Il mondo come sempre si divide in due: c’è chi rabbrividisce al solo pensiero di avere tra le mani le istruzioni di un mobile IKEA, quei fogli inconfondibili in bianco e nero che sembrano sempre troppo pochi per spiegare come i circa 200 pezzi, delle più disparate forme e dimensioni, sparsi sul pavimento possano trasformarsi in un oggetto dalle sembianze note; e c’è chi già in tenera età smontava e rimontava qualsiasi cosa gli passasse tra le mani. C’è insomma chi non capisce cos’abbia da sorridere quell’omino stilizzato che si, forse vorrebbe accompagnare amichevolmente, passo passo, l’avvitamento di ogni bullone e l’incastro di ogni tavola, ma che spesso dopo pochi minuti genera profonda sfiducia nel successo dell’operazione fai-da-te; e chi invece si è entusiasmato leggendo il racconto che vi abbiamo fatto sul mondo dei riparatori, dei Repair Cafè e dei Restart Party, una comunità di consumatori, esperti e volontari che lottano per allungare la vita dei prodotti e organizzano delle vere e proprie feste dedicate alla riparazione. A questi riparatori incalliti, ma anche ai meno smattoni che sarebbero però felici di trovare sul mercato prodotti più longevi e di avere a disposizione uno strumento in più da utilizzare come guida nelle proprie scelte di consumo, viene in soccorso una idea tutta francese: quello dell’indice di riparabilità.
Liberté, Égalité…Réparabilité
Più che solo di una idea, si tratta di un vero e proprio provvedimento legislativo votato dal governo francese il 30 gennaio di quest’anno e che, sotto il cappello delle azioni mirate alla prevenzione e alla corretta gestione dei rifiuti, aggiunge un nuovo articolo alla legge nazionale sull’economia circolare. Quali gli effetti? Dal 1° gennaio 2021 entra in scena l’indice de réparabilité: a partire da questa data cioè i produttori, gli importatori, i distributori e qualunque altro soggetto, anche operante online, che immetta sul mercato francese un nuovo prodotto elettrico ed elettronico sarà obbligato a rendere noto gratuitamente se questo è riparabile, difficile da riparare o non riparabile.
Ad ogni prodotto sarà assegnato un punteggio su una scala da 0 (prodotto non riparabile) a 10 (prodotto riparabile) che attraverso un sistema di marcatura o etichettatura dovrà essere ben visibile al consumatore al momento dell’acquisto di una nuova apparecchiatura. Per comunicare la riparabilità dei prodotti con immediatezza ancora maggiore è previsto in aggiunta l’utilizzo di un codice di colori, dal rosso al verde scuro a seconda del punteggio ottenuto. L’attuazione del provvedimento sarà graduale però: i primi prodotti ad essere coinvolti nella fase di test iniziale saranno smartphone, computer portatili, televisori, lavatrici e tosaerba elettrici.
Questo indice sembra essere insomma un aiuto significativo per tutti quelli che si affidano ciecamente alle classifiche per le loro scelte quotidiane (quanti riporrebbero grandi aspettative in un film con un punteggio minore di 3 su MYmovies.it o in un ristorante con meno di 4 pallini su TripAdvisor?). Ma è anche, sicuramente, uno strumento che va incontro alle esigenze di chi preferisce riparare i propri dispositivi piuttosto che sostituirli: secondo i dati dell’Eurobarometro si tratta del 77% dei cittadini dell’Unione Europea; il 79% pensa invece che i produttori dovrebbero essere tenuti a semplificare la riparazione dei dispositivi digitali o la sostituzione delle loro singole parti.
L’indice di riparabilità ambisce a fare anche questo: vuole essere cioè una misura che spinga, anche puntando su dinamiche di competitività, il mondo dell’industria a fare scelte più sostenibili a partire dalle fasi di eco-progettazione. Obiettivo finale: raggiungere entro 5 anni un tasso di riparazione del 60% per i prodotti elettrici ed elettronici presenti sul mercato francese, tasso che oggi è al 40% e il cui incremento è legato a sensibili benefici in termini di riduzione di uso delle risorse ed emissioni inquinanti.
I criteri (sono solo 5, niente paura)
I criteri che contribuiscono a definire il valore finale dell’indice sono 5, per ognuno dei quali sarà possibile acquisire da 0 a 20 punti (il punteggio finale andrà poi diviso per 10):
- durata della disponibilità della documentazione tecnica e relativa ai consigli per l’uso e la manutenzione da rendere nota a produttori, riparatori e consumatori;
- smontabilità dell’apparecchiatura: numero di passaggi di smontaggio necessari per avere accesso ai pezzi di ricambio, caratteristiche degli utensili da utilizzare e degli elementi di fissaggio tra i pezzi stessi;
- tempi di disponibilità sul mercato dei pezzi di ricambio e loro tempi di consegna presso produttori, distributori di pezzi di ricambio, riparatori e consumatori;
- rapporto tra il prezzo di vendita delle parti a opera del produttore o dell’importatore e il prezzo di vendita delle apparecchiature;
- criteri specifici per ogni categoria di prodotto soggetto all’introduzione dell’indice di riparabilità.
