giovedì, Novembre 6, 2025

Materie prime critiche, lo studio JRC: non fossilizzarsi sul litio e puntare al riutilizzo

Il centro studi della Commissione europea per supportare l’UE nell’autonomia strategica sulle materie prime critiche evidenzia due punti fondamentali: finora la ricerca e l’innovazione si sono concentrate solo sul litio, ma ci sono molte altre tecnologie strategiche. E il riciclo non basta: serve riutilizzare i materiali

Tiziano Rugi
Tiziano Rugi
Giornalista, collaboratore di EconomiaCircolare.com, si è occupato per anni di cronaca locale per il quotidiano Il Tirreno Ha collaborato con La Repubblica, l’agenzia stampa Adnkronos e la rivista musicale Il Mucchio Selvaggio. Attualmente scrive per il blog minima&moralia, dove si occupa di recensioni di libri. Ha collaborato con la casa editrice il Saggiatore e con Round Robin editrice, per la quale ha scritto il libro "Bergamo anno zero"

03Riduzione dei consumi, riparazione dei prodotti, riciclo dei materiali – in poche parole: l’economia circolare – è la strategia con cui l’Unione europea può davvero arrivare all’autonomia strategica nelle materie prime critiche. È la conclusione di una breve ricerca del Joint Research Center (JRC), il centro studi della Commissione europea, in cui gli autori valutano il rischio di approvvigionamento delle materie prime critiche, immaginando i possibili scenari futuri fino al 2050 nella domanda di questi materiali all’interno dell’Unione europea, concentrandosi sulla ricerca e sviluppo attualmente portata avanti a livello europeo nelle tecnologie strategiche.

L’Unione europea mira a garantire un approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime critiche attraverso una vasta gamma di misure, elencate nel Critical Raw Materials Act, il regolamento europeo in vigore da maggio 2024, tra cui l’aumento dell’estrazione, della trasformazione e del riciclo a livello interno, così come la diversificazione dei Paesi da cui queste materie prime sono importate. La ricerca del JRC vuole dare uno sostegno ulteriore e lo fa invitando Bruxelles a correggere quanto fatto fino ad adesso, in particolare su due aspetti.

Per prima cosa, l’Unione europea si è concentrata esclusivamente sulle tecnologie agli ioni di litio, tralasciando tante altre applicazioni e possibili sviluppi nel campo degli accumulatori e batterie. E questo è un primo errore, perché preclude la strada ad alternative e accresce la dipendenza. E poi c’è il tema – centrale eppure tralasciato – di arrivare a un’economia circolare reale, che non si basi soltanto sul riciclo (si pensi, ancora una volta, agli obblighi di materiale riciclato nel recente regolamento batterie) e faccia leva, piuttosto su nuovi modelli di business che promuovano il riutilizzo dei materiali e la prevenzione di rifiuti, ovvero la riduzione dei consumi.

Mantenendo le risorse “nel ciclo”, è possibile ridurre la dipendenza dalle importazioni di materie prime critiche e mitigare il rischio di interruzioni dell’approvvigionamento. Allo stesso tempo, il riciclo di questi materiali contribuisce agli obiettivi di decarbonizzazione riducendo le emissioni legate alla lavorazione durante la produzione tecnologica. Promuovere soluzioni circolari sul lato della domanda – cioè dei consumatori – potrebbe essere un vantaggio competitivo per l’Unione europea, rispetto a Stati Uniti e Cina, grazie alla maggiore esperienza in questo settore.

