L’economia circolare è destinata a diventare un fattore chiave all’interno dei report di sostenibilità delle società. Ne è sicura la Ellen MacArthur Foundation e per questo ha realizzato una guida rivolta a tutte le aziende perché possano orientarsi tra i diversi e numerosi indici e standard di sostenibilità e capire quali informazioni siano essenziali da includere in un “reporting di circolarità”. Proponendo, infine, delle metriche giudicate più attendibili per misurare quanto un’attività rispetti i principi dell’economia circolare.
Il punto di partenza è la constatazione che l’economia circolare attrae sempre maggiori investimenti ed è in cima all’agenda politica delle istituzioni: dunque è facile attendersi che il reporting relativo alla circolarità seguirà una traiettoria simile alle disclosure sul clima. Tuttavia, al pari del reporting di sostenibilità, non sempre è facile per le aziende accedere alle informazioni di cui hanno bisogno in relazione all’economia circolare. Questo perché molte di loro non sono sicure su quali dati siano richiesti e perciò non hanno ancora predisposto meccanismi di raccolta e analisi adeguati, limitandosi spesso a focalizzare l’attenzione solo su riciclo e gestione delle risorse.
Mentre l’economia circolare è qualcosa di più ampio e strategico, che può toccare aspetti profondi come la progettazione di un prodotto da immettere sul mercato (in sostanza l’ecodesign) fino ad adottare modelli di business che siano compatibili con la circolarità, abbandonando il modello lineare. Oppure indirizzare i capitali verso investimenti legati all’economia circolare o, ancora, investire in ricerca e sviluppo per cercare innovazioni che possono impattare sulla transizione verso l’economia circolare.
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Reporting di sostenibilità: il panorama degli standard
La capacità di individuare e misurare i dati, dunque, è sicuramente il primo aspetto da considerare per le imprese: e per farlo servono delle metriche. La Ellen MacArthur Foundation fa un quadro di quali siano oggi gli standard, obbligatori o volontari, più utilizzati nei bilanci di sostenibilità e nel reporting, valutando poi quanto possano essere utili per analizzare la circolarità della propria attività e come si stiano evolvendo per rispondere alla domanda delle aziende di misurare anche questa tipologia di performance.
L’International Sustainability Standards Board (ISSB), uno degli enti senza scopo di lucro nati con l’obiettivo di definire gli standard di rendicontazione delle performance sostenibili di organizzazioni di qualunque dimensione e settore, non ha ancora pubblicato degli standard di economia circolare, ma la circolarità è tra i temi individuati come potenziali futuri aggiornamenti degli indici. La Global Reporting Initiative (GRI), un altro ente con lo stesso obiettivo, sicuramente includerà metriche relative all’economia circolare, ma non prima del 2025. Taskforce on Nature-related Financial Disclosures (TNFD) e Science-based Targets for Nature (SBTN), invece, si sono concentrati soprattutto sul ripristino della natura e l’agricoltura sostenibile tralasciando altri aspetti legati all’economia circolare.
Sono poi in arrivo gli obblighi di rendicontazione dell’Unione europea. Le disclosure della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) sono state pensate a partire dai Sustainability Reporting Standards (ESRS) della piattaforma EFRAG. Le società soggette alla CSRD devono fare rendicontazione in diversi campi, tra cui uno è proprio l’economia circolare, seguendo quanto stabilito nella ESRS E5: “Utilizzo delle risorse e economia circolare”. All’interno della tassonomia, la transizione verso un’economia circolare è uno degli obiettivi fissati da Bruxelles.
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Cosa manca agli standard elaborati finora
Eppure, secondo la Ellen MacArthur Foundation gli standard, volontari o obbligatori, non colgono del tutto aspetti fondamentali legati alla misurazione della circolarità di un’azienda o di un’attività economica. Ad esempio, per quanto riguarda l’approccio dell’Unione europea, “preoccupa l’attenzione preponderante data al flusso dei materiali (ad esempio il contenuto riciclato) piuttosto che al design dei prodotti nel rispetto dei principi dell’economia circolare”.
Quello che viene fuori, come già anticipato, è che le metriche relative alla gestione delle risorse ottengono la maggior copertura tra i vari standard: dall’analisi comparata non emergono particolari differenze tra uno standard e l’altro riguardo alla valutazione del consumo di energia e di acqua o del flusso dei materiali. Un buon livello di copertura e convergenza si trova anche nelle metriche relative alla creazione di valore, che possono aiutare le società a capire quanto il capitale di cui dispongono sia funzionale a raggiungere gli obiettivi di circolarità.
