre innovazioni riguardano, invece, i materiali: il report cita il caso di Eurométropole di Strasburgo in cui sono stati riutilizzati i materiali di un ex ospedale militare per arredare spazi esterni o Life Ceram, a Valencia, dove sono stati prodotti pezzi con il 100% di scarti di ceramica riciclati. Infine, non c’è da dimenticare la dimensione sociale dell’innovazione, come emerge, ad esempio, nei quartieri circolari di Londra in cui sono stati coinvolti i residenti nel cambiamento dei comportamenti in ottica circolare, o il progetto Food Joy a Møre e Romsdal, in Norvegia (dunque un Paese al di fuori dell’UE), che ha ridotto gli sprechi alimentari del 50%.

Il terzo cluster include tutte le esperienze orientate alle partnership: città e regioni che promuovono partnership tra imprese, società civile, mondo accademico o tra loro stesse e rafforzano la collaborazione e la condivisione di buone pratiche che servono come fonte di ispirazione per sviluppare iniziative di economia circolare. Oltre tre quarti (77%) dei rispondenti all’indagine promuovono questo tipo di partnership.

Ad esempio, Zero Waste Scotland ha collaborato con Circular Amsterdam per sviluppare un progetto di ricerca e formazione su green jobs e competenze nell’economia circolare, che offre opportunità di apprendimento e orientamento per progetti nella città di Glasgow, nel Regno Unito. Il governo portoghese ha lanciato nel 2018 l’Iniziativa nazionale città circolari (Iniciativa Nacional Cidades Circulares – InC2), con l’obiettivo di promuovere la collaborazione tra città, rafforzare la governance multilivello, migliorare l’accesso ai finanziamenti e sostenere pratiche innovative di economia circolare nelle aree urbane.

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Berlino
Berlino. Credit: Canva

Ancora tanti ostacoli davanti all’economia circolare

Nonostante questi sviluppi positivi e i driver appena esaminati, la transizione verso l’economia circolare è rallentata da una serie di ostacoli. Come specifica l’OECD, non si tratta di ostacoli di natura tecnologica, quanto piuttosto legati alla politica, in particolare la governance, la regolamentazione e l’accesso ai finanziamenti. Le politiche attuali hanno posto l’accento sulle azioni a valle, come la gestione dei rifiuti, tralasciando gli incentivi per le misure a monte, come l’ecodesign, il riutilizzo e la prevenzione di rifiuti. Di conseguenza, i produttori spesso hanno pochi obblighi normativi o stimoli finanziari per progettare prodotti destinati alla durata, al recupero dei materiali o al riutilizzo. Anche i consumatori hanno incentivi economici insufficienti – come benefici fiscali o sistemi di deposito con cauzione – per mantenere i prodotti in uso.

Le imprese e le amministrazioni locali devono, inoltre, affrontare il problema di risorse pubbliche limitate e difficoltà di accesso ai finanziamenti. I modelli lineari tradizionali spesso sono più redditizi a causa del lento sviluppo dei mercati secondari per materiali come legno, plastica, tessili e rifiuti da costruzione e demolizione. Senza incentivi finanziari più forti e requisiti normativi stringenti, le attività circolari sono svantaggiate a livello competitivo. Infine, persistono sfide di governance, in particolare nel monitoraggio dei progressi verso l’economia circolare. Mancano dati e analisi approfondite che rendano possibile misurare in maniera efficace la circolarità, dalle città fino al livello nazionale. E senza misurazione, è complicato valutare risultati e migliorare.

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