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Materie prime critiche oltre il litio: ci sono altre tecnologie strategiche

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La ricerca e l’innovazione dell’Unione europea in relazione alle materie prime critiche si è concentrata essenzialmente sulle celle agli ioni di litio, come dimostra il numero di articoli scientifici, brevetti e progetti di innovazione, cresciuti in parallelo al processo legislativo che ha portato al regolamento batterie introdotto nel luglio 2023. “Al contrario – nota nell’articolo il JRC – il processo di sviluppo e introduzione di nuove normative sulla circolarità per celle fotovoltaiche (PV), magneti NdFeB, celle PV e celle a idrogeno E/F è meno maturo”. L’impulso nella ricerca sulle celle agli ioni di litio deve essere mantenuto, ma “è adesso imperativo ricalibrare il focus, accelerando la ricerca e innovazione sulla circolarità per i magneti NdFeB, le celle fotovoltaiche e le celle a idrogeno E/F”, sostiene il JRC.

Un altro errore che Bruxelles non dovrebbe compiere, secondo gli autori, è concentrarsi sulla circolarità delle singole tecnologie strategiche, perché sono interconnesse: lo sviluppo dell’energia solare ed eolica basata su magneti NdFeB e celle fotovoltaiche, deve infatti avvenire in combinazione con sistemi di accumulo basati sulle celle agli ioni di litio e tecnologie all’idrogeno per lo stoccaggio di energia. Inoltre un approccio troppo segmentato potrebbe creare colli di bottiglia. “Ad esempio, aumentare la circolarità del neodimio per distribuire in modo competitivo più turbine eoliche senza aumentare contestualmente il riciclo dell’iridio per aumentare la capacità di stoccaggio dell’idrogeno potrebbe portare a perdite energetiche”, fa notare il JRC.

Ecco perché “sviluppare visioni, roadmap e obiettivi di circolarità integrati è quindi essenziale per implementare le tecnologie strategiche in modo sostenibile, raggiungere gli obiettivi climatici fronteggiando al contempo le sfide legate alla sicurezza delle risorse e alla gestione dei rifiuti”, si legge ancora nel report. Invece il tema dei rifiuti non appare quasi mai nelle discussioni a livello istituzionale sull’autonomia strategica. Eppure sono ancora una volta le rinnovabili a dimostrarne la centralità, visto che la loro crescita esponenziale porterà a volumi massicci di rifiuti, con strutture composite e sostanze tossiche difficili da gestire.

Lo stesso approccio alla circolarità vale per tutte le tecnologie menzionate nel CRM Act, dato il loro crescente grado di interconnessione, come dimostra l’uso di semiconduttori, sensori e soluzioni blockchain per tracciare i flussi di materiali secondari per diverse applicazioni nella difesa, mobilità ed energia rinnovabile. Senza dimenticare le tecnologie emergenti non ancora in commercio, come le batterie allo stato solido e le celle solari in perovskite. “Nei prossimi anni sarà cruciale per l’UE concentrarsi sull’innovazione e sullo sviluppo di queste tecnologie, stabilendo capacità produttive ed economie di scala all’interno dei propri territori per evitare nuove dipendenze dalle importazioni”, commenta il JRC.

Intanto l’idea di espandere il ruolo del nucleare sta ottenendo consensi in vari Stati membri. Tuttavia, sebbene il JRC non prenda posizione e segnali solamente “opinioni divergenti su questa fonte energetica”, riconosce “le critiche fondate riguardo alla sua dipendenza da un combustibile minerale e alla produzione di rifiuti pericolosi che pongono rischi significativi per la salute umana per migliaia di anni”. E ricorda, a proposito di indipendenza strategica, che l’approvvigionamento dell’uranio è concentrato per oltre il 40% in un’unica nazione al mondo, il Kazakistan. L’opposto dell’indipendenza strategica di cui parla Bruxelles.

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Oltre il riciclo: le potenzialità del riutilizzo

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L’altro contributo dello studio del JRC tocca un nervo scoperto dell’economia circolare nell’Unione europea. “Per raggiungere un’autonomia strategica aperta e uno sviluppo sostenibile, la ricerca e innovazione sulla circolarità per le tecnologie strategiche deve andare oltre le pratiche convenzionali di riciclo”, scrive il JRC. Secondo le loro stime “un aumento sostanziale dei tassi attuali di riciclo delle materie prime critiche compenserebbe solo minimamente la dipendenza dell’UE dalle importazioni, data la crescita esponenziale della domanda innescata dall’accelerazione nella diffusione delle tecnologie”.