Dove invece la Ellen MacArthur Foundation individua particolari carenze è sulle metriche legate al design dei prodotti: ci vorrebbe una maggiore standardizzazione e dovrebbero essere più specifiche e pensate a seconda del settore di attività per coglierne interamente le potenzialità. “Metriche focalizzate sul design di prodotto aiutano inoltre a comprendere il valore finanziario dell’innovazione e sviluppare modelli di business davvero circolari”, notano gli autori della guida.
Insufficienti sono anche le metriche sul ripristino della natura, un altro tema centrale nell’economia circolare. L’attenzione si concentra solo sulla misurazione dell’impatto complessivo dell’azienda sull’ambiente, senza peraltro cogliere appieno gli impatti locali, piuttosto che sulla rigenerazione della natura per valutare quanto le attività dell’azienda aiutino gli ecosistemi a riprendersi dai danni da lei stessa causati, accrescendo la biodiversità. Questo, come anticipato, è un aspetto in parte risolto dall’approccio della TFND e dell’SBTN.
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Nuove metriche per calcolare la circolarità di un’azienda
Tuttavia il dato generale resta la mancanza di standardizzazione e comparabilità. Per questo motivo la Ellen MacArthur Foundation ha elaborato una propria classificazione per le metriche di circolarità che può aiutare le imprese ad orientarsi nelle misurazioni, partendo da quattro categorie utili per valutare le performance di circolarità: gestione delle risorse, prodotti circolari, modelli di business circolari e creazione di valore. Dopodiché le categorie sono esaminate alla luce di tre principi basilari per l’economia circolare: eliminare i rifiuti e l’inquinamento, ripristino della natura e circolarità di prodotti e materiali al massimo livello. Il risultato è una tassonomia della circolarità da cui emergono dieci famiglie di metriche:
- Ridurre in assoluto l’utilizzo di risorse e la produzione di rifiuti.
- Accrescere la circolarità nell’utilizzo di materiali, ad esempio con i contenuti minimi riciclati.
- Aumentare l’uso di risorse rigenerative, come nel caso dei prodotti agricoli 100% da agricoltura rigenerativa.
- Accrescere la produttività delle risorse: ad esempio nel caso delle auto ridurre il rapporto CO2/km.
- Progettare prodotti garantendo longevità, durabilità, sicurezza ed efficienza.
- Progettare prodotti pensati per la circolarità e dunque con materiali e design che favoriscano riciclo, riuso, ricondizionamento.
- Design dei prodotti pensato per la rigenerazione della natura, come beni prodotti in plastica riciclata o edifici a impronta di carbonio negativa.
- Dematerializzare i modelli di business.
- Modelli di business circolari su larga scala.
- Modelli di business rigenerativi su larga scala.
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Sfruttare a pieno i benefici del reporting: i consigli della Ellen MacArthur Foundation
Le aziende che vedranno negli indicatori di economia circolare non un semplice obbligo di reporting ma un asset strategico, sono destinate a ottenere un vantaggio competitivo rispetto alle altre perché saranno posizionate meglio quando, inevitabilmente, nei report di sostenibilità alle disclosure sul clima si aggiungeranno quelle sull’economia circolare. La Ellen MacArthur Foundation conclude la guida con una serie di consigli rivolti alle aziende che siano interessate a migliorare il proprio reporting tenendo conto della circolarità.
Sebbene la prima raccomandazione sia cominciare con una serie limitata di indicatori basati sulla valutazione della materialità e i requisiti di rendicontazione obbligatori e un approccio graduale nel processo di raccolta dei dati, al tempo stesso gli autori della guida consigliano in una seconda fase di non fermarsi a quanto richiesto dalle norme europee obbligatorie come la direttiva CSRD e soprattutto non fermarsi alla rendicontazione della gestione delle materie prime e considerare invece tutte le metriche proposte nella guida, individuando tra quelle le più rilevanti per le proprie ambizioni di circolarità ed esigenze di rendicontazione.
L’economia circolare, infatti, contribuisce in maniera sensibile alla riduzione dell’inquinamento e della produzione di rifiuti o a contrastare cambiamenti climatici e perdita di biodiversità. Non tenere conto di queste metriche mina perciò dalle fondamenta la completezza di qualsiasi rendicontazione di sostenibilità. Inoltre, è evidente come le metriche legate all’economica circolare sono a loro volta dati utili per valutare le performance e i progressi negli altri aspetti della sostenibilità: ad esempio la riduzione dell’utilizzo di materie prime vergini ha senza dubbio un effetto positivo su cambiamento climatico e perdita di biodiversità.
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