Anche se quantitativamente lontani dagli altri ben più noti 21 criteri,quelli cioè relativi al Covid e che servono al governo per individuare zone gialle, arancioni e rosse, anche questi hanno iniziato a suscitare le prime polemiche. Ad esempio: come verrà effettuato il bilanciamento tra la necessità di avere a disposizione strumenti specifici per le operazioni di riparazione da effettuare su determinati prodotti e la facilità di smontaggio? Perché valorizzare anche la messa a disposizione delle parti di ricambio quando questo è già un requisito obbligatorio inserito nelle prescrizioni della normativa sull’ecodesign? C’è poi ancora il tema del rapporto tra prezzo delle parti di ricambio e quello della nuova apparecchiatura: quale prezzo viene considerato se la sostituzione di una parte di ricambio comporta la sostituzione di un componente più articolato, fatto di tanti pezzi tra loro inscindibili? Che peso ha il costo della manodopera su queste considerazioni? E in quale momento viene valuto questo rapporto, considerando quanto velocemente il costo di un elettrodomestico, come ad esempio quello di una lavatrice, diminuisca nel tempo.
Gli esperti di Right to Repair sono invece preoccupati sulla scelta di alcuni criteri specifici, per esempio quello relativo a smartphone e laptop, che prevede l’indicazione sulla natura del software utilizzato dal dispositivo, se questo ad esempio sia aggiornabile o meno, senza dare però maggiori rassicurazioni in tema di obsolescenza programmata.
A far discutere è anche il fatto che sia il produttore ad autodichiarare il valore finale dell’indice, che risulta essere poco verificabile e che poco dice al consumatore sulle performance del prodotto in merito al singolo criterio.
La versione finale del decreto francese deve essere ancora pubblicata, e una volta letta questa sarà possibile conoscere maggiori dettagli e avere indicazioni sui sottocriteri che verranno adottati.
Cosa ne pensa l’industria
La Francia vuole fare da volano alle scelte del Vecchio Continente e il suo approccio, nell’ambito della procedura di notifica, è passato al vaglio della Commissione Europea (siamo in attesa della pubblicazione dei risultati di questa revisione). Proprio durante il periodo di valutazione, è arrivata la fumata grigia di DigitalEurope, l’associazione che rappresenta l’industria della tecnologia digitale europea.
In una nota indirizzata alla Commissione, DigitalEurope da una parte si dice favorevole a condividere informazioni in maniera trasparente sulle credenziali di sostenibilità dei prodotti e servizi forniti dai suoi membri e a facilitare l’accesso alla riparazione da parte dei consumatori; dall’altra esprime non poche preoccupazioni relativamente alle tempistiche e alle modalità legate all’introduzione dell’indice di riparabilità in Francia.
I dubbi principali dell’associazione riguardano le fattibilità e l’efficacia dell’indice. Sotto la lente di ingrandimento la paura di una eccessiva frammentazione del mercato europeo, che, se non si adotta un approccio coordinato ed armonico, con il passare del tempo rischia di popolarsi di tanti indici e modalità di calcolo della riparabilità differenti. I produttori di smartphone e laptop si chiedono se non sia il caso di aspettare l’introduzione di un indice di riparabilità europeo, e quindi uguale per tutti. Con una prospettiva a più breve termine, DigitalEurope esprime perplessità anche su come i produttori possano adattarsi e familiarizzare entro fine anno con i nuovi requisiti. Questi sembrano piuttosto costituire una barriera significativa (sia a livello tecnico che burocratico) di ingresso al mercato francese. In ultimo, la nota lamenta il fatto che il disegno di legge francese non considera l’implementazione di una rete di riparatori autorizzati da parte dei produttori nei parametri di calcolo dell’indice. DigitalEurope richiede che il lavoro di questo tipo specifico di riparatori, diversi da quelli indipendenti, venga valorizzato in modo appropriato, perché portato avanti da esperti qualificati che operano in modo protetto e sicuro; oltre a fornire un servizio a chi suda freddo tenendo in mano un libretto di istruzioni e allo stesso tempo non vuole rinunciare ad allungare la vita al proprio elettrodomestico senza partecipare direttamente al successo dell’impresa.
Questo approccio sembra essere coerente con quanto indicato dalla direttiva sull’ecodesign (Direttiva 2009/125/CE): il principio della salvaguardia della sicurezza è quello che sottende la scelta di fare una distinzione tra quali sono le attività di riparazione che possono essere svolte in autonomia dai consumatori e quali sono invece le riparazioni che richiedono competenze particolari. Ad esempio, nel caso di una lavatrice, il regolamento specifica che le parti di ricambio che devono essere messe a disposizione anche degli utilizzatori finali sono maniglie, cerniere delle porte, vassoi, cesti e guarnizioni; mentre termostati, sensori di temperatura, schede a circuiti stampati e sorgenti luminose sono componenti che il produttore è obbligato a fornire solo a riparatori professionisti.
Il futuro degli elettrodomestici è già scritto
Sebbene l’indice di riparabilità sarà visibile in Francia tra poco meno di un mese e mezzo, le sanzioni rivolte a chi non si adeguerà ai nuovi requisiti saranno introdotte solo a partire dal 2022 (si prevedono multe di 15.000 euro a prodotto in caso di violazioni). E mentre l’industria europea frena, i francesi guardano ancora più avanti: per il 2024 annunciano l’adozione di un altro indice, quello della durabilità che darà indicazioni sull’affidabilità e sulla robustezza dei prodotti.
L’etichetta energetica, le certificazioni e i marchi ecologici a garanzia della sostenibilità dei prodotti, l’indice di riparabilità: la cassetta degli attrezzi dei consumatori si riempie di strumenti nuovi e che consentono di fare scelte consapevoli e sempre più informate.
Vale però la pena iniziare a valutare i costi associati a tutti questi nuovi oneri (sia tecnici che legislativi) a cui dovranno fare fronte i produttori, e monitorare che questi non ricadano proprio sui consumatori, con un aumento dei prezzi dei prodotti presenti sul mercato; e ai consumatori va dato il supporto adeguato per imparare a leggere, decodificare e capire l’importanza di tutte queste informazioni.
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