Mentre “dal punto di vista della sostenibilità, aumentare il riciclo all’interno di un modello di consumo in crescita potrebbe non ridurre in modo efficace l’estrazione di risorse, le sfide globali nella gestione dei rifiuti e le emissioni nette di gas serra”. Perciò c’è la “necessità di trovare modalità praticabili per ridurre il consumo di materiali”. L’economia circolare prescrive di dare priorità agli approcci dal lato della domanda, volti a estendere la durata di vita dei prodotti e a ridurre i consumi prima del riciclo.

Eppure, nota il JRC, a livello normativo e imprenditoriale ci si è concentrati, finora, sul lato dell’offerta nelle fasi del fine vita e del riciclo. Un esempio su tutti – restando al caso delle materie prime critiche – sono gli obbiettivi obbligatori di riciclo per litio, cobalto e nichel nel regolamento UE sulle batterie. La situazione, fortunatamente, sta cambiando, come dimostrano alcune recenti politiche di Bruxelles in cui la circolarità è considerata oltre al riciclo, come dimostrano gli obblighi di responsabilità estesa del produttore, il passaporto digitale dei prodotti e il regolamento Ecodesign. Tuttavia, fa notare il JRC, questi strumenti “sono complicati da attuare e, di conseguenza, non sono ancora stati collegati a misure vincolanti per ridurre la domanda di materiali, i consumi e per prolungare la durata dei prodotti”.

Sicuramente le politiche pubbliche “avranno un ruolo cruciale nel creare condizioni paritarie in cui nuovi modelli di business circolari per il riutilizzo, la riparazione e la rigenerazione possano essere introdotti accanto a cambiamenti industriali e nei comportamenti dei cittadini”. A patto di affrontare i vincoli derivanti da stili di vita consolidati e dalle pratiche commerciali esistenti, avvertono i ricercatori della Commissione. Ecco, allora, il ruolo della ricerca e innovazione, che può fornire un supporto più concreto all’elaborazione di politiche per una transizione verso una circolarità potenziata, evitando al contempo disagi economici e sociali”, in modo che i nuovi modelli di business e stili di vita sostenibili appaiano “desiderabili” agli occhi dei cittadini.

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Dunque, prima di tutto, può essere strategico lavorare sulla leva dell’occupazione, visto che servirà una forza lavoro altamente qualificata per supportare i settori emergenti della riparazione e della rigenerazione: “L’UE dovrebbe dare priorità alla creazione di posti di lavoro ‘green’ nei settori chiave per raggiungere sostenibilità e competitività a lungo termine, estendendo la durata di vita dei prodotti e minimizzando, ove possibile, il ricorso al riciclo”. Inoltre, le imprese attive in questi ambiti potrebbero avere bisogno di un sostegno pubblico e la creazione di fornitori terzi di servizi in grado di esternalizzare gli oneri eccessivi.

Si tratta, in fin dei conti, di un’opportunità notevole: “L’adozione su larga scala di tale approccio, specialmente per tecnologie ancora in fase di progettazione, potrebbe contribuire a posizionare l’UE in una condizione di autonomia strategica, affrontando al contempo le ambizioni di sostenibilità”, conclude il JRC. Un esempio su tutti: i pannelli fotovoltaici dismessi possono essere riutilizzati e rimessi in servizio all’interno dell’UE invece di essere esportati verso economie emergenti o riciclati localmente solo per alluminio e vetro, trascurando il recupero di materiali più preziosi come silicio e argento. Mettendo in pratica un’autonomia strategica che va oltre la “difesa” degli approvvigionamenti e diventa volano di sviluppo.

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